Trent'anni dal terremoto del 1980 n.51 27/11/2010
Un minuto e venti secondi di paura, una scossa di magnitudo 6,9, 2.914 vittime, 8.848 feriti, 280.000 sfollati, quasi settecento comuni coinvolti tra Campania, Basilicata e Molise, 17.000 km² la superficie coinvolta, 6 milioni di abitanti coinvolti distribuiti in otto province e 362.000 abitazioni distrutte o danneggiate. Sono questi i dati del sisma che colpì l’Irpinia alle 19:34 di domenica 23 novembre 1980 con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza, e Conza della Campania. I soccorsi arrivarono circa 24 ore dopo il sisma, con estremo ritardo. Fu proprio sulla scia di quell’esperienza traumatica che maturò in Italia la consapevolezza della necessità di istituire la Protezione Civile. In questi giorni a Muro Lucano si è tenuto un convegno per fare il punto della situazione. Il dato macroscopico venuto fuori dal convegno è che la ricostruzione attualmente è all’85%. Si tratta di un valore medio, in quanto nel 50% dei comuni lucani più colpiti l’avanzamento è pari al 90 per cento. Secondo i dati del 2008 in possesso del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il fabbisogno residuo per finanziare gli interventi di ricostruzione è di circa 600 milioni di euro. Questa cifra è destinata ad aumentare ulteriormente nel tempo per il meccanismo dell’aggiornamento previsto dalle norme. Significati anche i dati relativi alla distribuzione delle risorse finanziarie. Sono stati 9 i comuni, tutti del potentino, che hanno già beneficiato di 775 milioni di euro. 63 (54 in provincia di Potenza e 9 in quella di Matera), invece, quelli gravemente danneggiati che hanno ricevuto 1330 milioni di euro. Infine 59 (37 in provincia di Potenza e 22 in quella di Matera) i comuni danneggiati che hanno ricevuto 483 milioni di euro. Un totale di 2588 milioni di euro, un fiume di denaro. Ci sono in giacenza ancora circa 125 milioni di euro. All’epoca furono stanziati 7.762 miliardi di lire (circa 8 miliardi di euro del 2010). Secondo la relazione finale della Corte dei Conti del 2000, i costi per le infrastrutture crebbero fino a punte «di circa 27 volte rispetto a quelli previsti nelle convenzioni originarie». Sempre nel 2000, 76 aziende, che si sarebbero dovute occupare della ricostruzione industriale, risultavano già fallite. Se la ricostruzione edilizia, sebbene non esente da speculazioni di ogni tipo, sia andata a buon fine non si può dire altrettanto per il processo di industrializzazione gestito interamente e a livello centrale dallo Stato. A distanza di 30 anni dovremmo iniziare a consegnare le cronache di questa vicenda dolorosa alla storia e fare i doverosi bilanci. Una vicenda, questa, caratterizzata da scelte politiche sbagliate, forse semplicemente per interesse, e da una ricostruzione industriale pressoché inesistente, sebbene soverchiata da un fiume di denaro. Intanto in Italia è ancora oggi in vigore un'accisa di 4 centesimi di euro su ogni litro di carburante acquistato per il finanziamento del terremoto; intanto a Bucaletto, frazione di Potenza, ancora oggi molte famiglie vivono nei container. La nostra è una nazione sempre divisa in due: tra l’indignazione sincera dell’allora presidente della repubblica Pertini per la mancanza di celerità nei soccorsi e lo sciacallaggio degli approfittatori. In attesa della prossima tragedia che possa far sfregare le mani a qualcuno, risulta illuminante una frase celebre di Ennio Flaiano: “coraggio il meglio è passato”.
Pubblicato sul settimanale Il Resto N.51 27/11/2010