Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012
Attualmente redattore del mensile Mistero
rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno
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«In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l'impero. Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno alla sua città. Dalla Galilea, dalla città di Nazaret, anche Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto; ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. In quella stessa regione c'erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge. E un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore risplendé intorno a loro, e furono presi da gran timore. L'angelo disse loro: «Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: "Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia”».
Nel secondo versetto del Vangelo di Luca così viene descritto l’evento più importante nella storia dell’umanità. Il Natale è certamente la festa più importante dell’anno e quella dal punto di vista religioso più carica di significati, sebbene proprio la valenza religiosa si confonde con altri aspetti più prosaici: il consumismo, i regali e le vacanze.
Certamente la Natività riveste un’importanza notevole, tanto da determinare addirittura uno spartiacque nella datazione storica ufficiale: l’anno zero, infatti, per convenzione è proprio quello della nascita di Cristo.
Tutti sappiamo, dunque, che il Natale è la festa più importante del cristianesimo con la quale viene ricordata la nascita di Gesù: un fatto scontato e banale, eppure non è propriamente così.
Cosa dicono i vangeli
I vangeli sinottici descrivono l’avvenimento più o meno alla stessa maniera con qualche lieve discrepanza narrativa, ma stranamente, a dispetto dell’importanza dell’evento, però in essi non è indicata con esattezza né il giorno, né il mese né tanto meno l’anno.
La narrazione della natività di Gesù è contenuta nel Vangelo di Matteo, in quello di Luca oltre che in quello apocrifo di Giacomo.
Certo, i vangeli non possono essere tout court assimilabili al rango di fonte storica, ma l’assenza della collocazione temporale precisa fa riflettere, alla luce del fatto che nel testo biblico altri avvenimenti, anche minori, hanno riferimenti temporali spesso abbastanza precisi.
Secondo il Vangelo di Luca, come abbiamo visto, sappiamo che Gesù Cristo è nato sotto l’impero di Cesare Augusto perché è scritto espressamente che fu proprio lui a emanare il decreto del censimento; sappiamo anche che quando è nato Gesù regnava sulla Giudea Erode il Grande (Matteo 2:1); sappiamo, inoltre, che quella stessa notte nelle vicinanze vi erano dei pastori che stavano nei campi e facevano la guardia al loro gregge e che a essi apparve un angelo del Signore per annunciare la nascita del Salvatore (Luca 2:8-14). Quest’ultimo elemento è fondamentale perché ci fornisce un indizio importante: in quella zona difficilmente nel periodo di dicembre i pastori avrebbero potuto sostare all’aperto nelle tende. Molto probabilmente, invece, il periodo decritto potrebbe essere quello della Festa delle Capanne che era celebrata il quindicesimo giorno del settimo mese per ricordare che gli Israeliti avevano dimorato nelle tende durante il loro pellegrinaggio nel deserto (Deuteronomio 16:13-15; Levitico 23:34). Si tratterebbe del periodo corrispondente circa alla metà del mese di settembre.
Allora da dove deriva effettivamente la celebrazione del Natale nella data del 25 dicembre? È effettivamente questa?
L’incognita della data
Al contrario di quanto si possa pensare non vi è una certezza assoluta che il 25 dicembre sia effettivamente la data “giusta” per celebrare la nascita di Gesù. Anzi, alcuni elementi portano a pensare il contrario.
Una prima ipotesi parte da una possibile lettura simbolica della data di nascita: dato che la data della morte di Gesù nei vangeli si colloca tra il 25 marzo e il 6 aprile del nostro calendario, per calcolare la data di nascita secondo alcuni studiosi si sarebbe seguita la credenza che la morte sia avvenuta nell'anniversario della sua venuta al mondo. Secondo questa ipotesi si è tenuto conto che Gesù fosse morto nell'anniversario della sua incarnazione o concezione (non della sua nascita) e così si è pensato che la sua data di nascita dovesse cadere nove mesi dopo la data del Venerdì Santo, cioè tra il 25 dicembre e il 6 gennaio.
