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L'inquinamento silenzioso N.35 24/07/2010 - Giuseppe Balena

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L'inquinamento silenzioso N.35 24/07/2010

L’inquinamento è un processo umano e ambientale che, da sempre, si è sviluppato e modificato in rapporto all’evoluzione delle attività umane. Ogni attività umana comporta un tasso d’inquinamento corrispettivo. Con il progresso industriale allo sterco degli animali si è sostituito lo “sterco chimico”. Pur sempre sterco e ben visibile. Ora, invece, da qualche anno si è aggiunta una nuova forma d’inquinamento, silenziosa, invisibile ma non meno invasiva e pericolosa. Si tratta dell’inquinamento elettromagnetico. Un vero e proprio “bombardamento” dato dal proliferare di Stazioni Radio Base, dall’aumento, per esempio, della rete GSM di Trenitalia che nel tratto urbano della ferrovia, in zone densamente abitate, installa i propri ripetitori, da numerosi impianti per la diffusione del segnale televisivo, da quelli futuri legati al digitale terrestre, dalle antenne delle tante radio commerciali ed, infine, dai ripetitori che vengono utilizzati dalle forze armate e dalle forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale) a cui, ultimamente, si sono aggiunti ripetitori che consentono l’accesso ad internet in modalità wi-fi. Già nel 2000 la Regione Basilicata ha legiferato in questa delicata materia cercando di sintetizzare nella legge regionale n. 30 del 5/4/2000 le indicazioni rivenienti da leggi e decreti nazionali. E’ stato stabilito, fra l’altro, che ogni comune lucano, entro un anno dall’entrata in vigore della Legge si sarebbe dovuto dotare di un Piano di Localizzazione delle SRB (Stazioni Radio Base). L’articolo 8, invece, stabiliva che entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge si sarebbe dovuto costituire il Catasto Regionale delle fonti fisse di radiazioni non ionizzanti. La Regione Basilicata, dal canto suo, però, non ha ancora istituito tale catasto delle antenne e a nulla sono servite le numerose rimostranze di tanti cittadini in quasi tutti i comuni. I comuni, a loro volta, in rarissimi casi si sono dotati di un regolamento di delocalizzazione condiviso, che preveda l’allontanamento delle antenne telefoniche dai centri abitati e dalle abitazioni o l’utilizzo di microcelle a basso impatto elettromagnetico. In particolare le antenne dovrebbero essere a non meno di 400 metri dalle abitazioni. La Regione Basilicata, inoltre, ha provveduto poi a varare una nuova legge in materia in quanto il Codice delle Comunicazioni (D.Lgs. 259/2003) ha stravolto le precedenti disposizioni rendendo, di fatto, in gran parte inattuabili gli articoli della Legge Regionale n.30/2000. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e di riflesso anche la nostra carta costituzionale hanno sancito il “principio cautelativo” che impone -nel campo della salute pubblica e dell’ ambiente- di agire, senza attendere che la scienza dimostri in modo definitivo ed inconfutabile gli effetti nocivi dell’ esposizione ad agenti morbosi o sospetti. E’ stato accertato che persone e animali esposti per lunghi periodi alle onde elettromagnetiche possono subire gravi danni alla salute. Le leggi e le normative nazionali non aiutano di certo a fare chiarezza sull’intricata materia ma vari pronunciamenti della giustizia ordinaria, amministrativa e della Corte Costituzionale hanno stabilito che le Regioni e i Comuni possono, in qualche modo, regolamentare questo importante settore delle comunicazioni intervenendo sulla pianificazione urbanistica per un corretto e sostenibile posizionamento delle Stazioni Radio Base. L’OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) evidenzia come al proliferare degli impianti e delle proteste di tante comunità è seguita la sospensione del monitoraggio attuato dall’ARPAB su gran parte degli impianti disseminati sul territorio regionale; le ultime rilevazioni, infatti, sono riferite a circa tre anni fa, e in base ai dati riportati non risultano bonificati quei siti ove è stato certificato che i limiti di inquinamento sono stati superati. Il business che esiste dietro l’installazione delle antenne, migliaia d’euro l’anno (fino a 15.000 euro), con contratti che vanno fino a nove anni, coinvolge le società telefoniche, i proprietari dei suoli dove sono installate le antenne e i comuni interessati. Affari e salute dei cittadini non è sempre un binomio perfetto. All’inquinamento silenzioso spesso corrispondono affari altrettanto silenziosi o quasi.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N.35 24/07/2010