Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012
Attualmente redattore del mensile Mistero
rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno
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Il protagonista del romanzo La misteriosa fiamma della regina Loana di Umberto Eco, a un certo punto della narrazione, porta in discussione nella sua seduta di laurea uno strano libro dal titolo difficile e quasi impronunciabile: Hypnerotomachia Poliphili. Tradotto letteralmente sarebbe
Combattimento amoroso di Polifilo in sogno: uno strano titolo per un libro. Cosa tratta questo libro antico con un titolo così astruso?
Lo stesso libro viene anche menzionato nella prima scena del film La nona porta di Roman Polański (1999). Vi è poi un romanzo del 2004 che si basa proprio su questo strano testo: si tratta de Il codice del quattro di Ian Caldwell e Dustin Thomason.
Perché così tanto interesse nei confronti di questo libro?
Più di un semplice libro…
Il volume è un romanzo allegorico con 169 illustrazioni xilografiche stampato a Venezia da Aldo Manuzio il Vecchio nel dicembre 1499.
L'edizione originale dell'Hypnerotomachia Poliphili è un capolavoro tipografico ed è da molti considerato il più bel libro nella storia della stampa. È celebre, infatti, proprio per la qualità e la nitidezza tipografica, ottenuta con l'utilizzo di un carattere romano appositamente inciso da Francesco Griffo.
Le immagini a corredo del testo mostrano, in elaborate scene, le strutture architettoniche e i personaggi che il protagonista incontra nei suoi sogni. Le illustrazioni sono forse la parte migliore del libro: lo stile grafico di delicata ispirazione classica è al contempo semplice e ornato, in perfetta armonia con i caratteri tipografici usati nel testo.
Lo stile delle illustrazioni xilografiche ha avuto una grande influenza sugli illustratori inglesi del tardo XIX secolo, come Aubrey Beardsley, Walter Crane e Robert Anning Bell.
Il testo è stato attribuito a diversi autori (tra cui, oltre allo stesso tipografo Aldo Manuzio, anche a Leon Battista Alberti, Giovanni Pico della Mirandola e Lorenzo de Medici).
Un acrostico contenuto nel testo però, formato dalle iniziali dei 38 capitoli, indicherebbe l'autore dell'opera in un certo Francesco Colonna.
Lo psicoanalista Carl Gustav Jung aveva una grande ammirazione per questo libro, ritenendo che le immagini oniriche preannunciassero la sua teoria degli archetipi.
La trama
Nelle prime pagine è indicata una strana dedica di un certo Leonardo Grassi di Verona, probabile committente, indirizzata all’urbinate Guidobaldo di Montefeltro, noto ai più come figlio di Federico da Montefeltro.
Il tema trattato si colloca nella tradizione del romanzo cavalleresco, secondo le convenzioni dell'amor cortese, un tema caro anche agli aristocratici del Quattrocento.
La storia narrata si svolge nel 1467 e si sviluppa attraverso elaborate descrizioni di scene dove il protagonista è Polifilo (il cui nome deriverebbe dal significato di amante di molte cose, dal greco polú e philos); egli vaga in una sorta di paesaggio onirico bucolico-classico in cerca della sua amata Polia.
Il racconto descrive un sogno erotico, ma anche un viaggio iniziatico, metafora della trasformazione interiore e della ricerca dell'amore platonico. Il viaggio iniziatico richiama alla mente quello di un altro grande romanzo dell'antichità, ossia le Metamorfosi di Apuleio.
La vicenda narrata inizia con Polifilo insonne perché la sua amata si è allontanata da lui. Il protagonista viene trasportato in una foresta selvaggia, dove si perde, incontra draghi, lupi, fanciulle e meravigliose architetture, poi fugge e si riaddormenta.