Si giunge, però, a un’altra soluzione procedendo in base alle informazioni rintracciabili nei passi del vangelo. La ricerca parte dalla descrizione dei turni del sacrificio al tempio del sacerdote Zaccaria, padre di Giovanni il Battista. L'evangelista Luca ci dice che Zaccaria era sacerdote della classe di Abijah. Costui esercitava le sue funzioni nel tempio quando l'angelo Gabriele gli annunciò la nascita del figlio (Luca, 1, 5-13). Secondo il calendario qumranico solare i turni per il servizio nel tempio della famiglia di Abijah capitavano due volte all'anno: dall' 8 al 14 del terzo mese e dal 24 al 30 dell'ottavo mese. Ponendo la data del servizio al tempio di Zaccaria nel secondo turno corrispondente all’ultima decade di settembre e interpolando questo dato con la data dell'annunciazione dell'angelo a Maria nel sesto mese successivo al concepimento di Giovanni (Luca, 1, 26), risulta, dunque, che la nascita di Gesù si dovrebbe collocare intorno al 23 settembre. Questa tesi potrebbe essere in linea con quanto narrato nel vangelo di Luca a proposito del particolare dei pastori delle tende poiché il periodo intorno alla metà del mese di settembre coinciderebbe con la Festa delle Capanne quando abitualmente i pastori dimoravano abitualmente nelle tende.
Una terza ipotesi, infine, farebbe coincidere la data proprio con il 25 dicembre seguendo questa sequenza: l’annuncio di Gabriele a Zaccaria della nascita di Giovanni Battista (23 settembre), l’annuncio dell’arcangelo Gabriele a Maria avvenuta (25 marzo) e, infine, la nascita di Gesù avvenuta nove mesi dopo (25 dicembre).
Per quanto riguarda l'anno il problema è più complesso. Abbiamo due avvenimenti come punti di riferimento: la morte di Erode il Grande e il censimento di Quirinio. Nel 63 a.C. con la presa di Gerusalemme da parte di Pompeo, la Palestina è divenuta provincia romana. Il senatore Publio Sulpicio Quirinio (morto nel 21 d.C.) è stato governatore della Siria una prima volta dal 12 all’8 a.C. e una seconda nel 6 o 7 d.C. Il primo mandato di Quirinio è terminato nell' 8 a.C., perciò la nascita di Gesù cadrebbe nel periodo del primo censimento citato anche da Luca e in anticipato su quello che consideriamo come l'anno “zero”, cioè quindi nel 6 0 7 a. C.
L’istituzione della festività
Quasi sicuramente in origine il Natale non veniva affatto festeggiato né ricordato. Intorno al 200 d.C., secondo quanto riportato da Clemente Alessandrino, per alcuni era il 19 aprile, per altri il 20 maggio, mentre lo stesso Clemente credeva che la data esatta fosse il 17 novembre.
La nascita di Gesù iniziò a essere ricordato in Egitto nel II secolo ed era festeggiato il 6 gennaio, giorno della nascita del dio Eone. Questa tradizione è rimasta nel mondo ortodosso che festeggiano, appunto, il Natale il 7 gennaio.
Fu solo a partire dal 353 d.C. che la Chiesa indicò il 25 dicembre, data nella quale ricorreva la festività di Mitra. Il centro del culto e il luogo di incontro dei seguaci di questa divinità era il mitreo, ossia una cavità o caverna naturale adattata; questo offre un’importante parallelismo con la nascita di Gesù in una capanna o una caverna. Secondo il mito, Mitra affrontò il dio Sole e lo sconfisse. Il Sole, allora, stringe un patto di alleanza con la divinità donandogli la corona raggiata che sarà poi mutuata nell’iconografia del cristianesimo divenendo l’accessorio sacro dell’aureola.
