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Notizie ANSA

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Trivelle libere: scampato pericolo? N.108 28/01/2012

Ci può essere un futuro roseo con l’oro nero? Verde è la speranza, come il colore dei tanti campi che potrebbero essere cancellati definitivamente e deturpati dalle trivelle petrolifere. Le politiche energetiche nazionali e regionali nell’immediato futuro passano attraverso questo caleidoscopio di colori. Con l’approvazione del decreto sulle liberalizzazioni, in particolare gli articoli 20, 21 e 22, si era in un primo momento prospettato un nuovo quadro di riferimento con l’attuazione di misure ben precise: l’aumento degli investimenti in infrastrutture estrattive, la drastica riduzione dei limiti per la trivellazione in mare e la liberalizzazione della ricerca di nuovi giacimenti. Queste avrebbero comportato conseguenze dirette anche per la Basilicata. In sostanza una sorte di liberalizzazione spinta anche in questo settore. Le previsioni del governo, contenute nella relazione di accompagnamento all’articolato, prevedono investimenti pubblici aggiuntivi in Basilicata per un valore di 6 miliardi di euro che, secondo le stime, porterebbe all’erario, tra tasse e royalties, qualcosa come 17 miliardi di euro. L’intervento in favore della Basilicata comporterebbe un valore aggiuntivo rispetto alle royalties attuali (circa 160 milioni all’anno, con una stima massima che potrebbero arrivare a 350 milioni per effetto dell’aumento del prezzo del greggio). Nello specifico l’articolo 21 riduceva la distanza per trivellare da 12 miglia a 5 miglia dalla costa; l’articolo 22 comma 1, invece, secondo le prime voci introduceva una norma che prevedeva l’attività libera di prospezione e coltivazioni di idrocarburi. Il governo, però, ha fatto un repentino passo indietro in extremis al momento dell’approvazione definitiva. In particolare, nell’ultima versione, è saltata la norma che abbassava il limite delle trivellazioni in mare da 12 a 5 miglia nelle aree protette e sembra essere scongiurata la possibilità da parte delle compagnie petrolifere di effettuare ricerche per la realizzazione di pozzi previa la sola autorizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico, scavalcando quindi le istituzioni locali. Rimane, invece, in vita l’articolo 20 che prevede  la definizione, entro sei mesi, degli interventi integrativi per lo sviluppo di infrastrutture nelle zone petrolifere, compresa la Basilicata. Ha dichiarato il governatore lucano Vito De Filippo: “L’articolo 20 del decreto legge che il governo si appresta a varare avvia a definitivo compimento il lavoro avviato col memorandum nell’ottica di prevedere per i lucani un ristoro economico per l’impegno dato in campo energetico al paese. Tale ristoro va inteso in relazione alla presenza di attività industriali, quelle legate agli idrocarburi, che non generano direttamente occupazione e sviluppo nei territori, ma assolutamente non è e non può essere interpretato come il prezzo pagato per una deregulation ambientale che non c’è e non sarebbe accettata”. In sostanza sembra aver vinto la linea del famoso Memorandum. Pericolo scampato, dunque? Formalmente, forse, si. Di fatto, però, le trivellazioni in Basilicata aumenteranno comunque. Infatti, l'attuale produzione di petrolio in terraferma, pari a circa 80mila barili/giorno (5% del fabbisogno nazionale), aumenterà a 104mila barili/giorno attraverso gli interventi già programmati per il giacimento di Val D'Agri e in corso di autorizzazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico; ulteriori 50mila barili/giorno sarebbero assicurati con l'entrata in esercizio del giacimento di Tempa Rossa prevista nel 2015 e ancora altri 20mila barili/giorno nel caso si concretizzi l’intesa regionale all'ampliamento della centrale in Val D'Agri. Il problema principale è proprio questo: la Basilicata è una regione strategica proprio per la presenza del petrolio. I danni ambientali e alla salute pubblica sono, però, adeguatamente bilanciati dalle compensazioni economiche? Tanti sacrifici ambientali in cambio pochi benefici reali?

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N.108 28/01/2012