Addio alle province

Ormai è quasi certo: si procede a grandi passi verso la soppressione di alcune province. In realtà di questo si parla sin dall'assemblea costituente, quindi ancor prima della loro effettiva istituzione, senza tuttavia mai giungere a una soluzione concreta. Attualmente le province italiane sono 110. Il numero è costantemente aumentato nel secondo dopoguerra e nella creazione di nuove province non si è registrato alcun caso di accorpamento o soppressione di enti precedenti. Le province hanno competenze specifiche che si sovrappongono a quelle degli altri enti locali, ma allo stesso anche la più bassa produttività del lavoro all'interno delle pubbliche amministrazioni.

Rischio soppressione

A livello nazionale secondo la tabella su cui stanno lavorando al Ministero della Funzione Pubblica, sono a rischio chiusura (o accorpamento) 61 province; sarà, però, solo a scadenza del mandato attuale che il riordino sarà operativo. Risultato: un risparmio complessivo di circa 5 miliardi di euro. A rischio anche le province di recente costituzione, come il caso di Barletta-Andria-Trani, istituita nel 2004 e operativa solo in seguito alle elezioni provinciali di giugno 2009. Proprio quest’ultima, insieme con quelle di Taranto, Brindisi e Lecce rischiano la soppressione. Ben quattro province pugliesi su sei. Sul versante lucano, invece, rischia la cancellazione la provincia di Matera. Per il calcolo degli enti da tagliare il governo ha stabilito che salteranno quelle con un territorio inferiore a 3mila km quadrati e una popolazione residente inferiore a 350mila. Da gennaio 2014 verranno meno anche dieci amministrazioni che saranno inglobate nelle città metropolitane, tra le quali anche Bari.

 Il nuovo assetto

Gli organi di governo delle province saranno il presidente e il consiglio, con la conseguente soppressione della giunta. Le città metropolitane ingloberanno le funzioni fondamentali delle province e si occuperanno di: pianificazione territoriale e delle reti infrastrutturali, strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, mobilità e viabilità e promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.  Il nuovo sistema dovrebbe diventare completamente effettivo e operante con l’emanazione di una legge che disciplini il passaggio di competenze; questa dovrebbe essere emanata entro il 31 dicembre 2012.

 Quanto costano

Secondo un’elaborazione dei dati del Ministero degli Interni, aggiornati purtroppo solo al 2007, il numero complessivo degli amministratori e degli eletti degli enti territoriali provinciali risulta sfiorare le 4.000 unità, di cui circa 2.900 sono consiglieri, circa 50 tra presidenti e vicepresidenti, circa 100 presidenti della giunta e oltre 900 assessori. Il costo annuale dei soli compensi di questo esercito di eletti è superiore a 5 milioni di euro, considerando che la retribuzione mensile di un presidente varia tra 4.000 e 7.000 euro (a seconda del numero di abitanti della provincia considerata), quella di un vice-presidente tra 3.000 e 5.200 e quella di un assessore tra 2.700 e 4.500; a tutto questo bisogna aggiungere i gettoni di presenza dei semplici consiglieri. Bisogna, infine, considerare i costi relativi alla gestione degli organi elettivi, delle strutture, del personale specifico, delle auto blu e dei rimborsi e delle spese di rappresentanza che portano a oltre il doppio il costo del mantenimento dei soli organi elettivi. La cura dimagrante di Monti inizia a far sentire i suoi effetti: uno scossone significativo al classico “provincialismo” italiano.

 

Pubblicato sul settimanale L'Altravoce N. 10 14/07/2012

Addio alle province