Già nel 274 d.C. l'imperatore Aureliano aveva deciso che il 25 dicembre si dovesse festeggiare il “Dies Natalis Solis Invicti” ossia la ricorrenza dedicata alla nascita del Sole (Mitra), introdotta a Roma da Eliogabalo, imperatore dal 218 al 222 d. C. Risale proprio a questo periodo l’origine della tradizione dell’accensione dei ceppi che dovevano bruciare per dodici giorni consecutivi; il ceppo doveva essere preferibilmente di quercia, poiché era considerato un legno propiziatorio: da come bruciava si presagiva come sarebbe stato l'anno futuro. I fuochi dei ceppi nei nostri giorni si sono trasformati nelle luci e nelle candele che addobbano case, alberi, e strade.
Il solstizio invernale e il culto del "Sol Invictus" nel tardo impero romano hanno verosimilmente avuto un ruolo importante nell'istituzione e nello sviluppo del Natale, anche se non ci sono evidenze definitive di questa relazione. È curioso notare come questa sovrapposizione fatta essenzialmente per ragioni politiche ebbe un buon riscontro perché parecchi cristiani identificavano il sole nella figura di Gesù Cristo perché in Malachia egli è chiamato “il sole della giustizia” (Malachia 4:2).
Simbolicamente, inoltre, la festa del sole aveva delle affinità con la figura di Gesù e con la sua nascita: subito dopo il solstizio d’inverno, infatti, le giornate si allungano ed è come se il sole rinascesse portando una luce rinnovata. Come risulta evidente le similitudini con la figura di Gesù sono notevoli: il simbolismo teologico "Cristo-luce" è rintracciabile in particolare anche nel Vangelo di Giovanni che mette spesso in evidenza la contrapposizione tra luce e tenebra.
È importante notare come il culto solare abbia comunque profondamente influenzato il cristianesimo del primo periodo; basti considerare che il giorno dedicato al Signore, la domenica, in inglese si indica con “sunday” ossia letteralmente “giorno del sole”.
Nonostante l'introduzione del Natale cristiano, i culti pagani collegati alla celebrazione del sole perdurarono per molti anni, infatti ancora nel Natale del 460 papa Leone I affermava: «È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei».
Il collegamento con i culti solari
Il Natale costituisce probabilmente l'esempio più significativo di come una tradizione pagana sia stata assorbita dal cristianesimo e abbia assunto un nuovo significato.
Nell'antica Roma si festeggiavano i Saturnali in onore di Saturno, dio dell'agricoltura; era considerato un periodo di pace, si scambiavano i doni e si facevano sontuosi banchetti, proprio come nel nostro periodo natalizio. Era anche l’occasione per festeggiare la fine dell’inverno in attesa del ritorno del sole per riscaldare la terra in modo che la semina primaverile potesse avvenire con successo.
È importante notare che praticamente ogni civiltà ha un dio del fuoco o del sole. Già dal punto di vista semantico l'italiano “dio”, il latino “deus”, il greco “theos” e il sanscrito “dyaus” derivano tutti da un'unica radice che significa “luminoso” o “splendente”; il concetto primitivo dunque di divinità è strettamente legato al culto solare.
Oltre agli Egiziani e ai Romani, lo ritroviamo anche presso i Greci che lo chiamavano Crono, così come presso i Fenici che lo indicavano come Saturno. I Babilonesi, invece, lo veneravano con Tammuz.
Già nel 3.000 a.C. nel periodo corrispondente al 25 dicembre veniva festeggiato il dio babilonese Shamash. Era il dio del sole, della giustizia e della predizione. In Babilonia successivamente comparve il culto della dea Ishtar e di suo figlio Tammuz che veniva considerato l’incarnazione del sole. Secondo il mito, Semiramide non fu solo la madre di Nimrod ma ne divenne anche la moglie. Secondo una versione diversa Semiramide, dopo la morte di Nimrod, partorì Tammuz (Adone per i greci). Questo aveva come moglie la dea sumera Inanna (assimilata alla babilonese Ishtar, alla greca Afrodite e alla romana Venere). Siccome Semiramide non poteva aver concepito Tammuz dopo la morte di Nimrod, il suo concepimento appariva miracoloso tanto da considerarlo la rinascita di Nimrod. Le assonanze con il parto verginale di Maria sono notevoli.
