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Notizie ANSA

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Petrolio: Basilicata saudita e bisogni non esauditi N.65 12/03/2011

C’è un sottile filo nero, come il petrolio, che lega la Basilicata saudita ai bisogni non esauditi della popolazione che ci vive. E’ questo lo spaccato che viene fuori dalla prima conferenza internazionale “Petrolio e ambiente” tenutasi a Matera presso Palazzo Viceconte il 3 e 4 marzo e conclusasi il giorno seguente a Viggiano. Il convegno, da ripetere a cadenza biennale, ha registrato la partecipazione di esponenti del mondo politico, economico e scientifico sebbene con alcune assenze illustri: il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani, l’amministratore delegato Eni Paolo Scaroni e il rettore dell’Università della Basilicata Mauro Fiorentino. Cinque le sezioni di discussione incentrate sulle tematiche del petrolio, del rapporto economia e società, sugli aspetti ambientali e industriali e sulle procedure autorizzative estrattive. I nodi principali affrontati, sebbene appena sfiorati con un linguaggio spesso svanito nel politichese, sono stati in particolare: la valorizzazione della risorsa petrolio e le relative compensazioni, la tutela ambientale e la ricaduta economica e occupazionale sul territorio. Tutto questo bisogna necessariamente inquadrarlo nell’ambito nel protocollo d’intesa siglato nel 1998 tra Eni e la regione Basilicata. In virtù di quell’accordo è stata istituita la Fondazione Mattei di Viggiano nel 2008 e in questi giorni l’Osservatorio ambientale di Marsico Nuovo. La Basilicata è senza dubbio un centro nevralgico per la politica energetica nazionale poiché fornisce circa il 68% dell’intera produzione nazionale petrolifera, alla quale bisogna aggiungere il 14% del gas naturale (circa 900 milioni di m³). Ogni giorno dai 68 pozzi attivi vengono estratti circa 154mila barili di greggio, cioè l’equivalente di due petroliere, che permette la copertura del 6% del fabbisogno nazionale. Questo ruolo preminente è riconosciuto addirittura anche dal rappresentante della Lega Nord Giovanni Fava che nel suo intervento ha definito la Basilicata ”Libia d’Italia“. Detto in questo momento storico non sappiamo se prenderlo come un complimento. Sta di fatto che stranamente il suo intervento suscita applausi fragorosi da parte della platea. Il nodo centrale riconosciuto da tutti i relatori resta la ricaduta sul territorio in termini di benefici economici, ma soprattutto in termini di percezione reale di tali benefici da parte dei cittadini. Questi, infatti, avvertono in maniera stridente la dicotomia di una regione che pur avendo il petrolio ha comunque un tasso di disoccupazione elevatissimo, sconta una carenza infrastrutturale drammatica e chiede pertanto una maggiore trasparenza nella gestione delle risorse. Ha senso, allora, finanziare l’Università della Basilicata con i proventi delle royalties e non avere un centro di formazione specifico della filiera petrolifera? E’ giusto incamerare un misero 7% di royalties a fronte di circa 2 miliardi di euro all’anno di profitto delle compagnie minerarie (in Basilicata guadagnano il 65% in più rispetto a quando trivellano per esempio in Norvegia)? La regione, invece, guadagna “solo” circa 110 milioni di euro l’anno più una ventina di milioni distribuiti fra più comuni. Allora, forse, alla fine tutto l’affaire petrolio è una questione di trasparenza, democrazia e partecipazione nelle scelte: nei paesi sauditi, si sa, sono stati sempre carenti in questo.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N.65 12/03/2011