Quindi si sveglia in un secondo sogno, sognato all'interno del primo, durante il quale alcune ninfe lo conducono dalla loro regina e lì gli chiedono di dichiarare il suo amore per Polia. Polifilo dichiara il suo amore e poi due ninfe lo conducono davanti a tre porte. A quel punto sceglie la terza porta e lì scopre la sua amata. I due sono condotti da altre ninfe in un tempio per la cerimonia del fidanzamento. Lungo la strada passano attraverso cinque processioni trionfali che celebrano la loro l'unione. Successivamente Polifilo e Polia sono trasportati nell'isola di Citèra su un'imbarcazione con Cupido come nocchiero; lì vedono un'altra processione trionfale che celebra ancora una volta il loro amore.
La narrazione è ininterrotta, ma a questo punto si inserisce una seconda voce: Polia descrive l'erotomachia dal suo punto di vista.
Poi Polifilo riprende la narrazione mentre Cupido appare in sogno a Polia e la costringe a tornare da Polifilo (svenuto come morto ai suoi piedi) e lo riporta in vita con un bacio.
Venere, a questo punto, benedice il loro amore e gli amanti finalmente sono uniti. Quando Polifilo sta per prendere Polia tra le sue braccia questa si dissolve nell'aria e Polifilo si sveglia definitivamente.
I significati simbolici
Il testo è scritto in una lingua forse volutamente difficile definita polifilesco: un misto di italiano e latino, ricco di parole coniate da radici greche e latine, oltre a termini ebraici e arabi presenti anche nelle illustrazioni. Il libro contiene anche alcuni geroglifici egiziani, naturalmente con un significato idealizzato e non filologico, non essendo stato ancora decifrato all'epoca. Lo stile dell'autore è elaborato, descrittivo e caratterizzato da un ampio uso di superlativi.
Bisogna innanzitutto partire dal titolo nella sua versione estesa che recita Hypnerotomachia Poliphili, ubi humana omnia non nisi somnium esse docet atque obiter plurima scitu sane quam digna commemorat ovvero, tradotto in volgare: La Hypnerotomachia di Polifilo, cioè pugna d’amore in sogno, dov’egli mostra che tutte le cose humane non sono altro che sogno et dove narra molt’altre cose degne di cognitione.
La prima lettera di ogni capitolo, decorata in modo elaborato, come già detto, forma un acrostico: POLIAM FRATER FRANCISCVS COLVMNA PERAMAVIT (frate Francesco Colonna amò intensamente Polia).
Chi è Francesco Colonna? Ci sarebbero almeno due ipotesi. Una prima fa riferimento a Francesco Colonna principe romano, dal 1484 signore di Palestrina, frater dell’Accademia Pomponio Leto; questa consorteria si riproponeva di tornare all’antica religione pagana, progettando di assassinare addirittura il Papa. Pomponio Leto fondó l’accademia e i suoi accoliti frater erano soliti partecipare a riti orgiastici, omosessuali e probabilmente magici. Leto, inseguito dalle autorità papali, per accuse di eresia, era stato incarcerato per sodomia proprio negli anni in cui fu scritto il romanzo (1467 o successivi) e proprio a Venezia. I riferimenti alla cultura egizia e alla mitologia pagana potrebbero portarci in quella direzione.
L’altro Francesco Colonna potrebbe essere un frate domenicano di origine veneziana che tra il 1467 e il 1477 risiedeva nel convento Santi Giovanni e Paolo a Treviso, nella stessa città dove abitava Polifilo. Il frate è stato esiliato a Venezia nel 1477 perché “troppo rilassato” cioè sensibile alle lusinghe materiali. Morì nel 1527 quasi centenario. Nel libro è stata celata forse la sua storia d’amore clandestina, magari idealizzata con il nome di Polia?
Ritornando ai significati nascosti del testo possiamo dire che forse l’intento finale potrebbe essere quello di mostrare come tutte le cose per cui l’uomo combatte, compreso l’amore e la vita stessa, in fondo, non siano nient’altro che un sogno.
Probabilmente il teso ha anche un altro livello di lettura che potrebbe essere collegato all’esaltazione di una spiritualità libera da dogmi e imposizioni, in cui l’anima seguirebbe il suo naturale percorso verso la rinascita; in effetti l’opera fa riferimento alla mitologia greco-romana, ma si possono cogliere anche numerosi accenni al cristianesimo primitivo e ai culti iniziatici di Iside e Osiride.