Attorno alla testa di Tammuz si rappresentava un’aureola di dodici stelle che simboleggiavano i dodici segni zodiacali. È interessante aggiungere che anche Tammuz muore per risorgere dopo tre giorni.
Il simbolismo solare permane comunque ancor oggi nei rituali della Chiesa, principalmente nell'uso dell'ostensorio in cui l'ostia consacrata viene esibita come un sole irradiante raggi dorati.
Il tema della natalità cristiana, inoltre, ha un’impressionante corrispondenza anche con gli affreschi raffiguranti immagini di Horus in braccio a Iside che ricordano l’iconografia cristiana della Madonna col bambino.
Come si può osservare la contaminazione pagana nella festa del Natale è notevole. A conferma della legittimità della matrice comune con i culti pagani si è espresso addirittura anche il papa emerito Benedetto XVI il quale nel 2006 ha dichiarato: «Il mondo in cui sorse la festa di Natale era dominato da un sentimento che è molto simile al nostro […]. Il 25 dicembre, al centro com’è dei giorni del solstizio invernale doveva essere commemorato come il giorno natale, ricorrente ogni anno, della luce che si rigenera in tutti i tramonti […] Quest’epoca, nella quale alcuni imperatori romani avevano cercato di dare ai loro sudditi in mezzo all’inarrestabile caduta delle antiche divinità, una fede nuova con il culto del sole invitto, coincide col tempo in cui la fede cristiana tese la sua mano all’uomo greco-romano. Essa trovò nel culto del sole uno dei suoi nemici più pericolosi. […] Molto presto i cristiani rivendicarono per loro il 25 dicembre il giorno natale della luce invitta, e lo celebrarono come natale di Cristo, come giorno in cui essi avevano trovato la vera luce del mondo. Essi dissero ai pagani: il sole è buono e noi ci rallegriamo non meno di voi per la sua continua vittoria».
Telecamere, navigatori satellitari, cellulari, smart tv, controllo delle transazioni commerciali e finanziarie: siamo forse tutti sotto controllo come profetizzava in 1984 George Orwell?
Lo scopo del libro è analizzare nel dettaglio le modalità di controllo esercitate nei confronti dei cittadini, in particolare le tecniche del controllo nella vita quotidiana e come queste siano subdole, invisibili ed enormemente estese.
L'autore rintraccia le origini della sorveglianza e del controllo nei confronti di tutti noi, arrivando a individuare la linea futura di avanzamento di questo processo, analizzando il ruolo preminente dello sviluppo tecnologico e l'intreccio controverso con le grandi multinazionali del settore.
Il testo è un viaggio nell'evoluzione della sorveglianza del cittadino effettuato dai poteri forti e dai grandi colossi commerciali.
Dalla New Surveillance alle attività dell'NSA, fino alle vicende recenti di Wikileaks. Dalla tecnologia RFID al riconoscimento biologico; dal controllo effettuato tramite i social network fino allo sviluppo controverso del cosiddetto “Internet delle cose”.
Il libro è stato pubblicato alle fine di Gennaio 2017.
«Nella nostra società, quelli che sanno perfettamente ciò che sta succedendo sono anche quelli che meno riescono a vedere il mondo così com’è». Emblematica e significativa risulta la frase del visionario e controverso George Orwell, autore del famoso romanzo distopico “1984”. L’autore propone nel suo libro una visione cupa di un futuro ipotetico, ma forse abbastanza probabile, dove ogni aspetto della società è iper-controllata e l’identità individuale è completamente annientata. Potere, controllo e schiavitù: tre parole che dipingono scenari preoccupanti, di cui la storia dell’umanità purtroppo è costellata. Basti pensare, per esempio, all’esperienza dei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale. Quando furono scoperti dalle forze alleate, capitanate dall’esercito americano, ci fu un grande moto di indignazione a livello mondiale. “Mai più una simile tragedia…” si diceva, ma a quanto pare l’uomo ha la memoria corta.
