Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012
Attualmente redattore del mensile Mistero
rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno
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«Washington è una città di efficienza meridionale e di fascino settentrionale». La citazione di John Fitzgerald Kennedy tratteggia con poche parole l’atmosfera tipica della città americana per antonomasia, sebbene con un canone invertito rispetto ai nostri concetti tipici di “meridionale” e “settentrionale”. Una città istituzionale ma allo stesso tempo specchio fedele delle contraddizioni tipiche della modernità e della cultura occidentale di cui l’America è certamente la rappresentazione più evidente.
Gli Stati Uniti d’America rappresentano nell’immaginario collettivo una nazione relativamente moderna dove non si respira il profumo antico dell’arte e della cultura sedimentato nel corso dei secoli, come per esempio nelle grandi città del vecchio continente.
Le città americane, tra cui anche Washington, sono città moderne costruite, non più tardi di due secoli fa, con criteri urbanistici precisi e funzionali; pertanto non hanno subìto le modifiche e le stratificazioni urbanistiche e storiche tipiche delle città europee. Vale, però, anche per esse un assioma fondamentale e universale: la storia e le città le fanno i potenti e i vincitori. A questo presupposto non si sottrae neanche la città di Washington che sin dalla sua costituzione ha seguito logiche che solo apparentemente sono riconducibili a stringenti concetti urbanistici ma che in realtà nascondono ben altro per esempio nella disposizione dei monumenti più importanti e nella stessa struttura di origine e di espansione della pianta della città.
Uno sguardo sulla capitale
Washington D.C. è la capitale degli Stati Uniti d'America e il suo territorio coincide a livello legislativo con il Distretto di Columbia. Conta una popolazione di oltre 670mila abitanti e si trova sulla costa orientale a sud dello stato del Maryland e a nord dello stato della Virginia.
Nella città sono concentrate le principali istituzioni del governo degli Stati Uniti, molti ministeri ed enti federali e alcune organizzazioni internazionali tra cui la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.
La città è delimitata da Boundary Street a nord (rinominato Florida Avenue nel 1890), Rock Creek a ovest e dal fiume Anacostia a est. Alcune strade sono particolarmente degne di nota, come per esempio la Pennsylvania Avenue che collega la Casa Bianca al Campidoglio degli Stati Uniti e la K Street che ospita gli uffici di molti gruppi finanziari di potere a livello internazionale.
Washington è una città esteticamente molto variegata proprio perché registra la presenza di monumenti stilisticamente abbastanza diversificati; tra questi per esempio possiamo ricordare: la Casa Bianca, la Washington National Cathedral, il Jefferson Memorial, il Campidoglio degli Stati Uniti, il Lincoln Memorial e il Vietnam Veterans Memorial. Questi riflettono vari stili architettonici: neoclassico, georgiano, neogotico e moderno.
Eppure, la disposizione urbanistica, la collocazione e il significato stesso dei monumenti della città a una lettura più approfondita nascondono qualcosa di particolare; tutto è riconducibile alla figura storica che ha pensato, presenziato e voluto la nascita della città, tanto da avere il medesimo nome.
George Washington
George Washington nasce in Virginia e precisamente a Bridges Creek il 22 febbraio 1732. Può essere considerato il politico più importante della storia americana. È stato comandante in capo dell'esercito continentale durante tutta la guerra di indipendenza americana ed è divenuto in seguito il primo Presidente degli Stati Uniti d'America dal 1789 al 1797, ricoprendo anche la carica di presidente della Convenzione per la Costituzione nel 1787.
Il suo volto è ritratto sul Monte Rushmore insieme a quello di Abraham Lincoln, Thomas Jefferson e Theodore Roosevelt.
