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Il quadrato magico - Febbraio 2019 - Giuseppe Balena

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Il quadrato magico - Febbraio 2019

«Così, quando un mago è versato nella filosofia naturale e nella matematica e conosce le scienze che ne derivano, l’aritmetica, la musica, la geometria, l’ottica, l’astronomia e quelle che si esercitano a mezzo di pesi, di misure, di proporzioni, di giunzioni, nonché la meccanica, che è la risultante di tutte queste discipline, può compiere cose meravigliose che stupiscono gli uomini più colti». Così si esprimeva Cornelio Agrippa, convinto che la matematica, con le sue applicazioni pratiche e teoriche, possa essere considerata l’arte magica per eccellenza. Forse è effettivamente così, sebbene sin da piccoli siamo stati abituati a pensare che la matematica sia essenzialmente solo un groviglio di fredde e distaccate regole e formule astratte avulse da applicazioni reali. In effetti, però, non è così: la matematica può avere risvolti e utilizzi concreti anche nella vita di tutti i giorni (basti pensare per esempio al funzionamento dei più moderni strumenti tecnologici), ma soprattutto può essere la base di riferimento per importanti interpretazioni simboliche e in particolare legati alla numerologia, spesso utili per decodificare alcune opere d’arte o monumenti come per esempio le Piramidi che sono state costruite secondo calcoli ben precisi. In altre parole la matematica può essere considerata uno strumento importante, basti pensare, per esempio, ai risvolti esoterici e mistico-simbolici legati al pensiero di Pitagora. Tenuto conto di questo quadro di riferimento vi è poi un’applicazione matematica che si perde nella notte dei tempi, ma che ha un fascino particolare. Il suo nome è il quadrato magico.

 Le origini

I quadrati magici erano già noti in Cina nei primi secoli dopo Cristo e forse addirittura nel IV secolo a.C. I primi quadrati magici risalgono addirittura all’antica Cina, ai tempi della dinastia Shang, nel duemila a. C., quando secondo la leggenda un pescatore trovò lungo le rive del fiume Lo, un affluente del fiume Giallo, una tartaruga che portava incisi sul suo guscio strani segni geometrici. Il pescatore portò la tartaruga all’imperatore e i matematici al suo servizio studiando quei segni scoprirono un’imprevedibile struttura: un quadrato di numeri con somma costante 15 su ogni riga, colonna e diagonale. Si trattava di un quadrato magico 3x3 (ossia di ordine 3) definito “Lo Shu”.

Le proprietà più interessanti di questo primo quadrato magico sono collegate alla teoria dello Yin-Yang, secondo la quale ogni cosa deriva dall’armoniosa opposizione di due originali forze cosmiche. Yang è la forza maschile, sorgente di calore, di luce e di vita, sotto l’influenza del Sole; Yin è invece la forza femminile che si sviluppa al buio, al freddo e nell’immobilità, sotto l’influenza della Luna. Nel “Lo Shu” i numeri dispari rappresenterebbero l’elemento maschile, mentre quelli pari l’elemento femminile. Il numero cinque, inoltre, rappresenta la Terra mentre gli altri numeri i punti cardinali e le stagioni. Ad esempio: uno è il nord e l’inverno, il nove è il sud e l’estate, il tre rappresenta l’est e la primavera e il sette l’ovest e l’autunno. Attorno al numero cinque si alternano coppie di numeri che rappresentano i quattro elementi: l’acqua, uno e sei; il fuoco, due e sette; il legno tre e otto e il metallo, quattro e nove.

In occidente, invece, i quadrati magici apparvero intorno al XIII secolo. Se ne trova traccia in un manoscritto in lingua spagnola, ora conservato nella biblioteca Vaticana, attribuito a Alfonso X di Castiglia. Già in questo testo i quadrati sono messi in relazione con i pianeti. Ricompaiono poi a Firenze nel XIV secolo in un manoscritto di Paolo Dagomari, matematico, astronomo e astrologo che fu tra l'altro in stretto contatto con Jacopo Alighieri, uno dei figli di Dante.

Con l'avvento della stampa, i quadrati magici crebbero enormemente, soprattutto grazie all’opera di Cornelio Agrippa che li descrisse in gran dettaglio nel libro II della sua opera Filosofia Occulta, definendoli "tavole sacre dei pianeti e dotate di grandi virtù, poiché rappresentano la ragione divina, o forma dei numeri celesti".

La vera riscoperta dei quadrati magici si ebbe, però, con lo sviluppo in Italia del neoplatonismo rinascimentale e quindi di riflesso delle scienze esoteriche. Il quadrato magico, però, è prima di tutto un concetto matematico.

Gli aspetti matematici

Si tratta di una disposizione di numeri interi all’interno di una tabella quadrata in cui siano rispettate due condizioni: i valori siano tutti distinti tra loro e la somma dei numeri presenti in ogni riga, in ogni colonna e in entrambe le diagonali, dia sempre lo stesso risultato, denominato "costante di magia". In matematica, una tabella di questo tipo è detta matrice quadrata. In modo analogo il numero di righe (o di colonne) è detto "ordine" del quadrato magico. Se si moltiplica la costante magica per l'ordine, si ottiene la somma di tutti gli interi del quadrato. Dunque una vera e propria struttura magica basta sui numeri.

I quadrati magici di ordine tre sino al nove, descritti come strumenti per attirare le influenze dei pianeti, si ritrovano in numerosi manoscritti a partire dal XV secolo. Tra i più noti possiamo citare il Liber de Angelis, un testo di magia angelica. I quadrati con ordini compresi tra tre e nove sono invece collegati simbolicamente ai vari pianeti. Nel corso dei secoli sono stati utilizzati per costruire talismani: le loro incisioni su placche d'oro o d'argento venivano impiegate come rimedi, per esempio, contro la peste o il mal d'amore.

