Giornalista iscritto all'Albo Nazionale dal 2012
Attualmente redattore del mensile Mistero
rivista dell'omonima trasmissione televisiva di Italia Uno
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“Ci si abbandona a sogni che non possono e non devono essere turbati” afferma Albus Silente, il mentore di Harry Potter. A guardare le cifre della saga, forse, è proprio vero. Si parla di 450 milioni di copie in dieci anni, traduzioni in 77 lingue e tiratura iniziale italiana del primo volume conteggiate in 20mila copie: sono questi i numeri impressionanti del caso editoriale mondiale degli ultimi anni. Di certo i sogni di J.K. Rowling (pseudonimo di Joanne Murray), autrice dell’intera opera non sono stati turbati, anzi. Nel marzo del 2006 la rivista statunitense Forbes ha stimato le sue ricchezze in un miliardo di dollari, in pratica la prima persona a diventare miliardaria esclusivamente scrivendo libri; inoltre è anche la seconda donna più ricca del Regno Unito, dopo la regina Elisabetta II. Come si arriva a tanto successo?
La saga di Harry Potter
La storia di Harry Potter è una serie di romanzi fantasy suddivisa in sette volumi con le corrispettive trasposizioni cinematografiche; il lavoro di stesura è durato cinque anni a partire dall'inizio degli anni novanta e si è concretizzato poi con le pubblicazioni edite tra il 1997 e il 2007.
L'opera è ambientata nell'Inghilterra degli anni novanta e descrive le avventure del giovane mago Harry Potter e dei suoi migliori amici Ron Weasley ed Hermione Granger. L'ambientazione principale è la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dove vengono educati i giovani maghi del Regno Unito. La scuola si trova in Scozia ed è raggiungibile immergendosi nel muro del binario 9 e ¾ della stazione di King's Cross di Londra, città magica europea per eccellenza.
Il racconto prende le mosse con Albus Silente, preside della scuola, che è costretto ad affidare il piccolo Harry Potter agli zii materni; il ragazzo ha un passato non chiaro dove certamente gioca un ruolo importante la strana cicatrice che ha sulla fronte. Rubeus Hagrid, il guardiacaccia della scuola di Hogwarts, infatti, gli racconta che i suoi genitori sono stati assassinati dal più grande mago oscuro di tutti i tempi, il cui nome è Lord Voldemort.
Ogni libro della serie rappresenta un anno nella vita di Harry dagli undici ai diciassette anni; i primi sei libri descrivono anche ogni singolo anno scolastico trascorso nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Simbolicamente si tratta di un viaggio iniziatico che progressivamente comporta un incremento della conoscenza dell’arte magica.
Tutta la storia è ambientata nel mondo reale, ma si sviluppa anche in un mondo magico parallelo che convive da sempre con quello delle persone comuni non magiche definite “babbani.
Il secondo livello di lettura
Fin qui tutto ciò che è scritto nei libri e che è stato abbastanza fedelmente riportato negli episodi dei film, ma proseguendo con un’analisi più approfondita si scoprono cose interessanti. C’è molto altro, disvelando la patina di buonismo di cui è ammantato.
Harry Potter buono o cattivo? Solo un maghetto occhialuto frutto della fervida immaginazione della sua ideatrice? Si è scomodato addirittura un papa; secondo Papa Benedetto XVI, infatti, la saga del giovane mago protagonista dei fortunati romanzi di Joanne K. Rowling «è una sottile seduzione che corrompe i giovani cristiani». Basti pensare, poi, alle parole di Voldemort quando dice «non esiste il bene e il male, esiste solo il potere» o ancora quando il provetto mago e i suoi amici si esprimono dicendo «giuro solennemente di non avere buone intenzioni».
In primo luogo si nota in ciascuno dei libri che l'atmosfera generale è un po' più cupa rispetto a quello che lo precede; il filo conduttore dei vari volumi è comunque sempre la lotta del piccolo mago con Voldemort che assume varie sembianze; solo nel quarto episodio c’è il primo faccia a faccia, quando lo stesso Voldemort prende forma nel corpo di Peter Minus. Il tutto, ovviamente, condito da una sequela di incantesimi con creature magiche e rituali in luoghi fantastici. Addirittura in alcuni casi i protagonisti parlano con gli spiriti. La trovata geniale dell'autrice che ha poi decretato il successo è stata riproporre in chiave giovanile e moderna le grandi leggende del passato: il mito di Merlino, l’incontro con gli Unicorni e i Centauri, la sfida ai Draghi, il canto ammaliatore delle Sirene e il tema del labirinto.
