Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012
Attualmente redattore del mensile Mistero
rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno
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Il 5 maggio 2022 il presidente del Consiglio Mario Draghi e Mark Zuckerberg si sono incontrati a Palazzo Chigi e hanno discusso anche di metaverso, un termine nuovo e curioso di cui si ente sempre più parlare. Secondo il portavoce di Meta, nuovo marchio di Facebook: «Nell’incontro di oggi abbiamo confermato la nostra collaborazione con il governo italiano per valorizzare i punti di forza del paese nei settori tecnologico e del design e identificare futuri investimenti. Per dare vita al metaverso sarà necessario uno sforzo congiunto tra aziende, mondo politico e società civile».
Un nuovo mondo è alle porte: il metaverso.
Origini del metaverso
Il termine è stato utilizzato per la prima volta nel romanzo di fantascienza di Neal Stephenson dal titolo Snow Crash del 1992 come combinazione dei termini meta e universo. Stephenson caratterizza il metaverso come un'immensa sfera nera di 65.536 chilometri di circonferenza, tagliata in due all'altezza dell'equatore da una strada percorribile anche su di una monorotaia con 256 stazioni, ognuna a 256 chilometri di distanza. In questa sfera ogni persona può realizzare in 3D ciò che desidera: negozi, uffici, nightclub e altro, il tutto potenzialmente visitabile dagli altri abitanti. Quella di Stephenson è una visione futuristica dell’attuale rete internet, frequentata dalle fasce della popolazione medio alte; la differenza tra le classi sociali è rappresentata dalla risoluzione del proprio avatar (da quelli in bianco e nero dei terminali pubblici fino a quelli in 3D dei ricchi) e dalla possibilità di accedere a luoghi esclusivi (come ad esempio il Sole Nero).
Seguendo le suggestioni romanzate di Stephenson questa visione è diventata sempre più “reale”. Nel 2021 Meta Platforms Inc. ha assunto diecimila persone in Europa per strutturare e creare il metaverso. Nello stesso anno Facebook ha cambiato il nome in Meta. Non è però solo l’azienda di Zuckerberg a puntare su questa nuova realtà virtuale che si può considerare come un vero e proprio mondo parallelo, ma anche altre aziende stanno investendo e facendo ricerche in questo ambito, come ad esempio la Microsoft.
L'accesso al metaverso è semplice: basta registrarsi su specifiche piattaforme e avere un visore o un dispositivo per la realtà virtuale che permette di vivere l'esperienza pienamente. Il salto nell’altro mondo è ora possibile.
Che cos’è il metaverso
Nella letteratura futurista e nella fantascienza il metaverso, come abbiamo visto, è un'ipotetica iterazione di Internet come un unico mondo virtuale universale e immersivo, facilitato dall'uso di cuffie per la realtà virtuale (VR) e la realtà aumentata (AR). Nel linguaggio colloquiale, invece, il metaverso è una rete di mondi virtuali 3D incentrati sulla connessione sociale. Il recente interesse per lo sviluppo del metaverso è influenzato dalla contemporanea implementazione del cosiddetto Web3, ossia la rete di nuova generazione concepita come un sistema di iterazioni decentralizzati.
In altri termini è una nuova visione di modernità, totalmente tecnologica, che punta a delineare lo spazio online, 3D e virtuale e che collega tra loro gli utenti in tutti gli aspetti della loro vita. Questo concetto comporterà il collegamento di più piattaforme tra loro, proprio come oggi Internet, tramite un unico browser, permette l'accesso a diversi siti web.
Per quanto il metaverso sia ancora un progetto in corso e in espansione, cominciano a delinearsi le prime caratteristiche peculiari: si tratta di spazi tridimensionali dove gli utenti si muovono liberamente utilizzando degli avatar; qui si può giocare, creare, lavorare e anche concludere accordi commerciali. Gli spazi virtuali possono essere creati dagli utenti stessi che li mettono a disposizione di altri: per rendere possibile il collegamento tra lo spazio reale e quello digitale si usano la realtà aumentata e tecnologie di realtà ibride.
La nuova realtà
Il metaverso si sta diffondendo nella sua fase preliminare tramite i videogames di nuova generazione in stretta relazione con il diffuso utilizzo della realtà virtuale in 3D e cercando di mantenere una porta di comunicazione con il mondo reale. Per esempio, il videogioco Roblox ospita anche eventi virtuali come concerti e incontri. I giocatori non si limitano solo a giocare, ma svolgono anche altre attività legate al cyberspazio. Nel videogioco multiplayer Fortnite, invece, 12,3 milioni di giocatori hanno partecipato al tour musicale virtuale di Travis Scott all'interno dell’ambiente virtuale del gioco.