Sin dalla tenera età si è dimostrato subito molto portato per le materie scientifiche; questa propensione lo ha spinto probabilmente a intraprendere gli studi di geometra-agrimensore. Infatti dal 1749 ha lavorato per un certo periodo come agrimensore nei pressi di Shenandoah in Pennsylvania. Del suo lavoro come perito restano alcune carte topografiche da lui compilate che denotano la grande passione e maestria nel campo della nascente scienza urbanistica. Della sua vita privata restano poche tracce in quanto tutti gli anni più importanti li ha dedicati al servizio alla nazione: egli stesso ha definito i suoi incarichi politici non come un privilegio, bensì come un dovere al quale si sarebbe sottratto volentieri.
Ritiratosi a Mount Vernon dopo aver abbandonato la scena pubblica definitivamente, morì nel dicembre 1799.
Washington ha influenzato in modo decisivo la scelta di dove erigere la nuova capitale. Fino al 1790 era stata New York la capitale degli Stati Uniti per poi divenire nuovamente Filadelfia. Quando si tentò di prendere una decisione definitiva su quale città dovesse divenire la capitale, a causa dei forti interessi economici in gioco, si creò un contenzioso di tali proporzioni tra i singoli stati che determinò una paralisi istituzionale. Nel 1790 per porre fine a questa situazione il Congresso deliberò il Residence Act con il quale si decise la costruzione di una nuova città al di fuori del territorio di uno degli stati federali.
L'incarico di progettare la nuova città fu quindi assegnato da Washington in persona all'architetto francese Pierre Charles L'Enfant che avviò i lavori nel 1791 per terminarli grosso modo nove anni più tardi. Washington D.C. divenne definitivamente la capitale degli Stati Uniti solo nel 1801, due anni dopo la morte di Washington, prendendone di fatto il suo nome.
Nella progettazione ma poi anche nelle prime fasi dell’edificazione della città alcuni riferimenti ideologici e intellettuali propri dello stesso Washington giocarono un ruolo importante e influenzarono profondamente i lavori anche dopo la morte del presidente, dando alla città una connotazione marcatamente simbolica ed esoterica.
Washington città massonica
George Washington può essere considerato anche uno dei principali esponenti della massoneria americana. Il 4 novembre 1752 è stato iniziato nella Loggia "Fredericksburg" in Virginia assumendo il ruolo di Maestro dopo poco meno di un anno. Nel 1779 gli è stato proposto il titolo di "Primo Worshipful Master" (Gran Maestro) della neonata Gran Loggia per tutti i Paesi del Commonwealth, ma rifiutò la carica perché preferì occuparsi dei problemi militari. Nell'aprile del 1788 è stato eletto invece Maestro Venerabile della Loggia di Alexandria in Virginia e l’anno successivo gli è stato conferito il titolo di Gran Maestro, carica che mantenne ed esercitò fino alla sua morte.
Quasi sicuramente è proprio l’appartenenza alla massoneria a creare i presupposti affinché l’edificazione della nuova città avesse dei riferimenti simbolici ed esoterici che facevano riferimento proprio a tale appartenenza.
Ci sono alcuni elementi urbanistici che fanno di Washington una città massonica per eccellenza.
Sin dall’antichità in molte culture la cerimonia della posa della prima pietra o comunque la costruzione di un nuovo monumento rappresentavano un momento importante soprattutto con la funzione propiziatoria e benevola nei confronti delle divinità. Tale prassi ovviamente è ben conosciuta e praticata anche dai massoni di alto rango come era per esempio Washington.
L'edificazione della città è stata organizzata in maniera quasi scientifica e si è pensato in primo luogo di edificare il simbolo stesso del potere, ovvero il Campidoglio. La prima pietra è stata posta il 18 settembre 1793 (giorno dell’equinozio di autunno) da George Washington in persona con i paramenti massonici delle cerimonie accompagnato inoltre dai maggiori esponenti della massoneria del tempo. In particolare per quanto riguarda il periodo dell'equinozio d'autunno questo può essere considerato un momento evocativo e carico di significati: in passato tale giorno veniva identificato come Michaelmas o Michael Supremo, ossia il giorno dedicato all'arcangelo di fuoco e di luce alter-ego di Lucifero. In sostanza l’equinozio di autunno indica l’equilibrio tra la luce e il buio, infatti è proprio il momento in cui la notte e il giorno hanno circa la medesima durata. Il mese di settembre poi in particolare era anche il periodo in cui si svolgevano i Grandi Misteri di Eleusi, basati sul simbolismo del grano e quindi metaforicamente della rinascita. In questo periodo si celebrava infatti il Mabon, ossia una festa iniziatica rivolta alla ricerca di un nuovo livello di consapevolezza.