Voldemort, "il Signore delle tenebre", il cui nome viene pronunciato stentatamente, per lo più sostituito da "Tu-Sai-Chi", sembrerebbe un’allusione all'usanza ebraica di non pronunciare il nome
di Yahweh. Inoltre in tutti gli episodi non manca la celebrazione del Natale, svuotato però di ogni significato cristiano e lasciando quasi emergere implicitamente la valenza pagana della festa del sole che rinasce.
Il mondo tenebroso di Harry è un chiaro contrasto tra i buoni e i cattivi; il bene è sempre premiato e il male castigato: in realtà, però, i parametri morali sono capovolti perché anche i buoni ricorrono alle stesse armi dei cattivi.
Nel quarto episodio, in particolare, i sortilegi si moltiplicano e diventano facilmente quasi malefici, fino alla tragedia sanguinosa di uno stregone nero, Codaliscia, che uccide un compagno di Harry in un cimitero davanti ai suoi occhi. Poi ha luogo uno strano rituale, durante il quale il terrificante Voldemort riunisce il suo spirito in un corpo umano.
Le pratiche magiche sono molteplici: telecinesi, ovvero lo spostamento degli oggetti a distanza; materializzazione e smaterializzazione, divinazione attraverso gli specchi o immergendosi nell’acqua. Tutte pratiche potenti esercitate dai buoni spesso in maniera simpatica. In questi anni, come conseguenza, tanti bambini e ragazzi hanno cominciato a interessarsi di magia e occultismo e a desiderare di diventare maghi e streghe.
Forti e trasversali sono, poi, i riferimenti alla mitologia classica; gli esempi più palesi sono rappresentati dai maridi, dalle sirene di omerica memoria, dai centauri, dai cavalli alati, dai lupi mannari, dalle chimere, dalle manticore, dagli ippogrifi e da molte altre creature magiche ereditate della tradizione greco-romana. Fra tutti salta agli occhi il rifermento a Cerbero, il leggendario cane a tre teste che faceva la guardia al mondo dei morti. Vi è spazio anche per i troll, i famigerati mostri della mitologia nordica.
Una curiosità, inoltre, conferma l’essenza esoterica di tutta l’opera: Harry Potter ha la stessa data di nascita della sua autrice, il 31 luglio; la stessa anche di una delle più celebri esoteriste dell’Ottocento: Madame Blavatsky. In Ucraina, sua terra natale, per tradizione chi nasce la notte tra il 30 e il 31 luglio possiede grandi virtù ed è chiamato a fare grandi cose. Inoltre a Hogwarts si studia la divinazione proprio sul libro di testo di una certa Cassandra Vablatsky. Un anagramma che richiama senza dubbio proprio il nome della celebre occultista.
Il terzo livello di lettura
Nei romanzi di Harry Potter vi è ancora un ulteriore livello di lettura, ancora più celato. Aspetti meno evidenti e più criptici che però puntano al più vasto panorama esoterico e simbolico. Si possono riscontrare moltissime citazioni, dalla mitologia celtica a quella greca, dall'alchimia alla criptozoologia e si attinge a piene mani anche dagli stereotipi classici legati alla magia.
Prima di tutto la numerologia. Harry Potter inizia la sua avventura all’età di undici anni. Questo numero ha un valore simbolico molto forte nei circoli esoterici. A farla da padrone, però, è certamente il numero sette che ricorre spessissimo: non a caso anche la storia è divisa in sette volumi. Tale numero è ritenuto magico e divino. Il sette richiama, infatti, i cicli della terra e l’armonia dell’universo. Questa sua unicità è ribadita dal fatto che è il risultato della somma del tre (simbolo dello spirito o del maschile) e del quattro (simbolo della materia o del principio femminile). Anche la presenza della mandragola in uno degli episodi ci riconduce alla dualità maschio /femmina perché proprio la sua radice è caratterizzata da una peculiare biforcazione che ricorda tradizionalmente la figura umana (maschile e femminile).