Come accennato, il metaverso riguarderà tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana che saranno “virtualizzati” in un unico luogo. Considerando che molte persone lavorano già da casa, nel metaverso si potrà entrare in un ufficio 3D e interagire con gli avatar dei colleghi.
Parlando in termini di valore economico in un recente studio, realizzato intervistando oltre 3.400 persone tra consumatori e dirigenti d’azienda, entro il 2030 il metaverso arriverà a valere cinque trilioni di dollari preannunciandosi come la più grande nuova opportunità di crescita per diversi settori nel prossimo decennio con lo sviluppo di nuovi modelli di business, prodotti e servizi. Il potenziale impatto del metaverso, sottolinea la ricerca, varia a seconda del settore, anche se si ritiene che le implicazioni ricadranno su ogni ambito. Ad esempio, potrebbe avere un impatto notevole sul mercato e-commerce compreso tra i 2 trilioni e i 2,6 trilioni di dollari, un giro d’affari dai 180 ai 270 miliardi di dollari sul mercato dell’apprendimento virtuale accademico, dai 144 miliardi ai 206 miliardi di sul mercato pubblicitario e dai 108 miliardi ai 125 miliardi sul mercato del gaming.
Dentro il metaverso
Le piattaforme più famose che attualmente possono essere considerate vere e proprie porte di accesso in questo nuovo mondo sono tantissime; tra queste possiamo, per esempio, citare Horizon Worlds, lo spazio virtuale lanciato da Mark Zuckerberg e a cui si può accedere con il proprio account Facebook e indossando i visori Oculus. A febbraio 2022, Horizon Worlds contava circa 300 mila utenti iscritti pronti a sfruttare le varie funzioni presenti sulla piattaforma, come giocare, costruire un mini-mondi separati da quello collettivo e partecipare a eventi virtuali. A questa si aggiunge la versione dedicata prettamente al lavoro, Horizon Workrooms. Ad ogni modo, la piattaforma creata da Meta è un chiaro esempio di metaverso centralizzato.
Diverso, ma già particolarmente famoso, è invece Decentredland, una piattaforma open source costruita sulla blockchain di Ethereum, esempio invece di metaverso decentralizzato. Gli utenti possono creare il proprio avatar scegliendo il tipo di fisico, l’abbigliamento e gli accessori. Dopodiché si aprono alcune possibilità, a partire, per esempio, dalla compravendita di lotti di terreno sui quali edificare e organizzare eventi, utilizzando una valuta chiamata Mana. Quest’ultima può essere usata anche per acquistare NFT (in italiano oggetti non fungibili ossia di proprietà di un unico individuo), opere d’arte digitali e altro ancora.
Infine, possiamo citare, simile a Decentredland, la piattaforma The Sandbox, ossia un’altra piattaforma decentralizzata. Si tratta anche in questo caso di un mondo virtuale dove, ancora una volta, si accede creando un avatar secondo il proprio stile: l’utente può comprare lotti di terreno tridimensionali sui quali organizzare eventi e sfruttare le opportunità di promozione del proprio brand. Anche in questo caso esiste una valuta propria alla piattaforma chiamata Sand.
Rischi e pericoli del metaverso
Internet dunque è destinato a divenire un enorme metaverso ossia un insieme di spazi virtuali attraversati da avatar, un passo avanti rispetto alla realtà virtuale come la conosciamo attualmente. La nuova dimensione “verso” ci porta ad affrontare un tema fondamentale legato allo sviluppo umano futuro ossia l’identità: non solo quella digitale in sé, bensì quella dell’avatar all’interno del villaggio globale e virtuale. L’avatar non è solo una icona grafica in forma di pupazzo, ma è il rappresentante dell’identità di una persona in carne e ossa e porta con sé tutta una serie di problematiche e di potenzialità. Se ragioniamo con gli standard tradizionali avere una identità permette il riconoscimento di diritti e di doveri. È così nel mondo reale; ma è altrettanto scontato anche in quello virtuale del metaverso?
Lo sviluppo di questo nuovo sistema porta con sé una serie di riflessioni e di domande alle quali è necessario dare una risposta o almeno tentare: dobbiamo prepararci a viverlo, a fronteggiarne i rischi e le incognite. Al contempo, sarebbe opportuno iniziare già a predisporre regole che non ci facciano trovare impreparati di fronte al sopraggiungere di quesiti giuridici difficilmente risolvibili con le regole che abbiamo nel paradigma del mondo reale.