Alla luce di queste considerazioni si può leggere l’Hypnerotomachia Poliphili come un percorso iniziatico in cui l’eroe, dopo varie avventure tra sogno e realtà e dopo aver passato anche un’esperienza di morte e risurrezione, raggiunge e completa una trasformazione interiore e la libertà spirituale.
È probabile il testo volesse offrire una specie di sintesi della lunga tradizione dei culti misterici e della tradizione sapienziale; bisogna ricordare, infatti, inoltre che il bisogno di riunificare varie tradizioni, religioni e filosofie era molto sentito proprio dai filosofi rinascimentali. In tal modo il testo andrebbe ricondotto a un preciso filone che va sotto il nome di romanzi misteriosofici.
Il messaggio nascosto del testo potrebbe essere, dunque, l’amore inteso come evoluzione spirituale e trasformazione partendo dalla prima forma del desiderio concupiscente, ossia la passione puramente sensuale che è di fatto una complicata lotta interiore tra anima e corpo. Quando Polifilo se ne libera, può finalmente presentarsi al cospetto di Venere, perché solo allora è pronto per vivere pienamente un amore più elevato. La bellezza e l’amore a quel punto vengono percepiti non solo con i sensi, ma anche con l’anima; il percorso di Polifilo non ha il fine di sacrificare i sensi, ma di purificarli, elevarli e affinarli.
Forse il messaggio autentico di tutto il testo si può capire immergendosi con anima pura nell’allegoria della storia ma anche interpretando nel modo giusto le sibilline frasi finali: «Felix Polia, che vive sepolto. Luminoso Marte Polifilo a riposo. Ti ha già svegliato dal sonno». Poi ancora: «Ma se potessi vedermi sbocciare, sarebbe grande…L'immagine dell'universo meravigliosa…L'ombra cade. Il fiore è secco, non è mai tornato in vita. Arrivederci».
«La nostra stella è unica, eppure è doppia. Sappiate distinguere la sua impronta reale dalla sua immagine e noterete ch'essa brilla con più intensità alla luce del giorno che nelle tenebre della notte». Questi versi sibillini appartengono a un misterioso personaggio di cui si sa ben poco, ma che ha saputo trasmettere nei suoi scritti un complicato e complesso sistema di conoscenze. Il suo pseudonimo è Fulcanelli. Chi era costui? Perché si nascondeva dietro un nome di fantasia? Qual è il contenuto dei suoi libri?
Il mistero dell’identità
La fama di Fulcanelli ha raggiunto ogni continente e i suoi libri sono stati venduti in milioni di copie. Sicuramente l'alone di mistero che avvolge questa figura del secolo scorso ha contribuito a fomentare l'interesse anche nei confronti dei suoi scritti.
Il suo nominativo è stranamente molto diffuso nella cultura popolare: è presente, per esempio, in un brano di Frank Zappa intitolato But who was Fulcanelli? Ma viene citato anche nel famoso libro L'alchimista di Paulo Coelho oltre che nel romanzo Il pendolo di Foucault di Umberto Eco.
In primo luogo possiamo dire, con relativa certezza, che dietro questo nominativo si nasconda un alchimista. Probabilmente, infatti, l’adozione del suo nome fittizio è riconducibile all'unione delle parole Vulcano ed Helio, ossia due elementi che rimandano ai fuochi alchemici. Molti sono i personaggi che sono stati accostati a questo personaggio: Jean Julien Champagne, René Adolphe Schwaller de Lubicz, Camille Flammarion, Pierre Dujol o Jules Violle. Qualcuno ha pensato anche a Eugène Canseliet, ma egli si è sempre solo dichiarato suo discepolo e curatore delle prefazioni dei suoi libri.
