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Notizie ANSA

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Contrasto alla povertà A rischio il progetto Copes N.105 07/01/2012

Si scrive Copes, ma si legge povertà. Il Copes è l’acronimo di “Contrasto alla Povertà Esclusione Sociale” ed è una misura d’integrazione al reddito prevista dalla Regione Basilicata per favorire l’inclusione sociale delle famiglie meno agiate. Il progetto è varato il primo gennaio 2011 e dovrebbe durare per 24 mesi. Questo pacchetto di misure è stato rimodellato sulla base della precedente misura “Cittadinanza solidale” e i beneficiari sono stati: i cittadini italiani, gli stranieri provenienti dall’Unione Europea o da paesi diversi muniti di regolare permesso di soggiorno e le persone senza fissa dimora nate in uno dei comuni della regione Basilicata di cui il sindaco ne abbia attestato l’abituale dimora. I requisiti richiesti, inoltre, erano: aver compiuto il diciottesimo anno di età, essere residenti dal 16 Giugno 2007 in uno dei comuni della regione Basilicata, essere residenti dal  16 giugno 2009 se  cittadini italiani rientrati in Basilicata, già emigrati all’estero per motivi di lavoro e iscritti all’Anagrafe degli Italiani all’Estero (AIRE) presso uno dei comuni lucani e avere una situazione economica equivalente (ISEE) del proprio nucleo familiare identificato ai fini Irpef non superiore a  4.800 euro. Iniziativa lodevole da parte del governo regionale, ma è andato tutto per il verso giusto? Non proprio. Giunto ormai a metà del suo iter non sono certamente mancati intoppi, ritardi e disguidi che hanno accompagnato l’intero progetto sin dall’inizio. Le domande ammesse sono state 7.456 più 573 non ammesse, per un totale di 8029 domande presentate. L’iniziale dotazione finanziaria di circa quattro milioni di euro è stata raddoppiata, ma resta comunque scarsa rispetto ai 31 milioni di euro impegnati per la precedente edizione di “Cittadinanza solidale”. Fra le famiglie ammesse 2790 hanno dichiarato per l'anno fiscale 2008 una situazione economica uguale a zero. Sono state inserite in graduatoria anche 673 famiglie i cui membri hanno perso il posto di lavoro nel corso degli anni 2008 e 2009 e non hanno avuto la possibilità di godere di ammortizzatori sociali. Il programma si propone di sostenere, attraverso la stipula del “patto di cittadinanza”, le famiglie,  siano esse residenti in regione ovvero emigrate e rientrate dall’estero o straniere con permesso di soggiorno e in condizione di grave indigenza ed esclusione sociale. La misura, inoltre, avrebbe dovuto mettere in campo nell’arco di due anni azioni, aiuti economici indirizzati a promuovere l’offerta d’interventi e servizi per la coesione sociale. Il progetto si sarebbe dovuto svolgere in diverse fasi nelle quali sono coinvolti, ognuno per le competenze di riferimento, i diversi attori della rete (regione, provincia e comuni). Dalla fase di accoglienza delle famiglie aventi diritto ai benefici si è passato alla stipula del contratto di inserimento  che sancisce  da una parte la presa in carico del nucleo familiare da parte della rete regionale integrata dei servizi di cittadinanza sociale e dall’altra, invece, pone in essere per ciascuna famiglia un progetto ad “hoc” di inclusione, contenente  gli interventi e le attività che la famiglia o il componente familiare delegato dovrebbe svolgere. Il patto contrattuale implica che, a fronte dell’impegno del cittadino a svolgere un percorso di lavoro e/o di formazione con accompagnamento sociale e lavorativo, il comune autorizzi l’erogazione di un sussidio mensile d’integrazione al reddito familiare pari a circa 320 euro. L’erogazione dell’aiuto economico è vincolato all’accertamento della situazione economica (ISEE) della famiglia beneficiaria  con cadenza  trimestrale. Da marzo, però, se non si trovano risorse aggiuntive molto probabilmente saranno sospesi i pagamenti. 

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N.105 07/01/2012