Il riferimento velato con tali valenze simboliche certamente non è stato scelto a caso e aveva l’intento di augurare un buon auspicio per la costruzione della nuova capitale.
Gli aspetti esoterici e simbolici non finiscono qui: Pensylvania Avenue, la via principale, per esempio è la strada di collegamento dei due edifici più importanti, ossia Campidoglio e Casa Bianca che sono stati edificati seguendo precisi allineamenti astrali. In particolare, in questo caso vi è un riferimento esplicito alla costellazione della Vergine e quindi di riflesso esisterebbe una connessione significativa con la dea Iside.
Altro fatto degno di nota è che la pianta cittadina ricalca precisamente l'Albero della Vita ebraico, dove ci sono dei nodi importanti chiamati Sephirot, ognuno dei quali corrisponde ai relativi elementi: se sovrapposti, a ciascuno di questi nella pianta corrisponde un edificio fondamentale della città. Il primo è la Volontà Prima, in corrispondenza del quale troviamo il Lincoln Memorial, l’edificio a forma di tempio dorico dedicato al sedicesimo presidente degli Stati Uniti; in stile neoclassico è invece il monumento dedicato al terzo presidente, il Jefferson Memorial che si pone tra Giudizio e Gloria, mentre la Casa Bianca tra la quarta e la settima sphirat, ovvero Misericordia e Vittoria; alla sesta, ossia il cosiddetto Principio armonizzante, si colloca il Washington Monument, ovvero il celebre obelisco di marmo alto 169 metri eretto per commemorare proprio il primo presidente americano; alla decima infine, il Regno ovvero il Campidoglio che rappresenta il centro del potere.
Inoltre il piano regolatore di Washington si snoda in sei punti nevralgici: Dupont Circle, Logan Circle, Scott Circle, Washington Circle, Mount Vernon Square e la Casa Bianca. Questi luoghi sparsi nella città, se idealmente collegati tra di loro, riportano la figura del pentacolo, ovvero il simbolo massonico per eccellenza. Il pentacolo era ampiamente utilizzato come simbolo sacro nella pratica dei culti legati alla dea pagana Venere, incarnazione della forza, della bellezza e soprattutto della sessualità mistica. Ritorna ancora una volta il collegamento con la Vergine e con la figura della dea madre generatrice e come già accennato con Iside. Il legame con la dea Venere-Afrodite si deve al fatto che Venere, pianeta a essa associato in epoca classica, visto dalla Terra compie (in un periodo di otto anni) un percorso simile a un pentagono nel cielo. Il pentacolo, inoltre, è una rappresentazione del microcosmo e del macrocosmo: combina cioè in un unico segno tutta la creazione, ovvero l'insieme di processi su cui si basa il cosmo. Le cinque punte del pentagramma interno simboleggiano i cinque elementi metafisici ossia acqua, aria, fuoco, terra e spirito.
Un altro elemento esoterico molto importante è certamente l’obelisco, costruito nel 1848, quasi 50 anni dopo la morte di George Washington, ma ha anch’esso una valenza importante perché direttamente collegato alla costellazione delle Pleiadi visibili a distanza guardando l’estremità del monumento; inoltre si trova su una linea retta che corre precisamente a ovest del Campidoglio ed è eretto all'interno di un cerchio ideale.
Insomma, da tutti questi elementi emergerebbe un piano ben preciso nella costruzione della città e soprattutto nella disposizione dei monumenti e degli edifici più importanti: una vera e propria struttura simbolica che riveste l’intera città di un impalpabile velo di misticismo ed esoterismo.