Un'improbabile e fantasiosa ipotesi vede poi nell'identità Fulcanelli il famoso alchimista rinascimentale Nicolas Flamel, il quale dopo aver dedicato anni di studi sull'elisir di lunga vita l’abbia poi realmente realizzato rimanendo in vita fino al secolo scorso e assumendo appunto l’identità dello scrittore.
Secondo la ricercatrice Geneviève Dubois, sulla base di lettere, testimonianze e di una dettagliata e paziente ricerca ha avanzato una precisa ipotesi sull’identità: Fulcanelli sarebbe stato in realtà Jean-Julien Champagne, alchimista, artista e pittore parigino, maestro di Canseliet, nato nel 1877 e morto nel 1932 all’età di cinquantacinque anni. Champagne avrebbe goduto di una ventennale e feconda collaborazione con René Schwaller de Lubicz, esoterista ed egittologo a cui avrebbe rubato l’idea e i manoscritti originali per dettarli all’ignaro Canseliet che, in buona fede, li avrebbe fatti pubblicare nel 1926 e nel 1930.
René Schwaller giunse a Parigi nel 1910, divenendo un allievo di Matisse; a questo periodo risalirebbe il primo contatto con l’ambiente occultista parigino e l’incontro con Champagne. Quest’ultimo, appartenente a un circolo ermetico, aveva ritrovato nel 1913 un raro esemplare degli scritti di Newton, ossia un manoscritto di sei pagine che stimò essere del 1830. Questi fogli probabilmente contenevano il segreto delle manipolazioni alchemiche che avevano permesso la realizzazione dei famosi colori blu e rossi utilizzati nelle vetrate della cattedrale di Chartres. Invano tentò di decifrarlo passando molte ore in laboratorio. Proprio in quel periodo decise di avvicinare Schwaller, conoscendo il suo interesse per l’alchimia. Gli propose, dunque, la decodifica del manoscritto e un’eventuale collaborazione. Schwaller ne rimase colpito e, nonostante non stimasse Champagne, decise di stipulare un accordo: avrebbe versato una somma mensile al pittore per la sua sussistenza, in cambio della quale Champagne avrebbe lavorato all’aspetto operativo. Nel contratto era stata però stipulata una clausola: qualsiasi cosa fosse successa, nessuno avrebbe dovuto sapere dell’esistenza di questo patto, alla cui conclusione si sarebbero separati senza rivelarne a nessuno l’esistenza e senza affrontarne più l’argomento.
Nel 1916 l’allora sedicenne Eugène Canseliet venne presentato a Champagne, divenendone presto l’allievo. Eugène Canseliet, tra le altre cose, tempo dopo ha dichiarato di essere stato avvicinato da un misterioso personaggio che gli avrebbe detto: «Si può vivere infinitamente più a lungo di quanto l’uomo “non sveglio” possa immaginare. Si può cambiare totalmente di aspetto. Io lo so, i miei occhi sanno. So anche che la Pietra Filosofale è una realtà. Non si potrebbe insegnare l’Alchimia. Tutte le grandi opere letterarie che hanno varcato i secoli contengono una parte di questo insegnamento. Esse sono il prodotto di uomini adulti, veramente adulti, che hanno parlato a bambini. Nessuna grande opera è in difetto sui Principi».
Secondo la testimonianza di Canseliet, il personaggio identificato come Fulcanelli avrebbe realizzato la Grande Opera (alchemica) nel 1922, in età già avanzata e da allora si sarebbe liberato dei limiti spazio-temporali, entrando così nella ristretta fratellanza di adepti immortali. Proprio in quell’anno, Canseliet, seguendo le dirette istruzioni di Fulcanelli, realizzò la sua prima trasmutazione in una camera dell’Officina del Gas situata in via Taillepied a Sarcelles, cittadina francese non lontano da Parigi: da una certa quantità di piombo vennero prodotti 120 grammi di oro fino, grazie alla Pietra che Fulcanelli aveva portato con sé.
