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Un ponte per la disoccupazione N.94 15/10/2011 - Giuseppe Balena

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Un ponte per la disoccupazione N.94 15/10/2011

Un ponte in bilico. Questa volta il ponte sul viadotto di Calciano non c’entra niente. In bilico, invece, è il “ponte” che divide la precarietà di alcuni giovani lucani dal proprio futuro di certezze. Un futuro incerto e in bilico proprio come qualche ponte nostrano. “Un ponte per l’occupazione” è l’ennesima misura tampone varata dalla Regione Basilicata per tentare in qualche modo di arginare il vertiginoso aumento del tasso di disoccupazione e il progressivo spopolamento regionale ad opera soprattutto delle nuove generazioni. Nella nota di presentazione della Regione si legge: “Un ponte per l’occupazione è una misura sperimentale finalizzata a contrastare il crescente fenomeno della migrazione professionale, della disoccupazione intellettuale e a favorire la crescita delle competenze professionali rafforzando le condizioni di occupabilità delle persone diplomate e laureate in cerca di occupazione”. A gennaio scorso sono state approvate le graduatorie. I “fortunati” vincitori sono stati solo 621, 404 diplomati e 217 laureati, tutti di età compresa tra i 18 e i 35 anni. Fortunati, per un verso, lo sono stati per davvero poiché sono arrivate ben oltre sette mila domande. Fortunati, ma non troppo. Dopo il completamento della prima fase, infatti, ad oggi non si conoscono ancora le aziende dove si effettueranno i tirocinio formativi. Da oltre due mesi i corsisti continuano a denunciare questi ritardi ingiustificati. I problemi, però, sono anche di altra natura. Alcuni dei “professori” dei suddetti corsi, per esempio, sono appena ventenni, con la sola laurea triennale e ben più giovani dei corsisti stessi. Unanime il coro di dissenso. Fabiana, per esempio, dalla pagina Facebook fa sapere: “E' il momento di unirsi, di fare blocco comune per pretendere quel rispetto che ci è dovuto, intanto come persone e poi anche come beneficiari di un percorso che la Regione stessa ha con vanto creato per le "eccellenze". Ebbene, queste hanno un cervello, pensano, non sono pilotabili e questa è una realtà con la quale la nostra Regione deve cominciare a fare i conti. Non chiediamo favori, ma solo che ci venga garantito un diritto sancito dalla costituzione: il lavoro, quello che noi non riusciamo a trovare, non perché non siamo capaci e intelligenti, ma perché non siamo figli di nessuno”. Solo pochi giorni fa è stato pubblicato l’avviso per la costituzione del catalogo dei percorsi formativi settoriali e specialistici. I tirocini in azienda, invece, partiranno soltanto a marzo. Dopo le prime 82 ore di orientamento, i borsisti ora resteranno inattivi per ben cinque mesi. Un lasso di tempo considerevole per un disoccupato, tanto che molti stanno valutando la possibilità di lasciare il progetto. Altri, circa il 30%, l’hanno già fatto. Chi resta, nel frattempo, in questi mesi non può cercare un’altra occupazione pena l’esclusione. Il percorso formativo è molto lungo. L’intero progetto, infatti, dovrebbe prevedere, il condizionale è d’obbligo, 2500 ore retribuite grazie al programma operativo regionale finanziato dal fondo sociale europeo, mentre 1440 ore saranno dedicate, invece, all’istruzione. Un blocco di 940 ore è dedicato alla formazione settoriale e specialistica da affidare ai privati, già iscritti nell’apposito albo regionale, che dovevano essere selezionati attraverso un apposito bando. Il tirocinante, infine, presterà l’attività lavorativa per soli sei mesi presso le aziende che hanno manifestato l’interesse al progetto. Queste aziende riceveranno al termine dei sei mesi un incentivo di dieci mila euro da riscuotere solo dopo la stipulazione di un contratto di lavoro a tempo determinato della durata di 24 mesi. Tutto questo per agognare un semplice contratto a tempo determinato, al termine del quale i “fortunati” vincitori inizieranno forse a ricredersi sul fatidico bacio della dea bendata. In alternativa i corsisti potranno ricevere lo stesso incentivo per l’auto impiego. L’impegno di spesa del bando è di 29.787.480,00 euro; buona parte sarà destinata agli enti di formazione e il resto andrà ai “pontisti” che riceveranno circa 500 euro mensili per 24 mesi. Per ora, intanto, non si è visto un euro: non sono stati erogati ancora i compensi del primo trimestre. Al momento della presentazione del progetto l’assessore Rosa Mastrosimone ha dichiarato: “Si tratta di un welfare to work che non ha paragone non solo nel nostro paese ma anche all’estero. Lo abbiamo mutuato dall’esperienza svedese”. I ponti svedesi, però, sono sicuramente in buone condizioni. Strano il destino, invece, dei “ponti” lucani.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto  N.94 15/10/2011