Nell’edizione del 1533 nel libro II della sua opera Filosofia Occulta di Cornelio Agrippa i quadrati magici sono associati alla magia celeste, cioè al potere delle stelle e dei pianeti. Di ogni quadrato magico Agrippa fornisce la descrizione in chiave planetaria, secondo il seguente schema:

Ordine 3: quadrato di Saturno

Ordine 4: quadrato di Giove

Ordine 5: quadrato di Marte

Ordine 6: quadrato del Sole

Ordine 7: quadrato di Venere

Ordine 8: quadrato di Mercurio

Ordine 9: quadrato della Luna.

Vi è poi una particolare forma evoluta del quadrato magico che è definito invece quadrato cabalistico di ordine sei, cioè con una matrice quadrata 6x6 che contiene i numeri da 1 a 36. In numerologia questo quadrato magico assume una valenza particolare poiché la somma di tutti i numeri utilizzati determina il famigerato numero 666.

È possibile definire i quadrati magici secondo il loro utilizzo e la loro funzione: ordinari, panmagici, satanici, diabolici e cabalistici. A partire dal XVI secolo la loro diffusione è arrivata anche in ambito artistico: la matematica così si fonde e si nasconde nell’arte, sconfinando nel simbolismo e nell’esoterismo.

Il quadrato magico di Dürer

In ambito artistico il quadrato magico lo ritroviamo in una strana opera tanto affascinante quanto enigmatica. Un quadrato magico di ordine quattro, quindi quadrato di Giove, infatti compare in una delle incisioni più famose dell’artista tedesco Albrecht Dürer, ossia la Melencolia I, realizzata nel 1514. Il quadrato magico è raffigurato sulla parete dietro il soggetto, in alto a destra. L’incisione è stata oggetto di diversi studi che in prima battuta hanno evidenziato il collegamento, in linea con la dottrina medioevale, degli stati d’animo con i quattro elementi naturali e con i pianeti, secondo lo schema: umore sanguigno – aria – Giove, umore collerico – fuoco – Marte, umore flemmatico – acqua – Luna, umore melanconico – terra – Saturno. In maniera enigmatica e simbolica l’artista pone, dunque, l’attenzione sul pianeta Giove, in virtù del fatto, come abbiamo detto, che il quadrato magico è di ordine quattro e pertanto collegato ad esso. Cosa vuole esprime, però, effettivamente sotto questo velo simbolico?

Il soggetto ritratto nell’opera regge un compasso, ha una borsa per contare il denaro ed è circondato da oggetti di forma geometrica, tra i quali uno strano poliedro che ha interessato generazioni di matematici. La figura alata è seduta con aria pensosa davanti a una costruzione in pietra circondata da strani oggetti, appartenenti al mondo dell'alchimia: una bilancia, un cane scheletrico, attrezzi da falegname, una clessidra, un putto, una campana, un coltello e una scala con sette pioli.

L'opera, simbolicamente, rappresenta in termini alchemici le difficoltà che si incontrano nel tentativo di tramutare il piombo (anime delle tenebre) in oro (anime che risplendono). Si tratta quindi di un vero e proprio compendio del pensiero dell'artista sull'arte e sull'animo umano attraverso la scienza alchemica.

In questa visione e seguendo queste chiavi interpretative è possibile forse capire meglio la presenza del quadrato magico.

In prima battuta è possibile notare che i due numeri nelle caselle centrali dell'ultima riga formano 1514, anno in cui venne eseguita l'incisione. Le due caselle poste alle estremità, invece, contengono i numeri quattro e uno che corrispondono alle lettere D e A dell’alfabeto, ossia proprio le iniziali di Albrecht Dürer.

Il quadrato magico contenuto nell'opera è molto complesso. Infatti non è in funzione solo del fatto che la somma dei numeri delle linee orizzontali, verticali e oblique riporta sempre come risultato 34 ma anche la somma dei numeri dei quattro settori quadrati in cui si può dividere lo schema e anche i quattro numeri al centro se sommati danno ancora proprio 34. La stessa cosa vale anche per i quattro numeri agli angoli. Inoltre se si prende un numero agli angoli e lo si somma con il numero a lui opposto si ottiene sempre 17 ossia la metà proprio di 34.

È importante notare che il numero 34 simboleggia il potere della realizzazione dell'uomo e rappresenta l'evoluzione risultante dall'organizzazione cosmica e dalla legge naturale, ossia il cosiddetto asse del mondo. Si tratta, dunque, di un numero magico per eccellenza e rappresenta la compresenza di vari elementi allusivo al processo di trasformazione oggetto dell’opus alchemico. Si tratta di un numero complesso: il principio del tre, il numero perfetto, si unisce al quattro, il numero della materia, creando la cifra del perfetto mutamento.

Il quadrato magico dell’incisione di Dürer, ma in generale tutta l’opera, è dunque un complesso sistema di conoscenze celate in pochi centimetri quadrati: la matematica al servizio di altre discipline come in un percorso iniziatico.

Diceva ancora Cornelio Agrippa: «Solo per voi, figli della dottrina e della sapienza, abbiamo scritto quest'opera. Scrutate il libro, raccoglietevi in quella intenzione che abbiamo dispersa e collocata in più luoghi; ciò che abbiamo occultato in un luogo, l'abbiamo manifestato in un altro, affinché possa essere compreso dalla vostra saggezza».