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Stop al nucleare, ma non alle scorie N.80 25/06/2011 - Giuseppe Balena

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Stop al nucleare, ma non alle scorie N.80 25/06/2011

C’è una bella differenza tra vincere la battaglia o vincere la guerra. Il risultato elettorale uscito dalle consultazioni referendarie del 12 e 13 giugno scorso è chiaro e netto: la maggioranza degli italiani non solo è andata a votare, ma ha votato con il 54,79% a favore dell’abrogazione delle norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare. Dunque la battaglia contro il nucleare, per ora, è vinta. Si può dire altrettanto anche, per esempio, in merito al sito unico di stoccaggio delle scorie radioattive? Non proprio. Già nel 1987 il popolo italiano si è espresso chiaramente contro il nucleare in un’altra consultazione referendaria sull’onda emotiva dell’incidente di Chernobyl. L’esito referendario del 1987 non ha spazzato via dalla scena il tema del nucleare. Succederà anche questa volta? Il nucleare nei fatti è sempre stato presente, sebbene non ci siano centrali nucleari sul territorio: in Italia, infatti, attualmente ci sono vari centri si stoccaggio delle scorie. E’ il caso di Saluggia, centro piemontese in provincia di Vercelli convertito negli anni '60 da impianto per il riprecessamento dei combustibili dei reattori di ricerca in deposito per allocare i rifiuti radioattivi. Non meno rilevante è il caso proprio del sito lucano di Rotondella, in provincia di Matera, a non molti chilometri dal confine pugliese. Il centro Itrec di Trisaia è stato costruito a cavallo tra anni '60 e '70 per trattare il combustibile proveniente dal ciclo Uranio-Torio. Ben presto è diventato, però, il deposito per sessantaquattro barre altamente radioattive, immerse da oltre quaranta anni in una piscina appositamente allestita. Tali barre sono di proprietà americana poiché sono state prodotte dalla centrale nucleare di Elk River in Minnesota. Tale materiale è di fatto bloccato nel nostro paese, in quanto dagli Stati Uniti hanno più volte declinato ogni richiesta di trattativa. A testimonianza del fatto che il pericolo nucleare non è del tutto bandito già a marzo il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo e il ministro dei Beni Culturali (poi dimessosi) Sandro Bondi avevano approvato un decreto di Valutazione impatto ambientale (Via) in merito all'Impianto di condizionamento prodotto finito (Icpf) progettato dalla So.g.i.n SpA. L’ultimazione dei lavori è prevista per il 2015. L’impianto ha una capienza complessiva tre volte superiore a quella necessaria per stipare le barre ora immerse nell'acqua. Inoltre, sebbene il governo debba necessariamente confrontarsi con le regioni in merito ai siti nei quali costruire eventuali centrali nucleari, può prendere decisioni indipendentemente dagli enti locali in merito, invece, ai depositi di scorie nucleari. Il futuro immediato del nucleare in Italia si gioca proprio su questi depositi. Esami medici come le tac o le scintigrafie producono scorie medicali ad alta radioattività, ma i depositi attuali di cui disponiamo sono ormai vicini alla saturazione. C’e dunque la necessità di realizzare al più presto un deposito nazionale dove allocare tutte le scorie radioattive, comprese quelle medicali che rappresentano il 30% circa del totale presenti in Italia. Tutto questo non solo è svincolato dall’esito del recente referendum, ma dal 2008 (governo Prodi) è stato esteso, di fatto, il principio della segretezza dei siti militari anche ai siti civili di interesse energetico e di stoccaggio di rifiuti anche radioattivi. La guerra sul nucleare, dunque, è ancora aperta. La prossima battaglia si potrebbe tenere nuovamente proprio in Basilicata.

  

Pubblicato sul settimanale Il Resto  N.80 25/06/2011