Non mancano i riferimenti alle società segrete, espressi con maggiore evidenza in particolare in “Harry Potter e l’Ordine della Fenice”. Altro elemento importante si riscontra nell’ultimo episodio e nello specifico nel simbolo con cui vengono rappresentati i “Doni della Morte”: una sorta di occhio triangolare dalla pupilla verticale; all’interno dello stesso vi sono un cerchio e una linea retta che spacca in due triangolo e cerchio. Il triangolo simboleggia il “Mantello dell’Invisibilità”, il cerchio, invece, raffigura la “Pietra della Resurrezione” e la linea, infine, rappresenta la “Bacchetta di Sambuco”. Questo simbolo, se lo si guarda attentamente, ricorda molto da vicino la piramide con l’occhio al centro che è uno degli emblemi dell'Ordine degli Illuminati.
Tre oggetti (mantello, pietra e bacchetta) che danno al suo possessore il dono di elargire la vita e la morte e la possibilità di preservarsi da quest’ultima. Questa è una tematica massonica: come dimostra, infatti, il rituale di iniziazione in cui si mette in scena la morte e la resurrezione dell’iniziato. Nel primo episodio addirittura appare in bella mostra anche un pavimento a scacchi, con un chiaro riferimento al tempio massonico.
I richiami ai circoli esoterici non son isolati, ma costanti: in tutta la saga il compito, per esempio, di recapitare i messaggi è affidato al gufo, animale questo da sempre associato alla notte e alle tenebre, oltre ad essere chiaramente un riferimento al Bosco Boemo e agli incontri a sfondo esoterico che in esso si tengono.
Inoltre Harry scopre, suo malgrado, di parlare il “Serpentese”, ossia il linguaggio dei rettili. In tutte le tradizioni antiche, a partire da quella ebraica biblica, in cui il rettile sinuosamente arrotolato all'albero della conoscenza tenta Adamo ed Eva con il frutto proibito, altro non è che un simbolo del discernimento fra bene e male. Il serpente, infatti, rappresenta proprio la conoscenza, intesa come mezzo per l’uomo di elevarsi a conoscenze superiori e iniziatiche.
Nel primo romanzo della serie, “Harry Potter e la Pietra Filosofale”, vi sono altri chiari riferimenti
all’esoterismo: la pietra filosofale, per esempio, è la mitica sostanza che, secondo gli alchimisti, dovrebbe tramutare il metallo vile in oro. Un’altra particolarità della pietra sarebbe quella di ricreare l’elisir di lunga vita. Nel romanzo vi è anche una citazione a Nicolas Flamel. Si pensa che sia stato l’unico a trovare la pietra filosofale e a ricavarne l’elisir. Altri elementi alchemici sono rintracciabili anche nel secondo libro con la figura del mostruoso Basilisco, un chiaro collegamento all' Uroboros. Nella trattazione classica questo simbolo rappresenta l’eterna ciclicità che ha inizio da una fine precedente e una fine che genera un nuovo inizio. Sempre nel secondo libro vi è anche un richiamo alla Fenice, il mitico uccello di fuoco che rinasce dalle proprie ceneri. Tutto questo è un chiaro principio alchemico che associa la morte a una sorta di rinascita.
Un elemento particolare, poi, appena accennato ma rilevante è il potere curativo del sangue di Harry Potter; evidentemente un’allusione importante al sangue di Cristo e a tutte le tematiche ad esso collegato.
Perfino le quattro “Case” in cui è divisa Hogwarts potrebbero avere radici di riferimento nelle diverse fasi previste dal processo alchimico. “Tassorosso” rappresenterebbe il servizio e il sacrificio di coloro che lavorano in silenzio per aiutare l’umanità, definita alchemicamente “rubedo”; “Corvonero” rappresenterebbe il mago e l’iniziato al principio della sua opera quando gli insegnamenti sono ancora nel buio interiore e la luce non è ancora arrivata per far germogliare le sue potenzialità (“nigredo”); “Serpeverde” sarebbe la forza che controbilancia e che se non è adeguatamente guidata può sfociare nella distruttività, in pratica è una delle due accezioni di “albedo”; “Grifondoro”, infine, incarnerebbe l’altra accezione di albedo, ossia la trasmutazione. Harry Potter appartiene proprio a quest’ultima casa.
Insomma, in sostanza, dietro l’apparente bonario maghetto britannico si nasconde un mondo tutto da scoprire con buona pace della sua stessa fortunata autrice che ancora per bocca di Albus Silente da un leggio a forma di gufo fa dire: «La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi se solo uno si ricorda di accendere la luce».