Con questa chiave di lettura fa riflettere e allo stesso sembra più chiara la dichiarazione di Washington quando afferma: «Il governo degli Stati Uniti non è, in ogni senso, fondato sulla religione cristiana».
“Nostro figlio, morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto. Se avrai fatto volare la terra al di sopra della tua testa con le sue penne tramuterai in pietra le acque dei torrenti. Il diametro della sfera, il tau del circolo, la croce del globo non giovano alle persone cieche. Quando nella tua casa neri corvi partoriranno bianche colombe, allora sarai chiamato sapiente. Chi sa bruciare con l'acqua e lavare col fuoco, fa della terra cielo e del cielo terra preziosa”.
Queste misteriose frasi non si trovano in un libro di testo ma in un libro di pietra con spiccate elementi della scienza alchemica; la cosa sorprendente è che queste strane e astruse epigrafi erano inglobate sullo stipite di una porta in una delle città più belle del mondo. Stiamo parlando di Roma: città eterna, affascinante e misteriosa. Ogni angolo trasuda di storia, di arte e di bellezza; ma la capitale italiana conserva e nasconde molto di più: angoli misteriosi e sorprendenti, fuori dalla vista e dalla portata del turismo di massa, oltre gli stereotipi didascalici dei percorsi consigliati nelle pagine patinate delle guide turistiche. Luoghi che non sono solo lo specchio permanente di una storia millenaria, quella scritta nei libri di storia, ma anche scrigni che custodiscono conoscenze nascoste e spesso con marcata valenza esoterica.
Uno tra questi, per esempio, è la Porta Alchemica, detta anche Porta Magica o Porta Ermetica o Porta dei Cieli. É situata nella campagna orientale di Roma sul colle Esquilino in prossimità dell'odierna piazza Vittorio Emanuele II. Si tratta di un vero trattato inciso nella pietra e intriso di simboli carichi di significati nascosti ed esoterici. Che cos’è effettivamente la Porta Alchemica, cosa rappresenta e perché è così importante dal punto divista esoterico? Per rispondere a queste domande bisogna necessariamente partire dalle origini e dal suo costruttore.
Le origini
La Porta Alchemica è la ricostruzione parziale della residenza di Massimiliano Savelli Palombara, marchese di Pietraforte, edificata tra il 1655 e il 1680; rappresenta l'unica delle cinque porte del palazzo gentilizio pervenuta fino ai giorni nostri. Un tempo questo manufatto era addossato al muro di cinta della villa che è stata abbattuta alla fine dell’Ottocento nell'ambito del piano di risistemazione della città, divenuta nel frattempo capitale del neonato Regno d'Italia. La sua posizione originale era dunque all'interno del giardino privato della villa e non sulla pubblica piazza come appare attualmente.
Per entrare pienamente nel cuore della storia della Porta Alchemica si deve partire necessariamente da un personaggio misterioso e allo stesso tempo affascinante: Massimiliano Savelli di Palombara. Nato a Roma il 14 dicembre 1614 in una famiglia nobile dell’epoca, ha ricoperto per ben due volte nel 1651 e nel 1677 la carica di conservatore presso il Campidoglio.
Un aspetto importante della sua vita riguarda la stretta amicizia con la regina Cristina di Svezia sin dal suo primo soggiorno romano nel 1655; la loro amicizia era profondamente legata alla passione comune per l'alchimia. Il marchese Palombara, infatti, presso la sua villa, aveva fatto realizzare un proprio laboratorio alchemico seminterrato, mentre la sovrana svedese ne aveva allestito uno a palazzo Riario (oggi Palazzo Corsini sulle pendici del colle Gianicolo e attualmente sede dell'Accademia Nazionale dei Lincei), dove gli esperimenti erano condotti sotto la direzione dell'alchimista bolognese Pietro Antonio Bandiera. Il rapporto di amicizia tra i due è stato documentato da una serie di poesie manoscritte, attualmente custodite nella Biblioteca Apostolica vaticana, che il Palombara ha dedicato e inviato alla regina di Svezia. Fu durante la frequentazione del salotto culturale della regina Cristina a Roma che il marchese ebbe modo di conoscere personaggi della cultura dell'epoca e in particolare molti alchimisti e scienziati.