Nuovi campi di concentramento?
Quando si parla dei campi di concentramento l’immaginario collettivo è legato a visioni funeste: morte, dolore e disperazione. Sarebbe impensabile, dunque, costruire nuovi campi di concentramento? Secondo alcune notizie riservate, ma che da tempo pian piano stanno trapelando, sembrerebbe proprio di no. A quanto pare negli Stati Uniti, infatti, esisterebbero già oltre ottocento strutture costruite o ristrutturate in particolare nell’ultimo decennio. Strutture che secondo alcuni potrebbero svolgere proprio la funzione di moderni campi di concentramento. Il dato preoccupante, però, è che sembrerebbero già pronti e in alcuni casi anche operativi. Per fare cosa? Ovviamente le informazioni sono frammentarie e non ufficiali, sebbene comunque esiste in rete un discreto quantitativo di foto e video. Si tratta effettivamente di campi di concentramento? Di detenzione? O cos’altro? Tutti i campi sarebbero attraversati da vie ferrate e molti disporrebbero anche di un aeroporto nelle vicinanze. La maggioranza dei campi avrebbe una capacità ricettiva media di circa 20 mila persone e complessivamente attualmente potrebbero accogliere circa 2 milioni di persone. Molti siti sarebbero campi di concentramento utilizzati durante la seconda guerra mondiale per internare i concittadini di origine giapponese, tedesca e italiana.
Secondo la tesi più accreditata si tratterebbe di strutture costruite e gestite dalla FEMA (Federal Emergency Management Agency) ossia l’agenzia federale americana incaricata di gestire le situazioni di emergenza. Ovviamente non si conosce con precisione l’ubicazione di tutti i campi, ma a quanto pare sarebbero un numero considerevole, distribuiti in tutto il territorio americano.
La FEMA
La FEMA è stata creata il 1° aprile 1979 attuando l'ordine esecutivo n. 12127 del presidente Jimmy Carter. Essa ha concentrato in un’unica struttura le attività di varie agenzie governative quali: la Federal Insurance Administration, la National Fire Prevention and Control Administration, il National Weather Service Community Preparedness Program, il Federal Preparedness Agency e la Federal Disaster Assistance Administration.
Nel 1993 Bill Clinton ha trasformato la direzione della FEMA in un dipartimento di gabinetto del governo, ampliando notevolmente e ulteriormente i suoi poteri.
Dal 2003 ha assunto anche la gestione con ampia autonomia della difesa civica in accordo con il Dipartimento della Difesa che ha proprio il compito di preparare e proteggere i cittadini, per esempio, nell'eventualità di un attacco militare.
Lo scopo dichiarato della FEMA è di “ridurre la perdita di vite e di proprietà e proteggere la nazione da tutti i rischi, compresi disastri naturali, atti di terrorismo e altri disastri provocati dall'uomo, e appoggiare la nazione con un sistema basato sul rischio, e onnicomprensivo, di gestione delle emergenze, composto da preparazione, protezione, risposta, recupero e mitigazione”.
Nell’ambito delle attività di questa agenzia rientrano principalmente due programmi. Il primo è il “Readiness Exercise 1984” (REX-84) che riguarda tra l’altro anche l'implementazione della legge marziale, lo spostamento massiccio della popolazione in caso di grave crisi, l'arresto e la detenzione arbitraria in presenza di determinate condizioni. Una prova del programma è stata tenuta dal 5 al 13 aprile 1984. È stata guidata dalla FEMA e dal Dipartimento della Difesa con il coordinamento di altre trentaquattro agenzie e dipartimenti federali. Il programma “REX-84” prevederebbe anche la chiusura temporanea di molte basi militari per convertirle in prigioni. Simili esercitazioni, su larga scala, in particolare quelle di preparazione alle emergenze, nel corso degli anni sono state compiute a scadenza regolare.
