Nucleare sette anni dopo N.43 02/10/2010
Era il 23 novembre 2003 quando un corteo rumoroso ma pacifico si snodava tra Policoro e Scanzano fino a raggiungere i pozzi di salgemma presso la località Terzo Cavone che un decreto dell’allora governo Berlusconi aveva individuato come sito unico nazionale di stoccaggio delle scorie radioattive. Era la famosa marcia dei centomila, forse uno dei pochi momenti di unità del popolo lucano nella storia regionale recente. In quell’occasione arrivò un no secco senza ma e senza se da parte della popolazione lucana accompagnato dalle note della famosa canzone “Briganti se more”. Un vero e proprio inno di battaglia. Una battaglia che il popolo lucano pensava di aver vinto. In quell’occasione la battaglia fu vinta, ma anche la guerra? A quanto pare sembra proprio di no. In questi giorni, infatti, la Sogin, società controllata dal Governo per la gestione degli impianti nucleari, ha individuato l’elenco dei probabili 52 siti per la costruzione del deposito di scorie nucleari. Tra questi c’è anche un’area di confine a cavallo tra Puglia e Basilicata. Il sito di stoccaggio scelto sarà di superficie e non geologico come nel caso di Scanzano. Non ci dovrebbe essere, quindi, Scanzano Jonico tra i siti “fortunati”. Il sito individuato dovrebbe prendere temporaneamente anche materiale ad alta intensità radioattiva che dovrà poi andare a finire in un deposito geologico, di cui ancora non si parla e che potrebbe essere anche, e ancora una volta, proprio Scanzano. Tra i parametri di scelta sono stati valutati la stabilità del suolo, la non sismicità e la bassa densità abitativa. Questa volta la strada che porta alla realizzazione del deposito dovrebbe passare attraverso una scelta condivisa con la regione ospitante che in caso di approvazione del progetto beneficerebbe di lauti compensi economici. Scelta, quindi, condivisa con le istituzioni regionali. Condivisa anche con la popolazione? Forse sarà difficile conciliare la golosità economica che si prospetta per le regioni con i mormorii pseudo ambientalisti delle popolazioni locali. Immediata la levata di scudi del governatore Vito De Filippo. «Per evitare la triste roulette russa su questa allocazione attendiamo un’affermazione chiara da parte di chi ha la responsabilità di guidare questo Paese. Nulla verrà fatto senza la condivisione dei territori interessati. La Basilicata ha già detto no con chiarezza e determinazione al tentativo di imporre il deposito a Scanzano Jonico ed è pronta a ripetere questa posizione in ogni circostanza, in ogni sede e con ogni mezzo». Il governo e di rimando anche la Sogin parlano di scelte condivise con le istituzioni e con la popolazione. La normativa vigente, però, definisce i siti nucleari d’interesse strategico nazionale. In altre parole l’esecutivo potrebbe decidere anche senza il consenso degli enti locali. Infatti, il decreto legislativo n.31 del 15 febbraio 2010 prevede che la Sogin, «entro trenta giorni dall’approvazione della mappa invita le Regioni e gli enti locali delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Parco Tecnologico a comunicare il loro interesse a ospitare il Parco stesso e avvia trattative bilaterali finalizzate al suo insediamento, da formalizzare con uno specifico protocollo di accordo». Comunque «la semplice manifestazione d’interesse non comporta alcun impegno da parte delle Regioni e degli enti locali», con i quali, in assenza di manifestazioni d’interesse, «la Sogin promuove trattative bilaterali». In caso di mancato accordo con un ente locale, l’estrema ratio della legge prevede la possibilità di agire comunque per decreto come nel 2003. Nel frattempo la Sogin è stata commissariata, mentre sulla scelta dei criteri per l’individuazione dei siti si attende la costituzione di un’agenzia per la sicurezza nucleare che invece non è ancora stata creata. Siamo ancora nel campo delle ipotesi ma per precauzione qualcuno inizia a fare le prove sulle note di “Briganti se more”.
Pubblicato sul settimanale Il Resto N.43 02/10/2010