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Notizie ANSA

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La tv ha ucciso la realtà N.91 24/09/2011

Delitto perfetto: la tv ha ucciso la realtà? Si apre con questo interrogativo l’incontro con Carlo Freccero all’interno del programma della XVII edizione del premio letterario Energheia. L’incontro dal titolo “Comunicare oggi”, tenutosi a Palazzo Lanfranchi a Matera, è stato moderato da Gianluigi Trevisi, direttore artistico di “Time Zones” Bari. Lunghissima e variegata l’esperienza di Freccero in ambito televisivo. Nei primi anni ottanta è stato direttore dei palinsesti di Canale 5 e Italia 1. Nel 1986 è nominato direttore dei programmi di La Cinq (Parigi) e nel 1991 direttore di Italia 1. Nel 1993 diviene consulente di Rai 1 e l’anno successivo è di nuovo a Parigi come responsabile della programmazione di France 2 e France 3. Poi ancora direttore di Rai 2 dal 1996 al 2002. Dal 2003 si dedica prevalentemente all’insegnamento alla facoltà di Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo (DAMS) presso l’Università di Roma Tre. Nel 2005 è stato autore del fortunato programma televisivo “Rockpolitik” di Adriano Celentano. L’attuale direttore di Rai 4 ha offerto numerosi spunti di riflessione sul ruolo dei media nella società moderna, soffermandosi in particolar modo sul mezzo televisivo. Il suo ragionamento parte da un presupposto importante: la democrazia non è perfetta, ma è la migliore che possiamo avere; nella società moderna il bene e il male non son distinti, ma mescolati e celati. Lucida la ricostruzione storica della progressiva deriva della televisione. Alla fine degli anni’ 70, spiega il professore, l’avvento della televisione commerciale ha spostato il baricentro sociale verso una periferia reale e metaforica; i programmi televisivi commerciali arrivano nelle periferie delle città, inglobando come destinatari le fasce “periferiche” della popolazione, ossia anche quelle meno acculturate. Questa massificazione ha comportato la nascita di un nuovo modello sociale di riferimento in base al quale fa valore ciò che è maggioranza. I palinsesti si strutturano in base alla volontà della maggioranza. In altri termini grazie alla televisione commerciale per anni si è imposta la visione in base alla quale che è apprezzato dalla maggioranza è automaticamente anche depositario della verità in termini assoluti. Proprio su questi meccanismi è nato e si è sviluppato il berlusconismo e un nuovo modo di fare politica basato essenzialmente sulla seduzione della comunicazione. Progressivamente, specifica Freccero, il potere politico ha preso il pieno controllo della televisione, cercando di eliminare le voci fuori dal coro e sacrificando la competenza professionale all’obbedienza politica. L’intero sistema televisivo ha visto snaturare progressivamente il “noi” della comunità degli spettatori a favore dell’io del protagonismo sfrenato. Basti pensare ai reality show, dove il successo passa esclusivamente dalla visibilità tout court di persone sconosciute che incarnano il prototipo del sogno proibito della notorietà. A questo punto del discorso viene fuori il ruolo del teorico della comunicazione. Un’inversione di tendenza sarebbe già in corso su due piani paralleli: da un lato la tv digitale e satellitare stanno pian piano costruendo nicchie di comunicazione dove non vale più il paradigma che la verità è tale solo perché imposta dalla maggioranza; la programmazione dei palinsesti diventa sempre meno massificata. Dall’altro lato ci sono segnali di un ritorno alla cultura dell’intelligenza, soprattutto per le nuove generazione. In questo un ruolo determinante deve essere svolto dalla scuola che dovrebbe essenzialmente cercare di sviluppare lo spirito critico dei ragazzi. Proprio per questo nel corso della sua permanenza Freccero ha tenuto una serie d’incontri con gli studenti delle scuole medie superiori di Matera sul tema della centralità della comunicazione e sulla sua capacità attrattiva in termini di attenzione e interesse. Un pensiero scomodo e obliquo quello del direttore di Rai 4, tanto da meritare proprio in questi giorni da parte di Lorenza Lei, direttore generale della Rai, una lettera di richiamo nella quale era fatto divieto di esternare le proprie opinioni sulla Rai agli organi di informazione. Sono i pericoli che si corrono quando si vuole indagare sul delitto perfetto della tv che uccide la realtà.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto  N.91 24/09/2011