Il contenuto esoterico delle opere
Le opere di Fulcanelli sono straordinarie perché, in qualità di alchimista operativo nel senso più antico del termine, cercano di divulgare, partendo dal simbolismo ermetico, i punti principali della Grande Opera illustrandone i principi teorici e la prassi sperimentale.
Fulcanelli ha scritto Il mistero delle cattedrali nel 1926 e Le dimore filosofali nel 1931 nei quali sono analizzati e spigati i simboli alchemici presenti nelle architetture delle antiche cattedrali gotiche.
Canseliet ha sostenuto che Fulcanelli abbia scritto anche un terzo libro, Finis Gloriae Mundi, che gli è stato consegnato per la pubblicazione ma poi ritirato in un secondo momento; il titolo di quest'ultimo libro faceva riferimento a un dipinto di Juan de Valdés Leal conservato presso la chiesa della Santa Caridad a Siviglia. Due sarebbero le versioni di questo misterioso trattato, comunque poco compatibili con le altre opere e di dubbia provenienza: una apparve già nel 1988 sulla Tourbe des Philosophes e l'altra fu affidata a Jacques d'Ares.
Le opere pubblicate possono essere considerate come un eccellente compendio di scienza ermetica attraverso lo studio dell’arte gotica. L’alchimia è stata definita dall’autore come la ricerca della perfezione e il risveglio spirituale affrancandosi dal peso della materia. Lo scopo alla base delle operazioni ermetiche è la permanente purificazione che conduce alla trasmutazione spirituale dell’adepto.
A partire dal Mistero delle Cattedrali, Fulcanelli intreccia l’analisi approfondita delle chiese gotiche francesi, Notre-Dame de Paris, la cattedrale di Amiens e quella di Bourges, all’esposizione dei significati occulti dei simboli e dei miti esoterici e delle pratiche alchemiche.
Basandosi su quella che chiama cabala fonetica (anche conosciuta come Lingua Verde) collega l'espressione “arte gotica” non dall'aggettivo gotico nel senso deteriore di “barbaro”, ma da art goth e quindi da argot, rimarcando la sua derivazione da una lingua segreta nota solo agli iniziati che avrebbe ispirato le decorazioni scultoree delle chiese medievali sottoforma d'immagini allegoriche.
Elementi architettonici come i rosoni e decorazioni pavimentali come i labirinti sono parimenti ricondotti a una simbologia esoterica. La figura della Madonna col Bambino (e specialmente la Madonna Nera) discenderebbe dall'immagine di Iside che allatta il figlio Horus, mentre quella di san Cristoforo simboleggerebbe proprio la figura del ricercatore alchimista.
Scopo dichiarato dell’autore è illustrare il significato originario e reale della scienza alchemica e, al contempo, ristabilire il valore straordinario dell’arte gotica e della cultura medievale, dimostrando il carattere falso e artificioso delle critiche mosse al medioevo dagli storici e scrittori a partire dal Rinascimento.
La chiesa gotica è considerata, quindi, il tempio alchemico per eccellenza; essa costituisce la glorificazione muta, ma espressa con immagini dell’antica scienza ermetica. Le cattedrali gotiche sono state costruite dai framassoni per assicurare proprio la trasmissione dei simboli della dottrina ermetica; gli artisti del medioevo testimoniano come questo periodo non conobbe per niente le tenebre dell’oblio della conoscenza ma vide, al contrario, il fiorire di eccezionali opere filosofiche e di trattati ermetici.
L'autore si augurava, infine, che la sua opera potesse essere d'aiuto a chi volesse accostarsi senza pregiudizi all'alchimia ed esortava il lettore che si volesse cimentare ad essere rigoroso e scrupoloso nella sua ricerca, tenendo sempre bene a mente quattro parole d'ordine: Sapere – Potere – Osare – Tacere.
Fulcanelli, dunque, nella sua opera sulle cattedrali precisava che: «Quaggiù non esistono né il caso, né la coincidenza, né i rapporti fortuiti; tutto è previsto, ordinato e regolato, e non spetta a noi modificare a nostro piacimento la volontà imperscrutabile del destino».