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Notizie ANSA

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Il Piano per il Sud va troppo piano N.62 19/02/2011

La lingua italiana certe volte è beffarda. La parola “piano” può assumere, secondo il contesto, significati diversi. Il piano potrebbe indicare una serie di misure coordinate e finalizzate alla realizzazione di un obiettivo. E’ questo il caso del piano per il Sud che il 26 novembre scorso ha ricevuto il via libera da parte del consiglio dei ministri. Il Piano dovrebbe “spianare” (altra bizzarria della lingua italiana) la strada per il rilancio produttivo ed economico del Mezzogiorno d’Italia. Cento miliardi di euro le risorse messe a disposizione con la pianificazione di interventi riguardanti infrastrutture, politiche fiscali vantaggiose e la tanto sospirata Banca del Mezzogiorno. Buona parte della dotazione finanziaria è riconducibile ai fondi FAS (Fondi per le Aree Sottosviluppate) 2007/13 e ai fondi europei. In sostanza, dunque, non ci sono risorse finanziarie aggiuntive, ma una razionalizzazione di quelle già esistenti e una lotta agli sprechi. Il documento in particolare, prevede otto priorità suddivise in vari assi d’intervento: strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche, infrastrutture, reti fognarie, idriche ed elettriche e distribuzione del gas. Ambiziosa anche la parte riguardante la costituzione della Banca del Mezzogiorno che dovrebbe operare come istituzione finanziaria di secondo livello attraverso la rete di sportelli di Poste Italiane. Obiettivo prioritario a livello infrastrutturale dovrebbe essere, invece, la realizzazione entro il prossimo decennio di un sistema ferroviario moderno. Perno di questa strategia dovrebbe essere, in particolare, la realizzazione dell’alta capacità su tre linee: Napoli - Bari – Lecce - Taranto, Salerno - Reggio Calabria e Catania - Palermo. Il Piano prevede, inoltre, la realizzazione di un intervento per portare la banda larga a tutti i cittadini delle otto regioni del Sud e garantire l’accesso a banda ultralarga ad almeno il 50% della popolazione residente. Entro quando si procederà ad attuare a tutto questo? Per completare il pacchetto delineato dal governo occorrono alcuni tasselli: una delibera Cipe per riprogrammare i fondi europei e Fas non spesi o bloccati, il decreto legislativo che riorganizza e semplifica il sistema degli aiuti alle imprese e i due decreti attuativi sul federalismo relativi alla perequazione infrastrutturale (articolo 22 della legge 42/2009) e al coordinamento della riforma con la politica di coesione e i fondi strutturali (articolo 16). Ecco, dunque, che il Piano inizia ad andare a rilento, troppo “piano”. Gli interventi sul federalismo fiscale, complementari a quelli del Piano, sono stati dichiarati irricevibili da parte del Capo dello Stato. Tremonti, intanto, ha tagliato cinque miliardi di euro dai fondi Fas, per giunta ancora completamente bloccati, condannando proprio le regioni del Sud a una lenta agonia. La Banca del Mezzogiorno attende ancora l’autorizzazione da parte della Banca d’Italia. Infine, proprio in questi giorni Romani, ministro per lo Sviluppo Economico, parlando della dotazione finanziaria ha affermato che ci sono sessanta miliardi di euro; ma a novembre non si parlava di cento miliardi di euro? Il Piano per il Sud prevede la nomina di commissari straordinari nel caso in cui gli interventi non iniziassero entro il 30 aprile. In quel caso la lingua italiana confermerebbe la sua natura beffarda: chi va “piano” va sano e va lontano, ma intanto il futuro del Sud non è ancora “spianato”…

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N. 62 19/02/2011