L’altro programma riguarda, invece, l’operazione “Garden Plot” ed è gestito in collaborazione con l'esercito degli Stati Uniti e la Guardia Nazionale sotto il controllo dello US Northern Command (NORTHCOM); ha lo scopo di fornire appoggio militare di carattere federale durante eventuali disordini civili interni. È importante notare che una norma dell'Atto di Autorizzazione di Difesa Nazionale, firmato dal presidente Obama l'ultimo dell'anno nel 2011, ha riconosciuto al governo il potere straordinario di arrestare e detenere cittadini americani senza nessun processo in casi particolari al fine di garantire l’ordine pubblico.
Per ben tre volte si è rischiato che la FEMA potesse prendere il controllo: la prima durante la presidenza Reagan nel 1984 e due volte durante la presidenza Bush, nel 1990 e 1992. In tutte e tre le occasioni non ci sono state, però, le condizioni sufficienti per dichiarare la legge marziale.
La FEMA potrebbe essere investita dei suoi ampi poteri, per esempio, in caso di minaccia nucleare, sommosse in varie città degli Stati Uniti, una serie di disastri nel paese con un reale pericolo su larga scala per la popolazione, attacchi terroristici diffusi, una recessione economica o una calamità naturale di enormi dimensioni.
Di fatto, la FEMA ha speso solo circa il 6% del suo budget per le emergenze nazionali; il grosso dei finanziamenti è stato adoperato per la costruzione di edifici sotterranei che assicurino la governabilità in caso di emergenza interna o esterna; un’altra parte consistente dei finanziamenti è stata spesa ed è utilizzata attualmente per l’allestimento proprio di alcune strutture particolari.
I campi FEMA
Queste strutture sono disseminate in molti stati americani e alcune hanno caratteristiche davvero particolari; in particolare le ritroviamo in Alabama, Arizona, Arkansas, California, Colorado, Florida, Georgia, Hawaii, Illinois, Indiana, Kansas, Kentucky, Louisiana, Massachusetts, Minnesota, Montana, Nebraska, Nevada, New jersey, New Mexico, New York, Ohio, Oklahoma, Pennsylvania, Tennessee, Texas, Utah, Virginia, Washington e Wisconsin. Secondo alcune indiscrezioni sembrerebbe che anche molte basi militari canadesi abbiano le stesse caratteristiche.
A un primo aspetto sembrano dei campi militari, infatti dispongono di recinsioni e barricate che servono a creare delle aree "off limits". L'entrata nei campi è controllata con un sistema di identificazione sia per gli occupanti sia per eventuali visitatori.
Nei confronti degli appaltatori che hanno costruito i campi sono state fatte delle richieste ben precise e particolari: fornitura per trattamenti medici, moduli per la ristorazione, docce mobili e spazi per le attività di "ricreazione morale e di benessere".
La FEMA, inoltre, ha costruito trecento unità mobili sofisticatissime che garantiscono l’autosufficienza per almeno un mese. Tali veicoli sono dislocati principalmente in cinque aree degli Stati Uniti. Sono dotati di sistemi di comunicazione avanzatissimi e ciascuno di essi contiene un generatore in grado di fornire elettricità a centoventi abitazioni; fino ad ora, però, non sono mai stati adoperati in caso di calamità, quindi dovrebbero servire per attività ben precise e riservate.
La stranezza più evidente, però, e quella che fa anche più scalpore è la presenza in alcuni siti di oltre 500mila bare di plastica da sei posti ciascuna. Queste bare non sono biodegradabili e hanno una guarnizione che le rendono perfettamente ermetiche. A che cosa potrebbero servire? Non è dato saperlo con precisione. Un’altra stranezza che aumenta notevolmente il mistero intorno a questi campi riguarda l’acquisto da parte di alcuni stati americani di ghigliottine automatiche, molto probabilmente destinate proprio a queste strutture.
