Su Facebook un gruppo razzista anti-Basilicata
“La Basilicata esiste, è un po’ come il concetto di Dio, ci credi o non ci credi”. Questa è la frase rappresentativa del film del 2010 “Basilicata coast to coast” che ha segnato l’esordio alla regia del potentino Rocco Papaleo. Proprio prendendo spunto da questa pellicola sul social network facebook nel marzo dello scorso anno è stato creato il gruppo “La Basilicata esiste”. Un luogo d’incontro virtuale nel quale sarebbe stato possibile dialogare con amici di tutto il mondo, prendere parte a discussioni e approfondimenti su svariate tematiche e condividere online riflessioni e foto. Insomma un gruppo come tanti, mosso dalle solite logiche internettiane.
La deriva razzista
A un certo punto, però, la situazione è degenerata: l’amministrazione del gruppo è passata in mano ad alcuni utenti che hanno iniziato a postare commenti offensivi nei confronti della Basilicata e dei lucani. Così da semplice gruppo di promozione del territorio lucano è diventato un coacervo d’insulti. C’è il dubbio fondato in realtà che il gruppo, attualmente con oltre due mila iscritti, sia nato con l’inganno proprio per volontà di un gruppo di utenti fortemente ostili nei confronti della terra natia di Papaleo. Forse a qualcuno non è andata giù la sovraesposizione alimentata dal successo della pellicola e dall’ultima edizione di Sanremo tutta in salsa lucana. Così il gruppo, in mano a un manipolo di utenti con nomi palesemente falsi, è diventato un contenitore dove ogni giorno si sprecano i commenti sopra le righe di coloro che vigliaccamente si sentono al sicuro dietro una tastiera. Numerosi utenti hanno segnalato il gruppo al gestore di Facebook e alla polizia postale al fine di farlo chiudere, ma senza successo. Molti lucani, inoltre, hanno risposto in maniera indignata alle offese gratuite postate in bella vista sul social network. Immediatamente alcuni contatti sono stati bloccati dagli amministratori del gruppo, negando la possibilità di partecipare alla discussione. Gli utenti “polentoni” più intransigenti sono arrivati addirittura a “rubare“ le foto dalle bacheche di chi si permette di difendere la Basilicata allo scopo di modificarle con elementi osceni e pubblicarle sul gruppo alla mercé di tutti. Il peggio del peggio: un gioco che è andato ben oltre il consentito. Alcuni utenti hanno manifestano non solo il disprezzo nei confronti dei lucani ma, in generale, verso i “terroni”. Gli autori di questa bravata hanno “attaccato” anche un altro gruppo simile della Calabria, comportandosi allo stesso modo.
I commenti sgradevoli
Ecco alcuni commenti razzisti, i più teneri; gli altri per decenza non si possono riportare. “Io propongo di utilizzare i lucani per la vivisezione!” tuona un utente. Un altro, invece, scrive: “Ma la Basilicata è quel posto pieno di parassiti sociali che contribuiscono a mandare in deficit l'Italia del nord con il loro parassitismo?”. I toni in alcuni casi sono anche più forti: “Meglio un morto in casa che un lucano alla porta”. Qualcuno, però, risponde per le rime: “Renzo Bossi ci ha messo tre anni per prendere (in modo del tutto misterioso) la maturità. Oggi, il figlio del vostro Senatùr ha conseguito all'Università Kristal (mai frequentata) un dottorato in gestione aziendale a pieni voti. Ma in Padania siete tutti intelligenti come lui?”. Il livello di guardia si è raggiunto, però, quando un utente ha postato una foto di un treno dell’olocausto, invitando tutti i lucani a salirci sopra. Quanto bisogna aspettare ancora per la chiusura del gruppo?
Pubblicato sul settimanale L'Altravoce N. 4 02/06/2012