Affinché il metaverso possa diffondersi, diventare capillare e di uso comune dovrebbe superare alcuni interrogativi; per esempio: chi gestirà il metaverso? La soluzione plausibile potrebbe essere affidarsi a un’organizzazione senza scopo di lucro che gestisca tutto sullo stile di quanto sta succedendo adesso con Internet. Ma poi collegato a tutto questo: come si faranno rispettare le regole nel metaverso? Ci sarà un sistema di regole strutturate? Chi le farà e soprattutto come saranno applicate?
Sistemati questi aspetti, bisognerà pensare alla gestione della privacy, alle ripercussioni sulla società da tutti i punti di vista e all’egemonia tecnologica che potrebbe crearsi.
Se, in futuro, lavoreremo, socializzeremo e acquisteremo anche articoli virtuali nel metaverso, avremo bisogno di un sistema strutturato per dimostrare la titolarità della proprietà e l’identificazione della nostra identità in tutti questi ambiti. Dovremo anche sentirci al sicuro quando scambieremo questi oggetti e il denaro all'interno del metaverso. Infine, se tutto questo costituirà una parte così importante della nostra vita, sarebbe importante anche avere un ruolo nel processo decisionale che prenderà piede all’interno di questo nuovo habitat.
Alcune applicazioni del metaverso sono ben spiegate nella lettera aperta scritta da Zuckerberg in cui racconta: «Nel metaverso, sarai in grado di fare quasi tutto ciò che puoi immaginare - stare insieme con amici e familiari, lavorare, imparare, giocare, fare acquisti, creare - oltre a esperienze completamente nuove che non si adattano molto al modo in cui pensiamo computer o telefoni oggi. Abbiamo realizzato un film che esplora come un giorno potresti usare il metaverso». Zuckerberg continua evidenziando come l’uso del metaverso possa tradursi in un ottenimento di vantaggi nell’ambito della vita professionale ma anche legati alla sostenibilità ambientale: «In questo futuro sarai in grado di teletrasportarti istantaneamente come ologramma per essere in ufficio senza fare il pendolare, a un concerto con gli amici o nel soggiorno dei tuoi genitori per recuperare il ritardo. Questo aprirà più opportunità, non importa dove vivi. Potrai dedicare più tempo a ciò che conta per te, ridurre il tempo nel traffico e ridurre la tua impronta di carbonio».
Sembra tutto molto bello, ma siamo veramente disposti a barattare la vecchia condizione umana per quella più nuova e cartonata del nostro avatar?
«Per quanto brutto sia il tuo ritratto, mi serve per il migliore degli scopi e ora capisco perfino come mai le madonne nere, i più offensivi ritratti della divina madre, possano trovare una venerazione indistruttibile e perfino più veneratori di quanti ne hanno i bei ritratti». Queste frasi sono tratte da una curiosa lettera del 1856 scritta da Karl Marx e indirizzata alla moglie. Non propriamente, forse, la persona più adatta a parlare di madonne nere, ma questo testimonia effettivamente, da sempre, la grande curiosità sull’argomento.
La madonna nera è una rappresentazione iconografica sottoforma di dipinto o di scultura, spesso accompagnata dal Bambino Gesù, il cui volto ha un colorito scuro se non proprio nero. É molto diffusa in Italia, Francia, Polonia, Spagna e in molte altre nazioni.
Molti santuari dedicati a questa devozione sono sorti in corrispondenza di luoghi di culto più antichi. La diffusione in occidente di queste immagini è molto antica: secondo la leggenda il presule sardo sant'Eusebio di Vercelli, primo vescovo del Piemonte, esiliato in Cappadocia per le persecuzioni ariane, nel IV secolo avrebbe portato in Italia tre statue di madonne nere, tuttora venerate rispettivamente nei santuari di Oropa, di Crea e nella cattedrale di Cagliari.
Gli elementi distintivi
In tutto il mondo esistono una miriade di icone dipinte classificate come madonne nere; secondo alcuni il ritratto originario potrebbe essere stato dipinto da San Luca. Il modello iconografico di riferimento è quello dell'Odigitria. Questa parola deriva dal greco ed è composta dai termini odos che significa strada ed egheter ossia indicare e indica in maniera composita colei che indica la via. In queste raffigurazioni, infatti, la madonna è rappresentata seduta, con il Bambino Gesù in braccio che in genere indica con la mano sinistra. Gesù è simbolicamente la Via. Questa iconografia era prevalentemente diffusa durante il periodo medievale nell'arte bizantina e in quella russa.
