Provincia di Matera emoraggia da lavoro N.87 13/08/2011
Un quadro a tinte forti. Potrebbe essere descritta così la situazione occupazionale della provincia di Matera. Dal 2005 a oggi la crisi economica ha determinato la perdita di oltre 2.500 posti di lavoro nel solo comparto del mobile imbottito; gravi ripercussioni anche per gli altri settori: dalla pasta alla chimica, dal metalmeccanico all’edilizia e al commercio. Il quadro diventa, invece, addirittura a tinte fosche se allarghiamo lo sguardo a livello regionale; infatti, secondo l’ultimo rapporto Svimez, pubblicato proprio in questi giorni, la Basilicata registra il calo maggiore nell’ambito dell'attività produttiva a livello nazionale (-1,3%), soprattutto per effetto dei dati negativi nei settori delle costruzioni (-8,4%) e dei servizi (-0,6%). Il numero di disoccupati della provincia di Matera sfiora quasi quota 40mila e di questi circa 18mila sono concentrati a Matera, ovvero un’unità su tre della forza lavoro della città. Il quadro, infine, visto con gli occhi dell’esercito di disoccupati diventa sbiadito, in bianco e nero. Sfumature bianche e incolori per il presente e tendenti al nero per il futuro. Ne parliamo con il segretario generale CGIL di Matera Manuela Taratufolo.
Come considera il quadro generale dell’occupazione nella provincia di Matera?
Mi piacerebbe dare una risposta positiva, ma purtroppo non posso farlo. I dati sull’occupazione, sommati alla crescita delle ore di cigs, cigo e mobilità ci consegnano un quadro economico e sociale molto desolante; un territorio tra i più poveri d’Italia, con una grossa crisi sociale latente.
Quali sono le emergenze lavorative più importanti che necessitano di maggior attenzione nei prossimi mesi?
Nel nostro territorio siamo in continua emergenza e non esistono posti di lavoro esenti da criticità: la vertenza degli operai forestali, quella non risolta del mobile imbottito, il tentativo di dismissione degli ultimi presidi produttivi importanti (per esempio Ferrosud), l’aumento del precariato nella scuola pubblica, i mancati investimenti nel settore della ricerca (per esempio Agrobios) e la gestione degli ammortizzatori sociali in deroga.
Parliamo della Val Basento. Da dove ripartire per un possibile rilancio?
Credo che per questo sito, come per gli altri della nostra provincia, ci sia bisogno di un’attenzione particolare da parte di tutti: politica, istituzioni e parti sociali; è necessario arrivare a soluzioni serie e condivise, nell’interesse esclusivo del nostro territorio e dei disoccupati. Non servono massimi sistemi; è necessaria, invece, la volontà di fare sinergia per arrivare a un nuovo modello di reindustrializzazione non necessariamente fondato su settori che hanno esaurito il loro naturale ciclo di vita, ma provando, invece, a investire su forme di sviluppo alternativo legate alla produzione di energia pulita e all’utilizzo di fonti rinnovabili. Bisogna, però, progettare “il come e il cosa” e questo non può farlo da solo il sindacato.
Quale futuro si prospetta, invece, per il distretto del mobile imbottito?
L’accordo di programma di cui tanto si discute in questi giorni potrebbe rappresentare un mezzo con il quale rafforzare gli insediamenti ancora esistenti e, al contempo, lo strumento per riconvertire quelli attualmente inattivi. In questo contesto si devono rafforzare i posti di lavoro esistenti e crearne altri utilizzando anche la forza lavoro in mobilità.
Che cosa pensa del recente accordo “Obiettivo Basilicata 2012”?
Un cofanetto di opportunità per rimettere in moto l’economia della nostra regione.
Quali misure concrete bisognerebbe necessariamente mettere in campo per contrastare la disoccupazione giovanile?
Questo territorio non è in grado di creare opportunità e prospettive credibili, se non per coloro che s’imbattono nella rete clientelare. Mancano politiche nazionali finalizzate all’inserimento nel mondo del lavoro di giovani laureati e diplomati. I giovani devono tornare a essere al centro dell’agenda politica perché rappresentano una risorsa per il paese. Bisogna incentivare il lavoro stabile, puntando sul rafforzamento dell’innovazione, della formazione e della ricerca. Allo stesso tempo scoraggiare il lavoro nero e precario.
Quali sono le prospettive per il prossimo futuro a livello occupazionale?
C’è bisogno di una politica seria che ridia al nostro paese la certezza di potere uscire dalla crisi economica e occupazionale; credo che se si mettesse mano a certi privilegi di casta si produrrebbero da subito effetti positivi per il nostro paese. Guardando alla specifica situazione del materano, invece, credo che se i famosi FAS o FSE fossero utilizzati per i fini per i quali sono nati, probabilmente, si potrebbe ottenere qualcosa di positivo. Bisognerebbe puntare, in sostanza, sui sevizi, sull’assistenza, sul terziario, sul turismo e sull’economia verde. Una cosa è certa: il nostro territorio ha bisogno di lavoro e non solo di ammortizzatori sociali.
Pubblicato sul settimanale Il Resto N.87 13/08/2011