“È giunta l'ultima era dell'oracolo di Cuma, nasce di nuovo il grande ordine dei secoli. Già ritorna la Vergine, ritornano i regni di Saturno, già una nuova stirpe scende dall'alto del cielo”. Questo verso che cita “il grande ordine dei secoli” non è l’ultima esternazione di qualche complottista. Risale al 38 A.C. ed è contenuto nell’opera le Bucoliche di Virgilio. Eppure la citazione sibillina assume un significato profetico se attualizzata e riportata ai giorni nostri.
Sin dall’antichità l’uomo ha nutrito sempre una grande curiosità per l’osservazione del cielo e un grande interesse verso le interpretazioni dei fenomeni ad esso collegato: un timore reverenziale per uno spazio dimensionale affascinante, ma allo stesso tempo percepito come distante e staccato dal contatto immediato con l’uomo. Ecco perché da sempre il cielo racchiude e porta intrinsecamente con sé un concetto carico di sacralità: sempre e costantemente a metà strada tra il divino e la mistificazione. Nel cielo si verificano tanto le apparizioni mariane quanto quelle degli ufo. Si gioca proprio su questa dicotomia e sulla valenza carica di sacralità della volta celeste l’ideazione e la messa in opera di un progetto segreto e poco conosciuto, ma che se fosse veramente attuato avrebbe dei risvolti sconvolgenti. Si tratta del “Blue Beam Project”, tradotto alla lettera significa “Progetto del Raggio Blu”: un piano militare segreto che consisterebbe nella sistematica proiezione in cielo di ologrammi su vasta scala a livello mondiale prevalentemente con colorazioni blu e tridimensionali.
Serge Monast
Già a partire dagli anni ’90 è possibile rintracciare documenti ufficiali e brevetti depositati che evidenziano la possibilità di creare ologrammi tridimensionali e in movimento per "operazioni psicologiche" a fini militari.
Il primo a parlarne, però, con dovizia di particolari è stato nel 1994 Serge Monast, un giornalista investigativo del Quebec; egli è stato anche poeta, saggista e soprattutto studioso di storia segreta e in particolare delle tematiche legate al Nuovo Ordine Mondiale. Monast è morto ufficialmente di infarto il 5 dicembre 1996, il giorno dopo aver trascorso una notte in prigione. Prima della morte del giornalista anche sua figlia è stata sequestrata e non ha fatto più ritorno a casa; molti hanno messo in relazione i due episodi, interpretandoli come intimidazioni per dissuaderlo dal proseguire le ricerche proprio in merito al Progetto Blue Beam.
L’incipit del suo articolo sull’argomento è fulminante: «L’infame progetto Blue Beam è articolato in quattro tappe intese a instaurare progressivamente la religione New Age presieduta dall’Anticristo. Va ricordato che la religione New Age è il fondamento stesso del nuovo governo mondiale, senza la quale la dittatura del nuovo ordine mondiale sarebbe del tutto impossibile. Ripeto: senza la fede universale nella religione New Age, il successo del nuovo ordine mondiale sarà impossibile! Ecco perché il progetto Blue Beam è così importante per loro ed è finora stato tenuto così ben nascosto».
Le quattro tappe del progetto
Nel suo articolo Monast spiega che il progetto è strutturato su quattro tappe operative con una tempistica ben precisa. La prima tappa consisterebbe nel capovolgimento di tutte le conoscenze archeologiche. L’idea è di provocare terremoti artificiali in determinati punti del pianeta in seguito ai quali verranno inscenate clamorose scoperte fasulle per dimostrare ai popoli l’errore in cui le dottrine religiose fondamentali sono incorse. La seconda tappa riguarderebbe un gigantesco spettacolo spaziale avvalendosi di suoni e ologrammi ottici a tre dimensioni, nonché proiezioni laser di immagini olografiche multiple in vari punti del mondo che si differenzieranno a seconda del credo religioso nazionale dominante. La voce di Dio parlerà in tutte le lingue. Secondo l’autore starebbero già perfezionando un sofisticato computer programmato con i dati relativi all’anatomia del corpo umano e alle proprietà elettriche, chimiche e biologiche del cervello. Tutti questi eventi avrebbero lo scopo di dimostrare al mondo la venuta del nuovo Cristo-Maitreya che instaurerà la nuova religione mondiale. Il cielo sarà utilizzato come un grande schermo cinematografico, mentre molteplici satelliti proietteranno simultaneamente immagini ai quattro angoli del pianeta in tutte le lingue e in tutti i dialetti. In seguito, dopo che saranno state divulgate spiegazioni a proposito dei misteri spirituali, le proiezioni di Gesù, Maometto, Buddha e Krishna si fonderanno in un’unica immagine.
