Petrolio Altri cinque permessi di ricerca N.79 18/06/2011
La Basilicata si conferma Texas d’Italia. I lucani hanno la ricchezza sotto i loro piedi, ma non nelle loro mani. Si susseguono a ritmo incessante le concessioni dei permessi per la ricerca del petrolio nel sottosuolo lucano. Dopo la Val d’Agri e l’Alto-Sauro, ora l’attenzione si sposta in un’area vastissima che va dal Marmo - Melandro all’Alto Basento, dal Vulture alla Camastra fino alla Collina Materana. E’ interessata diametralmente quasi tutta la regione. Il rischio è che i permessi possano interessare aree protette nonché zone limitrofe ai centri abitati. Per questo motivo le associazioni ambientaliste continuano a chiedere una moratoria delle autorizzazioni. In particolare le nuove concessioni riguardano le seguenti aree: “Satriano” (Eni) che interessa i comuni di Abriola, Brienza, Picerno, Pignola, Sant’Angelo Le Fratte, Sasso di Castalda, Satriano di Lucania, Savoia di Lucania e Tito; “Frusci” (Eni) che interessa i comuni di Atella, Avigliano, Baragiano, Bella, Filiano, Pietragalla, Pignola, Potenza, Ruoti e San Fele; “Anzi” (Eni) che interessa i comuni di Abriola, Anzi, Brindisi Montagna, Calvello, Pignola, Potenza e Trivigno; “Oliveto Lucano” (Total-Shell) che interessa i comuni di Accettura, Albano di Lucania, Calciano, Campomaggiore, Castelmezzano, Cirigliano, Garaguso, Oliveto Lucano, Pietrapertosa, San Mauro Forte, Stigliano e Tricarico. Le zone interessate in tutto comprendono un’area vasta circa 490 chilometri quadrati; tra queste la più estesa è quella ricadente sotto il permesso di ricerca denominato “Frusci” con un’estensione di 237 chilometri quadrati; quest’ultima, come la maggior parte dei nuovi permessi, ricade sotto l’egida dell’Eni. Alcuni dei comuni interessati si trovano, inoltre, nel perimetro di aree protette come, per esempio, il parco nazionale dell’Appennino Lucano, dove sarebbero vietate prospezioni, ricerche ed estrazioni d’idrocarburi liquidi e gassosi. Il ministero dello sviluppo economico avrebbe convocato per il giorno 23 maggio scorso le sedute delle conferenze dei servizi per il rilascio dell’autorizzazione dei permessi di ricerca. Ancora non si conoscono, invece, le date fissate per le convocazioni presso il ministero competente. Ogni nuova concessione dovrebbe rispettare due condizioni prioritarie: verificare se le attività sono ecosostenibili e controllare le condizioni di tutela della salute e di salvaguardia dell’ambiente. Bisognerebbe, inoltre, pretendere dalle società petrolifere e di ricerca l’impiego all’utilizzo di tecnologie più avanzate nella costruzione degli impianti e nel processo di perforazione, estrazione e coltivazione degli idrocarburi in modo da ridurre il più possibile l’impatto sulla salute pubblica e sull’ambiente. In questo processo, ovviamente, la regione e gli enti locali dovrebbero svolgere un’azione di monitoraggio costante dell’aria, dell’acqua, del suolo e degli alimenti durante le varie fasi del trattamento del greggio, rendendo poi i dati di pubblico dominio. Un altro aspetto da non sottovalutare è la relazione costi – benefici: il petrolio disponibile si trova a profondità considerevoli, quindi, è più costosa l’estrazione. Infine, il pompaggio di liquidi ad alta pressione nella crosta potrebbe comportare squilibri tali da determinare scosse sismiche. Vale la pena continuare a perforare? La Basilicata, dunque, come il Texas, con la differenza che quest’ultimo è, però, tra gli stati più ricchi del mondo.
Pubblicato sul settimanale Il Resto N.79 18/06/2011