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Agricoltura: vince l’Ogm? N.106 14/01/2012

Per fare l’albero ci vuole il seme…” cantava Sergio Endrigo. Ancora per poco. Stanno, infatti, per morire 84mila campioni di piante agrarie e affini d’inestimabile valore. A lanciare l’allarme sono alcuni ricercatori della Banca del Germoplasma del Cnr di Bari. Quest’organismo è stato fondato nel 1970; unico nel suo genere in Italia, il secondo in Europa e tra i primi dieci al mondo. Al suo interno sono conservati campioni di germoplasma appartenenti a più di 60 generi e più di 600 specie di piante coltivate e selvatiche affini, ossia parenti stretti di quelle coltivate, ma minacciate da erosione genetica e/o estinzione. La banca del germoplasma vegetale è costituita principalmente da semi di vecchie varietà di cereali, leguminose, ortive, foraggiere e piante medicinali. Questo patrimonio genetico, in realtà, è stato reperito in tutto il mondo e in modo particolare nei cosiddetti “centri di origine” delle piante coltivate. Nella maggior parte dei casi le vecchie varietà, con la “rivoluzione verde” degli anni ’40 e ’50, sono state sostituite da varietà moderne ritenute più produttive, ma caratterizzate da una base genetica molto ristretta e concepite quasi esclusivamente per sistemi agricoli industriali, ad alto impatto ambientale e ad alto input energetico. Così la rivoluzione verde ha spazzato via una miriade di vecchie varietà sostituendole con poche varietà, determinando di conseguenza una notevole perdita di agrobiodiversità. Sono scomparse per sempre dal 60 al 90% delle vecchie varietà delle piante agrarie più comuni. È proprio per questo negli anni ’60 e ’70 sono state create le banche del germoplasma. La variabilità e la diversità genetica contenuta nelle vecchie varietà conservate nelle banche è una risorsa di notevole valore e potrebbe rappresentare la materia prima da cui partire per selezionare o costituire varietà adatte a sistemi agricoli ecocompatibili, resistenti alle malattie, alle avversità ambientali e ai cambiamenti climatici. Le minacce alla biodiversità sono aumentate soprattutto con l’avvento della seconda rivoluzione verde degli anni ‘90, cioè quella caratterizzata dall’utilizzo delle tecniche d’ingegneria genetica e degli organismi transgenici o geneticamente modificati (Ogm). Le lobby delle multinazionali vedono, perciò, la diversità genetica e in particolare quella preservata nelle banche del germoplasma come un ostacolo alla diffusione e all’introduzione delle varietà di piante transgeniche. Ecco perché queste banche sono a tutte a rischio a livello mondiale e accusano una carente attenzione a livello politico e scientifico e la carenza di finanziamenti necessari per il loro mantenimento. Tra queste c’è anche la banca del germoplasma di Bari. L’agonia del centro barese è iniziata nel 1999 con la ristrutturazione del Cnr e si è concretizzata nel 2002 con la fusione con altri quattro piccoli centri del Cnr, poco interessati alla conservazione del germoplasma, ma più orientati verso l’ingegneria genetica e la produzione di piante transgeniche. Dal 2004 l'Istituto di Genetica Vegetale (Igv) del Cnr di Bari, che comprende anche la banca, ha ricevuto dal Mipaaf (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) oltre 100 mila euro all'anno in base alla legge 6 aprile 2004 n. 101 per l'implementazione del trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura. Purtroppo, però, questi finanziamenti non sono stati usati per salvare i semi che stanno morendo, come vorrebbe lo spirito del trattato, ma per altri scopi ben diversi dalla salvaguardia dell'agrobiodiversità. Dopo cinque anni di sequestro e la riparazione tardiva degli impianti del freddo delle camere di conservazione, è accertato il danno subito dalle collezioni di semi. Attualmente la gestione della banca è stata restituita al Cnr. Il decreto di dissequestro conteneva numerose e stringenti prescrizioni che lo stesso ente di ricerca sta, comunque, ignorando. Proprio a causa del deterioramento per il malfunzionamento delle celle ora restano solo uno o al massimo due anni per procedere alla rigenerazione di tutte le collezioni di germoplasma custodite a Bari e nei sui centri di sperimentazione. Anche il tavolo tecnico avviato nel 2008 e voluto dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha subito una battuta d’arresto. Quanta fatica per fare un seme e per mantenerlo. Come dice lo stesso Sergio Endrigo nella sua famosa canzone: “Ci vuole un fiore. Le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare e ascoltare”.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N.106 14/01/2012