Questo dio unico virtuale, ovvero l’anticristo, cercherà di spiegare che le scritture sacre sono state male interpretate e che le antiche religioni sono responsabili dei conflitti tra le nazioni; cosicché le religioni cederanno il posto al credo della New Age, rappresentata dal dio unico.
Naturalmente, da questa colossale mistificazione scaturiranno disordini religiosi e sociali di ampia portata. Inoltre questo evento avverrà in un’epoca di grande anarchia politica mondiale e di tumulto generale provocato da una catastrofe di portata planetaria.
La terza tappa del progetto Blue Beam sarebbe denominata “comunicazione elettronica a doppio senso”. Il 21 marzo 1983 il quotidiano “Sydney Morning” pubblicò un articolo secondo cui i sovietici avrebbero sviluppato una tecnologia in grado di pervadere la mente umana. A conferma di questo, per esempio, suonano preoccupanti le parole dello psicologo James McConnell: «Siamo in grado di controllare la privazione sensoriale e la manipolazione della punizione/ricompensa per ottenere un controllo quasi assoluto sul comportamento dell’individuo. Dovrebbe essere possibile realizzare un tipo di lavaggio del cervello positivo che ci consenta di operare cambiamenti nel comportamento di una persona a titolo definitivo». Si muove in tale prospettiva anche la creazione dei cosiddetti "Candidati Manciuriani", ossia persone a cui è stato fatto il "lavaggio del cervello" per utilizzarle come potenziali assassini; uno scenario descritto già nel film “The Manchurian candidate” del 2004. Nel dicembre 1980 venne pubblicato un articolo del tenente colonnello John Alexander dove dichiarava: «Molti esempi attestano incredibili progressi in tali aree. Il trasferimento di energia da un organismo all'altro; la capacità di trasmettere o guarire una malattia a distanza e il potere di provocare la morte da lontano in modo che non sia riscontrabile la causa del decesso. È possibile inoltre modificare il comportamento per mezzo di strumenti telepatici che consentono di produrre uno stato ipnotico fino ad una portata di mille chilometri, e questi sono tutti obiettivi già conseguiti. Se riusciremo ad alimentare il pensiero artificiale multigenico mediante satellite, il controllo mentale dell'intero pianeta sarà a portata di mano». Infine la quarta tappa con la massima manifestazione della "soprannaturalità" esplicitata attraverso simulazioni olografiche di invasioni aliene e del fenomeno biblico del rapimento dei cristiani al fine di spingere popolazioni intere al limite dell'isterismo e della follia, con ondate di suicidi, omicidi e disturbi psicologici permanenti. In questo contesto l’arrivo del nuovo messia, incarnato nell’anticristo, sarà invocato e ben accetto.
La tecnologia al servizio della fiction
Per creare questi effetti scenografici saranno utilizzate conoscenze scientifiche di grande importanza rimaste però sottotraccia, come per esempio quelle di Nicola Tesla. Tenendo conto dei suoi studi l’atmosfera potrebbe essere preparata attraverso l’inondazione di scie chimiche rilasciate nel cielo che surriscalderebbero la ionosfera trasformando l’atmosfera stessa in un maxi schermo; le luci inviate invece di attraversarla e di conseguenza disperdersi, si rifletterebbero appunto verso il basso, creando con l’aiuto di proiettori olografici delle immagini molto realistiche. La proiezione sarebbe effettuata direttamente dai satelliti orbitanti, usando come “schermo” uno strato di sodio fluttuante a circa 100 chilometri dalla superficie terrestre. In questo senso rivestirebbe una notevole importanza anche l’operato del progetto H.A.A.R.P., ossia il sofisticato sistema di trasmettitori di onde elettromagnetiche presente in Alaska.
Come spesso accade le metodologie che probabilmente potrebbero essere utilizzate nel progetto Blue Beam sono state già anticipate sul piccolo o sul grande schermo, proprio per abituare il cittadino comune e per testare le reazioni. È il caso, per esempio, della serie di Star Trek; in particolare negli episodi intitolati sinistramente “The God thing” e “Devil’s due” è descritto un ambiente inquinato, dove si susseguono i terremoti e a un certo punto nel cielo appaiono ologrammi della dea Ardra che sfrutta una sofisticata tecnologia per ridurre in schiavitù la popolazione, fingendo alla fine di strapparla alla catastrofe imminente.
