Sabato, 05 Ottobre 2024

Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012

Attualmente redattore del mensile Mistero

rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno

 

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Notizie ANSA

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Il sangue di Caino: il mito del male

“Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro. Guai a coloro che si credono sapienti e si reputano intelligenti”. I versetti biblici appena citati (Isaia 5:20-21) potrebbero racchiudere esaustivamente il senso del libro “Il sangue di Caino” di Enrica Perucchietti e Paolo Battistel uscito in libreria in queste settimane ed edito da “Terre Sommerse”.

Il libro

La nuova fatica della coppia torinese è una ricostruzione poderosa, dettagliata e trasversale della figura del primo assassino della storia e come recita il sottotitolo del libro, un excursus ad ampio spettro: l’eterna maledizione del figlio del serpente, dalle origini del mito biblico alla letteratura neo-gnostica.

 Emerge prepotente dalle pagine del libro la figura enigmatica di Caino, figlio di Adamo ed Eva, ma anche di Satana, esule errante, omicida salvato dal marchio dell’immortalità dallo stesso Dio che lo ha condannato, ma ancora ribelle, iniziato o “semplicemente” essere maledetto e semidemone.

Caino è tutto questo e la sua complessità si dipana ed emerge grazie a un’accurata ricerca degli autori che analizzano le fonti ebraiche originali della Bibbia e del Haggadah, passando attraverso l’analisi di culti gnostici come quelli dei Cainiti, dei Manichei e dei Catari, fino ad arrivare ai riferimenti rintracciabili nella letteratura esoterica e religiosa dal Medioevo ai giorni nostri.

Il grande pregio di questa ricerca è di riportare al lettore una storia che affonda le sue radici nella notte dei tempi, riscrivendola avvalendosi delle conoscenze trasversali e multidisciplinari e toccando temi esoterici, religiosi, filosofici e mitologici. Non poteva essere diversamente, considerato il background degli autori.

Gli autori

Enrica Perucchietti vive e lavora a Torino come giornalista e scrittrice. E’ laureata con lode alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Torino con una tesi di ricerca di Storia delle Religioni e si è specializzata in esoterismo. Ha collaborato con numerose riviste e ha partecipato in due edizioni del programma televisivo “Mistero” in onda su Italia Uno. Al suo attivo ha ben diciassette libri già pubblicati.

Paolo Battistel vive e lavora a Torino dove si è laureato col massimo dei voti in Filosofia, con indirizzo mitologico, specializzandosi nello studio dei miti e delle lingue antiche del Nord Europa. Attualmente lavora come collaboratore giornalistico di riviste web e cartacee.

 La figura di Caino

La grande maestria narrativa dei due autori e la preziosa chiarezza espositiva conducono il lettore per step successivi e progressivi alla scoperta di una miriade di collegamenti che pur puntando tutti sulla figura poliedrica di Caino, compongono un puzzle dove ogni tessera meriterebbe un accurato approfondimento.

 Per capire ed esplorare i tratti salienti del testo è necessario riportare i passi biblici di riferimento (Genesi 4:1-16):

"Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavora­tore del suolo. Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore: anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso.

Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbat­tuto. Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto?

Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il tuo istinto, ma tu dominalo».

Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.

Allora il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono! Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden".

 La prima cosa notevole da rimarcare nell’intera vicenda di Caino e Abele è certamente il concetto di dualità; questo è il fil rouge concettuale che tiene insieme tutto il costrutto narrativo biblico. Un filo rosso, proprio come il sangue di Caino che poi a ben vedere è quello di suo fratello Abele.

 Il testo biblico ci presenta i due fratelli distinguendo la loro professione; uno agricoltore e l’altro allevatore, ma uniti da un elemento comune: la terra, la stessa che Dio ha utilizzato per la creazione adamitica. La dualità, però, ben presto diventa divisione e distacco; ecco l’altro tema importante. La divisione è insita nello spirito umano; nella narrazione biblica nasce in sordina, fino a esplodere poi nella tragedia della violenza e della morte. La divisione tra i due fratelli da prima è strisciante, ma poi diventa conclamata con il diverso trattamento di Dio. Già Eva alla nascita del primogenito Caino si lascia sfuggire un commento di parte: «Ho acquistato un uomo dal Signore»; nessun commento, invece, è attribuito alla nascita del fratello minore Abele.