Ci sono alcuni elementi caratteristici che rendono le madonne nere distintive: in particolare alcuni aspetti orientaleggianti come i diademi regali tipici della cultura arabo – bizantina. Altri simboli ricorrenti della composizione sono: il trono, i globi terrestri o le mele, i gioielli risalenti ad epoche precristiane e gli abiti scuri. Tutti questi elementi, a esclusione del trono e dei globi terrestri o altro frutto generico, non sono presenti nelle statue e icone dall’incarnato roseo.
L’autore francese Jacques Huynen, uno specialista delle vergini nere, ha individuato tredici caratteristiche tipiche:
Perché il volto è nero
La ragione principale della colorazione scura del volto potrebbe essere rintracciata in primo luogo nel fatto che probabilmente questo sia stato alterato dal fumo (delle candele o di un incendio) o dal cambiamento dei pigmenti a base di piombo della pittura; sarebbe questo, per esempio, il caso della Madonna di Montserrat in Catalogna. Spesso la finitura in foglia argento di micro spessore si è ossidata nel tempo, lasciando la superficie nera.
In altri casi, invece, il colore scuro potrebbe essere dovuto a un adattamento ai caratteri somatici delle popolazioni non europee: come per esempio nel caso di molte madonne africane e di Nostra Signora di Guadalupe in Messico.
Vi è poi il caso delle icone bizantine (molto diffuse nell'Italia meridionale e nell'Europa orientale) che rispondono a una precisa scelta stilistica e teologica di non rappresentare i personaggi sacri con corpi naturali, ma come evocazioni spirituali.
In altri casi il valore simbolico dei loro volti scuri resta sconosciuto e misterioso anche per gli esperti, lasciando spazio a diverse opzioni spesso anche troppo fantasiose.
Il collegamento con la dea Iside
Il culto delle madonne nere quasi sicuramente è riconducibile a dee antichissime come Iside, ma anche Demetra, Artemide, Cerere, Cibele, Diana e alle divinità celtiche ovvero le Matrone. Le antiche madri della civiltà mediterranea sono tutte epifanie di un’unica divinità primigenia: la Grande Madre della Terra, matrice di tutte le cose.
Suggestivo è invece il collegamento con la divinità dell’antico Egitto conosciuta come Isis con il figlio Horus. Anch’essa si presenta in trono ma in una composizione primitiva e nettamente diversa: Iside non ha nulla a che vedere con l’atteggiamento di madre premurosa delle rappresentazioni mariane dall’incarnato scuro; ma semplicemente l'iconografia originale che identificava la dea Iside era nera in quanto rappresentava la notte che partoriva l'alba, cioè il Dio sole. Successivamente, con la diffusione del cristianesimo si è avuta un'identificazione e trasposizione del culto isiaco con quello mariano.
Le madonne nere e i templari
La diffusione e il culto delle madonne nere in occidente sembrano essere stati particolarmente intensi all'epoca delle crociate, sia perché molti dalla Terrasanta portarono in patria icone orientali, sia per l'azione di diffusione di alcuni ordini religiosi, come per esempio carmelitani e francescani in primis. Anche i templari sono stati particolarmente legati al culto delle madonne nere, soprattutto tramite la figura di san Bernardo di Chiaravalle (estensore della regola dei templari) che ha scritto un commento al Cantico dei Cantici in cui la sposa nigra sed formosa (Ct 1, 5), principale personaggio del libro, è considerata una delle figure femminili dell'Antico Testamento che può essere interpretata come archetipo profetico della figura della Vergine. Il colore scuro di alcune statue potrebbe essere stato scelto per identificare la madonna con la donna del Cantico dei Cantici (“bruciata dal sole” e “scura come le tende dei beduini”). La predicazione di san Bernardo, quindi, potrebbe essere una delle cause della diffusione del culto delle madonne nere.
Le Madonne Nere presenti in Italia
Tra le madonne nere più famose in Italia troviamo la Madonna di Loreto o Vergine Lauretana. Questa devozione risale al XVI secolo ed è indirizzata a una madonna con il volto annerito presumibilmente dal fumo delle lampade a olio, oltre che dall’alterazione dei pigmenti originari. Quando nel 1921 un terribile incendio ha ridotto in cenere la statua originale, si è deciso di farne un’altra mantenendone il colore e per fare questo è stata scolpita nel legno di un cedro del Libano preso dai Giardini Vaticani.