In sostanza, dunque, sarà proprio la tecnologia sviluppata tenendo conto delle conoscenze scientifiche mantenute segrete a costituire il mezzo per lo sviluppo e l’attuazione del progetto.
È curioso notare come fasci di colore blu siano stati piazzati e proiettati verso il cielo in corrispondenza dei crateri dove prima del 2001 sorgevano le Torri Gemelle. Nell’iconografia luciferiana i demoni appaiono contornati proprio da un’aura azzurra; ma c’è un’altra caratteristica cromatica di questo colore: ha la capacità di rilassare l’individuo e di normalizzargli la frequenza del battito cardiaco e della pressione. Elementi questi essenziali per attuare, come abbiamo visto, potenzialmente il condizionamento mentale.
L’aspetto religioso
È importante notare come il progetto Blue Beam abbia una sponda significativa in alcuni versetti della Bibbia che assumono in tal senso una valenza profetica non di poco conto; infatti, per esempio in Luca 21:11 si dice: «vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo». In Matteo 24 poi viene specificato ancora meglio: «Molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti» e poco dopo «perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti».
C’è bisogno di teatro? Sì, c’è ancora bisogno di teatro: è questa la risposta che giunge dalla sesta edizione della manifestazione del concorso nazionale dei corti teatrali “Ritagliatti” che si è tenuta il 9 aprile 2016 presso l’auditorium parrocchiale S. Giuseppe Artigiano di Matera e presentata dalla giornalista Antonella Losignore. L’evento promosso dalla UILT Basilicata (Unione Italiana Libero Teatro), come ogni anno, s’inserisce nella celebrazione della giornata mondiale del teatro. Anche in questa edizione è stata ampia e variegata la partecipazione; in particolare, dopo la fase di selezione, alla serata finale, con la possibilità di mettere in scena corti di circa quindici minuti, hanno partecipato le seguenti compagnie teatrali: Associazione Artistico Culturale “La Torre del Drago” Bitritto (Bari) con “Rabbia di Lupo” di Luigi Facchino e regia di Luigi Facchino; “Centro di Cultura Teatrale Skené” di Matera con “Questi figli amatissimi” di Roberta Skerl e con la regia di Lello Chiacchio; “Compagnia Teatrale I Resti di Amleto” di Mesagne (Brindisi) con “Dialogo con Edipo” tratto da “La Tomba di Antigone” adattamento di Maria Zambrano e regia di Cesare Pasimeni; “Futura Compagna SenzArte” di Montescaglioso (Matera) con “La fattoria degli animali” di George Orwell e l’adattamento e la regia di Cinzia Suglia; Gruppo Teatrale “Tutto Esaurito” di Matera con “Divise” di Franco Sciannarella e la regia di Franco Sciannarella; “Associazione Ramulia” di Agrigento con “Sotto il sole di primavera ”di Lillo Zarbo e la regia di Lillo Zarbo.
“Cosa può dire il teatro? Tutto! Il teatro può dire tutto” ha detto Anatòlij Vasìl’ev portavoce del messaggio della giornata mondiale del teatro 2016. “Ammassi di corpi rabbiosi e
nudi. Il teatro è sempre stato e ci sarà per sempre - continua il regista russo - C’è bisogno di ogni specie di teatro. E fra le molte e diverse forme di teatro, quelle arcaiche saranno le più richieste. C’è bisogno di teatro di ogni genere”. Ecco, l’edizione targata 2016 di “Ritagliatti” è stato tutto questo e molto altro grazie alla forza espressiva del teatro, quello vero che trasuda dai corti portati in concorso. Il teatro a scena aperta, senza sipario, che ha trasmesso l’emozione vibrazionale dei personaggi interpretati dagli attori e che parlano agli spettatori, come parte terza ma primaria, in un’alchimia che solo il teatro può creare.
Il primo premio della giuria di qualità come miglior corto è stato assegnato al “Centro di Cultura Teatrale Skené” di Matera con il corto “Questi figli amatissimi” di Roberta Skerl e con la regia di Lello Chiacchio. Spaccato, volutamente caricato di comicità, della vita domestica di una famiglia “normale” che volge quasi al tragicomico quando s’intrecciano le vicissitudini della quotidianità; allora l’unica chiave di lettura e l’unica difesa possibile sono l’ironia e l’autoironia che tende al sarcasmo quando sulla scena arriva una figlia che cambia corso universitario a cadenza regolare e un figlio che ritorna a casa e porta il figlio di nome Enea che la sua compagna ha avuto però con un’altra persona; allora è pungente la battuta: “Enea è il figlio di Troia”.