Tra le altre cose era anche appassionato di etimologia e dei giochi di parole; questi studi erano funzionali alle prime fasi della ricerca alchemica. È proprio in questo strano incrocio di vite e di passioni che la storia assume le connotazioni sfumate tra mito e realtà.
Ai confini della leggenda
Le indicazioni scolpite dal marchese nella sua residenza fanno riferimento certamente alla sua passione per i testi antichi e molto probabilmente le stesse iscrizioni oltre ad avere una valenza alchemica potrebbero nascondere messaggi cifrati derivanti proprio dalla passione del nobile per i giochi di parole. Non è da escludere poi che egli praticasse personalmente, come abbiamo già accennato, esperimenti nei campi della metallurgia ma anche nell’ambito dello studio delle erbe officinali oltre che delle proprietà magiche delle pietre e dei minerali; si possono ritrovare, infatti, numerosi riferimenti ad alcuni passi letterari di Dioscoride e Plinio il Vecchio che egli stesso cita sovente all'interno dei propri scritti.
Il marchese Palombara nutriva, infatti, una passione anche per le lettere, tanto da dedicare alla sua amica Cristina di Svezia il suo poema rosicruciano “La Bugia” redatto nel 1656 e secondo una leggenda la stessa Porta Alchemica sarebbe stata edificata nel 1680 come celebrazione di una riuscita trasmutazione alchemica avvenuta proprio nel laboratorio della regina a Palazzo Riario.
Secondo un’altra leggenda riferita nel 1802 dall'erudito Francesco Girolamo Cancellieri, uno stibeum pellegrino (ossia una specie di stregone legato al trattamento dell’antimonio), si fermò nella villa per una notte. Costui, identificabile molto probabilmente con l'alchimista Francesco Giuseppe Borri, ha dimorato nei giardini della villa alla ricerca di una misteriosa erba capace di produrre l'oro; il mattino seguente è stato visto scomparire per sempre attraverso la porta, ma ha lasciato dietro di sé alcune pagliuzze d'oro frutto di una riuscita trasmutazione alchemica oltre che una misteriosa carta piena di enigmi e simboli magici che secondo alcuni studiosi potrebbero contenere il segreto della pietra filosofale.
È importante ricordare che la pietra filosofale sarebbe dotata di tre proprietà straordinarie: fornire un elisir di lunga vita in grado di conferire l'immortalità, costituendo la panacea universale per qualsiasi malattia; far acquisire l'onniscienza, ovvero la conoscenza assoluta del passato e del futuro, del bene e del male; la possibilità infine di trasmutare in oro i metalli vili.
Il marchese ha fatto incidere sulle cinque porte di villa Palombara e sui muri della magione il contenuto del manoscritto, mettendo in bella vista in particolare i simboli e gli enigmi nella speranza che un giorno qualcuno fosse riuscito a decifrarli. Forse l'enigmatica carta potrebbe riferirsi al misterioso manoscritto Voynich che faceva parte della collezione di testi alchemici appartenuti al re Rodolfo II di Boemia e ricevuti forse proprio da Cristina di Svezia. Il manoscritto Voynich è un misterioso codice illustrato risalente molto probabilmente al XV secolo e scritto con un sistema di scrittura che a tutt'oggi non è stato ancora decifrato. Il trattato contiene inoltre immagini di piante che non sono identificabili con alcun vegetale attualmente noto, mentre il linguaggio usato nel testo non appartiene ad alcun sistema alfabetico e linguistico conosciuto.
Una storia, dunque, fitta di misteri soprattutto se si passa all’analisi dei simboli incisi sulla porta.
