L'isola felice dei misteri
La Basilicata come un’isola felice. Questo stereotipo è duro a morire, anche al cospetto dell’evidenza. Se in Puglia c’è la sacra corona unita, in Campania c’è la camorra e in Calabria la ‘ndrangheta, in Basilicata che si trova al crocevia di questi territori esiste una criminalità organizzata? Forse, ma non c’è organicamente una verità processuale. Ci sono stati, però, nel corso degli anni una serie di omicidi per i quali i colpevoli non sono mai stati assicurati alla giustizia. A tutto questo bisogna aggiungere che spesso alcuni fatti di sangue piuttosto gravi restano nel dimenticatoio di una regione con la memoria corta e offuscata. Storie diverse, ma tutte legate dal filo invisibile della giustizia che non ha fatto giustizia. Ecco alcuni casi.
Maria Antonietta Flora
Lagonegro, 10 novembre 1984. All’epoca aveva 27 anni e insegnava in una scuola materna. Sposata con un dipendente dell’Enel e madre di due bambini piccoli, la donna è uscita da casa con la sua automobile: un’Autobianchi A 112 di colore blu. Da quel momento se ne perdevano le tracce. La donna avrebbe detto che usciva per andare a fare un’iniezione. Il giorno dopo l’automobile veniva ritrovata in una piazzola di sosta dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria, tra gli svincoli di Lagonegro. Nell’automobile c’erano macchie di sangue, ma della donna nessuna traccia. Il cadavere non è stato mai ritrovato.
Domenico Di Lascio
Lagonegro, 11 gennaio 1989. Domenico era al telefono nello studio al primo piano del suo mobilificio a Nemoli, sul lago Sirino, in provincia di Potenza. Qualcuno all'improvviso è entrato nella stanza e gli ha sparato con una pistola calibro 6,35. Di Lascio moriva dopo qualche giorno di agonia nella sala rianimazione dell'ospedale San Carlo di Potenza. Ad oggi nessun movente e nessun colpevole.
Tiziano Fusilli
Potenza, 22 maggio 1989. Tiziano è stato assassinato in un agguato, raggiunto da due colpi di pistola all'addome. Il giovane stava sistemando alcune aiuole per conto della comunità montana. I suoi killer erano a bordo di una moto con i volti coperti dai caschi. L’hanno chiamato per nome e hanno esploso i colpi. Tiziano moriva qualche ora più tardi in ospedale. Le uniche parole che è riuscito a pronunciare sono state: "Lo hanno detto e lo hanno fatto". Aveva 28 anni, un lavoro e una giovane moglie in attesa della loro prima figlia. Aveva commesso alcuni sbagli nella sua breve vita, ma aveva deciso di voltare pagina e ci stava riuscendo. Chi non condivideva la sua scelta di "uscire dal giro"?
Vincenzo De Mare
Scanzano Jonico, 26 luglio 1993. Vincenzo faceva l'autotrasportatore per conto terzi. Lavorava anche con la "Latte Rugiada", azienda agroalimentare che aveva i depositi in località Terzo Cavone.
Quel giorno un killer lo aspettava nel suo podere di campagna. Gli sparava due colpi e lo uccideva. Possibile movente: l’uomo si sarebbe rifiutato di effettuare trasporti illeciti di rifiuti pericolosi.
Giovanni De Blasiis
Potenza, 14 novembre 2004. È stato ritrovato morto nella casa di campagna alla periferia di Armento. Aveva lavorato come responsabile dell’ufficio legislativo del consiglio regionale di Basilicata ed era stato anche consigliere per la Dc al comune di Potenza dal 1985 a 1995. Non è ancora chiaro se si è suicidato o “è stato suicidato”. In seguito, infatti, alla notifica di un avviso di garanzia per abuso d’ufficio e turbativa d’asta, aveva deciso di collaborare con la giustizia perché voleva raccontare le vicende di un intreccio potentissimo di lobby di potere.
L’elenco potrebbe continuare, a testimonianza che la Basilicata non è un’isola felice, ma come diceva Pasolini il 14 novembre 1974: “Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti di cui si sono resi colpevoli… Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi".
Pubblicato sul settimanale L'Altravoce N. 5 09/06/2012