Miglior attrice secondo la giuria dei giornalisti è stata segnalata Giampiera Di Monte della “Compagnia Teatrale I Resti di Amleto” di Mesagne (Brindisi) che ha interpretato “Dialogo con Edipo” tratto da “La Tomba di Antigone” adattamento di Maria Zambrano e regia di Cesare Pasimeni; questo corto si è aggiudicato anche il secondo posto nella classifica stilata dalla giuria tecnica. Un dialogo toccante tra Antigone e suo padre; un confronto figurato e reale a distanza e sulla distanza che scenicamente si traduce nella rappresentazione del padre con i piedi legati e la stessa Antigone bendata nell’estremo tentativo di immedesimarsi nella cecità visiva e affettiva del padre. È una contaminazione completa, vicendevole e continua fino alla finale e reciproca liberazione fisica e dei pensieri, perché la condanna a vivere è più crudele della condanna a morte.
La palma di miglior attore, invece, è stata assegnata a Luigi Facchino dell’Associazione Artistico Culturale “La Torre del Drago” di Bitritto (Bari) che ha interpretato “Rabbia di Lupo”; un dialogo intimo e a tratti violento con il proprio sé da parte di uno scrittore in crisi, portato in scena con l’ottima sponda interpretativa nel ruolo dell’alter ego da Francesco Latorre. La scena è avvolta così da un senso di sospensione tra il tempo che passa, i ricordi che restano, i sogni e la paura di vivere.
Al terzo posto si è classificato il corto “Sotto il sole di primavera” di Lillo Zarbo facente parte dell’Associazione “Ramulia” di Agrigento. Un monologo soffuso con la sonorità del dialetto siciliano che fa riecheggiare storie di immigrazione e di guerra che troppo spesso vengono dimenticate.
Degni di nota anche gli altri due corti in concorso. “Futura Compagna SenzArte” di Montescaglioso (Matera) ha proposto “La fattoria degli animali” di George Orwell con l’adattamento e la regia di Cinzia Suglia; un condensato significativo del celebre libro dello scrittore britannico, arguto visionario delle dinamiche politiche e dei comportamenti umani in un’analisi di contesto dove si gioca sull’inversione di ruolo tra uomini e animali e sulla sovrapposizione degli stessi istinti predatori. La sintesi è la disillusione nei confronti delle sovrastrutture che prendono il comando. Il corto “Divise” di Franco Sciannarella del gruppo teatrale “Tutto Esaurito” di Matera è, invece, la rappresentazione di due sorelle divise dalla guerra; si gioca sulla doppia eccezione del termine “divise”, nel senso di separate, ma anche come indicazione delle divise militare. Divise per colpa delle divise. Le due sorelle si parlano attraverso il muro che rappresenta la divisione generata dalla guerra; un muro che in scena è reso “umano” e rappresentato proprio dalle comparse disposte in fila, perché la guerra è essenzialmente un fatto umano e soprattutto disumano.
Il teatro è tutto questo; nell’ultima edizione di Ritagliatti è possibile rintracciare un fil ruoge spesso evidente, altre volte nascosto e da scoprire: il teatro è nudità e dualità. La nudità dei piedi sul palcoscenico, del corpo che recita, del contatto a pelle, la nudità dell’anima in cerca della realtà, la nudità dei comportamenti umani nella guerra interiore e in quella fatta con le armi. Perciò il teatro diventa elaborazione anche della dualità: Antigone e suo padre, le due sorelle separate dalla guerra, gli uomini e gli animali nella “Fattoria degli animali” di Orwell, dello scrittore con sé stesso e del reduce di guerra con i propri pensieri.
Allora, ritornando alla domanda iniziale e richiamando ancora il messaggio della giornata mondiale del teatro, si può certamente dire che: “E solo di un certo teatro non c’è bisogno: il teatro dei giochi politici, della trappola politica, il teatro dei politici, della politica; il teatro del terrore quotidiano, singolo o collettivo; il teatro dei cadaveri e del sangue sulle piazze e nelle strade, nelle capitali e nelle province, fra religioni ed etnie”.
Pubblicato nella rivista Scena numero speciale 2016