Alcuni siti sarebbero dotati anche di particolari strutture che hanno l’aspetto di enormi forni. Allora la domanda, prima di ipotizzare scenari di qualsiasi tipo, diventa lecita: come saranno utilizzate queste strutture? Qual è la loro reale funzione?
A cosa servono i campi FEMA?
L’effettiva funzione attuale e soprattutto quella futura non è certa e non ci sono elementi sufficienti per avanzare ipotesi credibili; la vicenda, comunque, da anni desta molta preoccupazione ed è costellata da molti punti interrogativi.
A quanto pare le strutture gestite dalla FEMA non sono tutte uguali e possono essere classifiche essenzialmente in tre tipi. Il primo tipo, seguendo le voci complottistiche, avrebbe in toto l’aspetto di un campo di prigionia classico, il secondo sembrerebbe più un campo di protezione e il terzo, infine, potrebbe essere considerato addirittura un agglomerato urbano indipendente e autosufficiente.
Il primo tipo è caratterizzato dalla presenza di un doppio filo spinato lungo il perimetro; inoltre, lungo tutto il campo, sono presenti torrette di controllo con alcune sentinelle. L’ingresso è spesso rivolto all’esterno della prima recinzione (in modo da non essere accessibile da eventuali detenuti) ma allo stesso tempo è protetta anche da intrusioni esterne. La struttura del campo è ad anelli concentrici indipendenti e all’interno di essi sono presenti baracche prefabbricate in legno.
Il secondo tipo è impostato più o meno alla stessa maniera del primo, ma con alcune fondamentali differenze: le recinzioni non hanno le sporgenze con il filo spinato dal lato interno come in quello precedente; questo potrebbe far pensare che chi sta dentro non è considerato un prigioniero o in generale non è considerato una minaccia; inoltre le torrette sono quasi sempre dentro il campo e comunque distanti dalla recinzione. Infine, sono presenti una serie di postazioni in cemento armato poste, comunque, spesso vicino agli ingressi e richiamano alla memoria le tipiche postazioni delle mitragliatrici delle aree militarizzate.
Nel terzo tipo, infine, non ci sono recinzioni vere e proprie e le difese perimetrali sono più ampie. Al suo interno non si trovano baracche in legno ma camper e roulotte bianche oppure case prefabbricate antivento con parecchi comfort e una dotazione di energia elettricità indipendente; intorno alla zona abitabile si alternano canali d’acqua (probabilmente da usare per l’irrigazione) e aree coltivabili a riso e altre colture. Anche in questo caso la struttura ha una forma ad anelli concentrici.
Negli ultimi due tipi di campi di cui abbiamo parlato è presente una struttura di difesa centrale fortificata idonea a ospitare per giorni un numero consistente di persone; sono presenti check-point utili per controllare accuratamente gli ingressi. Sembrerebbero punti di controllo per lo smistamento delle persone delle aree a rischio terrorismo o quelli presenti nelle zone di guerra urbana, simili a quelli già visti, per esempio, nello stato d’Israele o dopo le guerre di Afghanistan e Iraq.
È probabile che i tre tipi di campi abbiano scopi differenti, soprattutto in considerazione del fatto che l’organizzazione governativa ha preparato diversi tipi di piani di emergenza in funzione delle varie situazioni che potrebbero verificarsi. Si tratta solo di questo?
Sebbene non è certo lo scopo per il quale potrebbero essere utilizzati questi campi, di certo alimentano le teorie complottistiche secondo le quali la presenza e il potenziamento di questi siti sarebbero funzionali alle attività presenti e future del Nuovo Ordine mondiale, dove avrebbero un ruolo prioritario proprio gli Stati Uniti d’America. Si aprono, così, scenari cupi e preoccupanti come profetizzato ancora una volta da Orwell quando diceva: «Se vuoi un'immagine del futuro, immagina uno stivale che calpesta un volto umano…per sempre».