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Rassegna stampa

 

Notizie ANSA

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Serve ancora la formazione professionale in Basilicata N.100 26/11/2011

Uno scenario desolante per il passato, ma preoccupante per il futuro. Si potrebbe descrivere in questi termini il settore della formazione professionale in Basilicata. E’ quanto emerso dalla presentazione, tenutasi proprio in questi giorni, del “Rapporto sulle caratteristiche della formazione professionale gestita e realizzata in Basilicata nel periodo 2006/2010”. Lo rende noto il capogruppo Sel, Giannino Romaniello, sottolineando che “l’attività di ricerca si è orientata sull’analisi documentale e statistica delle attività svolte nella regione Basilicata con i relativi impatti in termini occupazionali e professionali. E’ un’analisi descrittiva delle modalità di fare e gestire la formazione professionale in Basilicata”. La ricerca è stata curata dal sociologo Antonio Sanfrancesco e dall’esperto di formazione Giuseppe Giudice. Spiega il promotore: “Un lavoro che si pone come obiettivo la conoscenza delle attività formative, diversificate per tipologie e interventi specifici, realizzate sia nel periodo della precedente programmazione dei fondi strutturali, 2000/2006, sia nella attuale fase di programmazione, 2007/2013, e i loro effetti sull’occupazione locale e sui cambiamenti organizzativi delle imprese in generale e su altre strutture organizzative. Inoltre, lo studio analizza anche gli effetti dell’accreditamento delle strutture formative operanti in Basilicata in seguito all’emanazione delle procedure di gestione delle attività formative”. Le criticità riscontrate sono innumerevoli. Il dato di partenza è la spesa complessiva: tra il 2006 e il 2010 gli interventi totali sono stati 806 per una spesa totale di 97 milioni 629 mila euro. I fondi a disposizione sono stati divisi nel seguente modo: il 50% dei fondi comunitari sono stati delegati alle province e quindi alle Agenzie Apof-Il per Potenza e Ageforma per Matera (in dettaglio 31,6 % alle agenzie, 18,6% agli organismi interni alla regione, 14% agli enti di formazione e il 10% a istituti scolastici). Con questa massa di risorse finanziarie impiegate ci si aspetterebbe un’ottima ricaduta a livello occupazionale. Invece, i dati sono impietosi. Infatti, dal quarto trimestre 2007 allo stesso trimestre di riferimento del 2010 le persone in cerca di occupazione sono aumentate del 50%, di questi il 30% senza nessuna esperienza di lavoro. La formazione professionale, dunque, è fine a se stessa e crea poca occupazione. Nonostante gli enti di formazione siano oltre duecento si riscontra una carenza di interazione con il mondo delle imprese e, dal lato istituzionale, sono notevoli le difficoltà per effettuare la verifica dei risultati rispetto agli obiettivi. Le pecche più gravi si registrano proprio da parte dell’attore istituzionale che dovrebbe garantire il buon funzionamento dell’intero sistema formativo. Nel corso degli anni, infatti, ogni assessore che si è succeduto ha avuto una propria idea per l’accreditamento degli enti di formazione. La rete formativa, inoltre, è stata concepita come strumento di ammortizzatore sociale, assistenzialismo e soprattutto come serbatoio per il consenso elettorale. Le difficoltà registrate sono oggettive. Da ultimo, dopo l’introduzione del D.L. n. 138 del 2011, l’utilizzo dei tirocini formativi e di orientamento ha subito ulteriori limitazioni. Sono stati, infatti, introdotti vincoli stringenti che hanno interessato le tipologie di tirocini formativi e di orientamento rivolti a giovani neodiplomati o neolaureati e che, ai sensi dell’art. 11, non possono avere una durata superiore a sei mesi; infine, possono essere promossi unicamente entro e non oltre 12 mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio. Nel corso della presentazione del rapporto sono stati avanzati alcuni suggerimenti sui quali lavorare: la realizzazione di percorsi di formazione continua in favore delle imprese attraverso procedure a sportello, percorsi di alternanza scuola-lavoro, certificazione delle competenze dei formatori e l’incentivazione della pratica del libretto formativo con il coinvolgimento dei centri per l’impiego. Il gruppo Sel propone, inoltre, di realizzare un “Patto del lavoro”. Sarebbe indispensabile, quindi, attivare un centro di monitoraggio e di valutazione (botton up) in grado di fornire i risultati non solo in termini di apprendimento ma anche di occupazione. Si dovrebbe, infine, terminare il processo di delega piena alle province come previsto dalla normativa vigente in materia (legge della formazione professionale). In questo contesto la funzione della regione dovrà essere quella di programmare le azioni formative. Rimane, inoltre, ancora da attuare la nuova normativa sull’apprendistato (decreto legislativo n. 167/2011). In questo scenario “precario” resta un dubbio: a chi serve veramente la formazione? Ai formatori o a chi ne deve usufruire? 

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N.100 26/11/2011