I simboli e il loro significato
I simboli incisi sulla Porta Alchemica possono essere rintracciati nelle illustrazioni dei libri di alchimia e filosofia esoterica che circolavano verso la seconda metà del Seicento, periodo di realizzazione della stessa porta. In particolare, il disegno sul frontone rappresenta due triangoli sovrapposti molto simile al frontespizio del libro allegorico-alchemico di stampo rosacruciano “Aureum Seculum Redivivum” di Henricus Madatanus (pseudonimo di Adrian von Mynsicht). La dottrina dei Rosacroce copriva svariati campi scientifici e le loro pratiche erano basate sul concetto importante che solo gli adepti iniziati potevano avere accesso ai segreti di alcune conoscenze.
I due triangoli intersecati rappresentano il sigillo di Davide circoscritto in questo caso da un cerchio, con la punta superiore occupata da una croce collegata a un cerchio interno e la punta inferiore dell'esagramma occupata da un oculus: si tratta in altre parole dei simboli alchemici del sole e dell'oro. Fa riflettere a tal proposito un’epigrafe ormai scomparsa che recitava: “Accontentati (sile) del solo sale (cioè del sapere) e del sole (cioè della ragione)”.
Il triangolo con l'oculus invece è molto simile al simbolo analogo della piramide che compare sulle banconote statunitensi da un dollaro, tra l'altro accompagnato da una scritta in latino “Novus Ordo Seclorum” che richiama la scritta “Aureum Seculum Redivivum”. Tale simbologia è stata adottata anche dalla setta degli Illuminati di Baviera.
Sul frontone, inoltre, è riportata anche la scritta: “Tre son le cose mirabili: Dio e uomo, Madre e vergine, trino e uno”.
I simboli alchemici lungo gli stipiti della porta seguono la sequenza dei pianeti associati ai corrispondenti metalli: Saturno-piombo, Giove-stagno, Marte-ferro, Venere-rame, Luna-argento, Mercurio-mercurio. Tale sequenza è stata forse ripresa dal testo “Commentatio de Pharmaco Catholico” pubblicato nel “Chymica Vannus” del 1666. Ad ogni pianeta viene associato un motto ermetico, seguendo il percorso dal basso in alto a destra, per poi scendere dall'alto in basso a sinistra, secondo la direzione indicata dal motto in ebraico “Ruach Elohim” ossia il “soffio di Dio”.
Ai lati della porta sono presenti due statue che raffigurano la divinità egizia Bes. Questi spaventosi demoni nani erano considerati numi tutelari della casa e dell’infanzia. Nel Medio Regno il loro culto si era affermato in tutto l'Egitto ed erano considerate divinità contro il malocchio, le forze del male e tutelari anche della musica, della fertilità e del matrimonio. Nel mondo romano, inoltre, le loro immagini sono collegate al culto di Iside.
Sulla base della porta si trova la rappresentazione di una monade che simbolicamente fa riferimento all’Uno, ossia l’unità di base dell’essere che racchiude in sé ogni aspetto del mondo fisico e metafisico. Al di sotto di essa si legge una locuzione palindroma “Si Sedes Non Is” ossia “se siedi non vai” che al contrario si trasforma invece in “Si Non Sedes Is” ossia “se non siedi vai”. Forse uno dei tanti giochi di parole del marchese, ma sicuramente carichi di valenze esoteriche.
Ci sono poi le epigrafi ormai scomparse dal tenore sibillino. Una si trovava proprio sulla porta della villa e recitava così: “Oltrepassando la porta di questa villa, lo scopritore Giasone (cioè il pellegrino alchimista) ottiene vello di Medea (oro)”. Un’altra in particolare faceva riferimento a: “l'acqua con la quale i giardini sono annaffiati non è acqua dalla quale sono alimentati”. Forse, però, c’è una scritta che racchiude il senso di tutta questa storia e anche il significato più nascosto: “chi svela gli arcani della natura al potente (alla persona influente) cerca da se stesso la morte”.