Nel Santuario di Oropa, presso Biella, invece si venera dalla prima metà del Trecento la statua gotica della madonna nera le cui origini si perdono negli antichi culti precristiani dei celti. Infatti, l’intero santuario sorge presso i massi erratici che anticamente erano luoghi di culto pagani legati alla fecondità.
Nel santuario della Madonna Nera di Tindari si venera una statua bizantina giunta dal mare per sfuggire alla persecuzione iconoclasta in Oriente. Anche in questo caso è stata realizzata in cedro del Libano e raffigura la madonna seduta su uno scranno che riporta incisa la citazione dal Cantico dei Cantici: nigra sum sed formosa ossia sono nera ma bella.
Le Madonne Nere presenti nel mondo
Secondo l’ultimo censimento specifico sono state schedate 745 rappresentazioni mariane dall’incarnato scuro nella sola Europa. Tra queste possiamo citare Saintes-Maries-De-La-Mer in Francia dove si venerano tre Marie giunte dal mare dalla Palestina, in fuga dalle persecuzioni dopo la crocifissione di Gesù. Una di loro era Maria Maddalena, sorella di Marta e di Lazzaro; le altre erano Santa Maria di Cleofa e Maria Salomé, due delle pie donne che sono state testimoni della morte di Cristo. La venerazione per queste donne si mescolò con il folklore gitano, assimilando a loro la figura di Sara, la Kalinera, ossia una regina rom che comandava le tribù del delta del Rodano e che aveva predetto l’arrivo delle pie donne e le aveva salvate dal naufragio della loro zattera. Anche Sara ha il volto nero e nel tempo ha preso il posto di Maria Maddalena nell’immaginario e nella devozione popolare.
L’analisi simbolica
È innegabile che il Cristianesimo nascente abbia dovuto, per potersi imporre, soppiantare i culti esistenti, in particolare sostituire i culti primigeni della Grande Madre con quello della Vergine Maria.
Bisogna innanzitutto partire dall’analisi simbolica cromatica in chiave religiosa e spirituale: il colorito scuro delle rappresentazioni mariane potrebbe essere inteso come riferimento dell’iniziazione alla vita eterna. Il colore nero, in questo contesto, è altamente simbolico: si tratta della Prima Materia, l'ingrediente base che permette all'alchimista la realizzazione della Grande Opera, ossia la realizzazione della Pietra Filosofale nella prima e cruciale fase detta appunto nigredo. Non a caso, rivela l'adepto Fulcanelli nella sua opera più famosa Mistero delle Cattedrali, le parole materia e madre hanno la stessa radice, mater, che sancisce il connubio tra la Grande Madre, la Madre di Dio e la Prima Materia dell'Opera. Rappresenta, altresì, la morte spirituale dei filosofi e dei grandi mistici, la morte in sé che precede la rinascita, il ritorno alla luce e l'unione spirituale con il principio divino.
In antichità, infatti, era opinione comune che la vita avesse avuto origine dal nero; a questo colore si attribuisce una potenzialità generatrice e feconda in quanto nel ventre materno conosciamo l’oscurità e ci prepariamo a incontrare la luce. Il nero, dunque, non come fine ma punto da cui sorgerà la luce e per questi motivi il colore prescelto per raffigurare la Vergine, cioè colei che con la sua maternità ha dato la vita terrena al Cristo.
Secondo alcune teorie le raffigurazioni della vergine con la pelle di colore scuro in realtà non rappresentano Maria di Nazareth, la madre di Gesù, ma Maria Maddalena e il bambino che tiene in braccio sarebbe in realtà il figlio avuto da Gesù. Tra le varie ipotesi proposte c'è chi afferma, in particolare, che la Maddalena appartenesse a un sodalizio sacro chiamato Ordine di Dan; le adepte erano naziree laiche e le madri superiori, come lo era appunto Maddalena, avevano il diritto a vestire di nero come i nazirei.
Alla luce di tutte queste considerazioni sibillini appaiono, pertanto, i versi del Cantico dei Canti: «Bruna sono ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone. Non state a guardare se sono bruna, perché il sole mi ha abbronzato. I figli di mia madre si sono sdegnati con me: mi hanno messo a guardia delle vigne; la mia vigna, la mia, non l’ho custodita».