 L’accentuarsi della divisione avviene, poi, proprio per mano di Dio che apprezza maggiormente e in maniera decisa gli animali primogeniti portati in sacrificio da Abele. L’atteggiamento apparentemente discriminatorio si comprende meglio nel passo successivo, quando Dio dona da subito una soluzione all’ormai evidente contrasto tra i due fratelli: ecco che Dio riconduce il tutto al grande tema del peccato, conseguenza immediata dell’istinto non dominato. Sembra quasi che voglia mettere alla prova Caino e ripropone in tal modo il tema dell’imperfezione strutturale dell’uomo, soggetto all’istinto, all’errore e quindi inesorabilmente al peccato. Un copione già visto nel caso del peccato originale. E’ importante notare a tal riguardo che la preferenza di Dio per Abele e per i sacrifici degli animali ha una forte valenza simbolica: lo stesso Abele sarà poi sacrificato e questo ci riporta ovviamente alla figura del Cristo. Sembra quasi che la vicenda di Caino e Abele sia un archetipo anticipatore del Cristo Salvatore. Abele e Cristo sono sacrificati per salvare Caino e più in generale l’uomo, entrambi persi nel peccato innescato dalla gelosia e dall’invidia.

 Si arriva, dunque, all’epilogo cruento: il fratello maggiore, quello che Eva definisce “un uomo dal Signore” uccide il fratello minore. Il sacrificio è compiuto. Abele sconta sulla propria pelle il dolore del sacrificio. Con la violenza entra in gioco un altro elemento importante; Caino nega e trova delle scuse al cospetto di Dio: la menzogna e l’astuzia hanno preso pieno possesso dell’uomo. Dio, però, ascolta la voce del sangue di Abele che sale dalla terra e sposta l’attenzione nuovamente sulle origini, ossia sull’elemento primordiale della creazione; la terra, materia prima della sua creazione umana così imperfetta. La stessa terra coltivata proprio da Caino e che ora accoglie il sacrificio di sangue di Abele. Ecco il sangue di Caino, simbolo della vita e negazione della stessa. Non a caso nella mitologia di Caino è individuato come bevitore del sangue. E’ solo in questo momento che Caino forse si rende conto che il suo peccato è gravissimo e imperdonabile. Questo significa inesorabilmente l’allontanamento da Dio.

 Ecco il colpo di scena; ”ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato”. Caino è ormai lontano da Dio, ma è salvo e addirittura nessuno potrà fargli del male.

Sullo sfondo resta la grande domanda di sempre: perché Dio permette che possa esistere la violenza, l’omicidio e la sofferenza? La risposta ovviamente non è scontata, ma forse si può rintracciare riflettendo sul fatto che in fondo Caino è il primo uomo nato sulla terra e anche il primo assassino e forse lo è proprio perché è nato dagli uomini e non creato da Dio. Per inciso anche nell’episodio del peccato originale non è Adamo (creato da Dio) a peccare, ma Eva creato dall’uomo.

Il male è stato introdotto dal serpente e da Satana che si è accoppiato secondo gli esegeti ebrei direttamente con Eva. Questo ci riporta verso uno schema della quaternità di Jung (Padre, Figlio, Spirito Santo e Satana).

Sono numerosi, dunque, gli spunti di riflessione che sgorgano dalle pagine del libro di Enrica Perucchietti e Paolo Battistel. Un’opera che si può definire un libro “aperto” per riflettere senza pregiudizi su tematiche che si sviluppano a raggiera, ma per tornare sul versetto biblico di apertura “guai a coloro che si credono sapienti e si reputano intelligenti”.