La colpa di Ottavia N.97 05/11/2011

“Al di sotto di quello che nasconde il sorriso, guarda in fondo più in fondo”. Questo è il ritornello della canzone “Ragazza del sud” di Gilda del 1975. Ottavia De Luise la canticchiava spesso. Nello stesso anno in cui usciva questa canzone a Montemurro, piccolo centro della provincia di Potenza, il 12 maggio spariva nel nulla una ragazzina di dodici anni. Ottavia era appunto l’ottava figlia del macellaio del paese. Era una sognatrice, una ragazza del sud, capace di sorridere ed emozionarsi. Della piccola resta poco e niente. All’epoca della scomparsa non ci fu neanche un dispaccio Ansa, mai un articolo di giornale. L’intera vicenda avvolta nel più fitto mistero; il paese ha cercato troppo frettolosamente di cancellare dalla memoria questa brutta storia. La piccola Ottavia si allontanò in un piovoso pomeriggio pre-estivo, confidando a sua cugina che avrebbe dovuto incontrare il “viggianese”, all'anagrafe Giuseppe Alberti. Una conoscente la vide per l’ultima volta sulla strada che porta ad Armento e la dodicenne le disse che stava raggiungendo la masseria dei Rotundo perché doveva mettere al corrente i proprietari del fatto che nella loro abitazione in paese fuoriusciva dell'acqua. E’ una storia strana quella di Ottavia: si mescolano omertà e rassegnazione su uno sfondo a tinte fosche caratterizzato da trattamenti pedofili da parte di alcuni anziani del paese. All’epoca la pedofilia non era un reato contemplato dal codice penale e senza querela di parte non si poteva procedere. Tutta la vicenda è inghiottita dalla routine dei giorni tutti uguali che passano indifferenti nei paesini del sud e coprono inesorabilmente anche il dolore. Dopo 33 anni succede l’impensabile: Settimio, fratello maggiore di Ottavia, ha trovato nella buca delle lettere una busta anonima dove si precisava che la piccola fosse stata violentata, uccisa e sepolta da Andrea Rotundo. Il caso si riapre. Oggi a distanza di 35 anni rimane solo una foto sbiadita, poche pagine di interrogatori, poche testimonianze su vecchi verbali e delle lettere anonime. Per cercare di fare luce sul mistero della scomparsa di Ottavia in questi giorni è arrivato in libreria il volume dal titolo “ La colpa di Ottavia” edito da EdiMavi, scritto a quattro mani dai giornalisti lucani Fabio Amendolara ed Emanuela Ferrara e impreziosito dalla prefazione di Federica Sciarelli, conduttrice della trasmissione di Rai tre “Chi l’ha visto?’”. Il libro è un’accurata inchiesta giornalistica condotta grazie alla consultazione dei documenti (riportati integralmente) e all’esame delle testimonianze e delle prove che mettono in luce tutto ciò che si sarebbe potuto fare, ma non è stato fatto. Una frase del verbale redatto dai carabinieri mette ancora oggi i brividi: “In pubblico De Luise Ottavia godeva scarsa reputazione perché la sua condotta morale lasciava molto a desiderare”. Ne parliamo con gli autori.

Il mistero della scomparsa di Ottavia è certamente da collegare al contesto nel quale viveva. Questa può essere una prima chiave di lettura. Che cosa possiamo dire in merito?

Purtroppo forse si è capito troppo tardi il contesto nel quale Ottavia viveva.

Le ricerche partirono in ritardo e furono carenti. Come mai?

Più che partire in ritardo, non partirono mai. Nessuno, se si esclude il fratello Settimio, si è impegnato a fondo nelle indagini e nelle ricerche.

C’è un aspetto sul quale riflettere: un intero paese ha cercato di rimuovere il ricordo di Ottavia. Perché?

Non possiamo parlare di vera rimozione, ma piuttosto di scarsa collaborazione. Pochissimi sono i cittadini di Montemurro che hanno partecipato apertamente nel 1975 e ancor meno quelli che “vogliono ricordare” qualcosa oggi. L’ambiente era ed è rimasto molto ostile. Il perché probabilmente risiede nel fatto che si tratta di una brutta storia nella quale più di qualcuno, all’epoca dei fatti, ha mentito.

Quali furono le carenze principali nella conduzione dell’indagine?

Non c'è stato impegno da parte delle istituzioni locali di Montemurro. Basti pensare a quanto assurdo fosse il reato per cui si procedeva: ratto a fine di libidine. Le leggi dell’epoca, infatti, erano molto diverse da quelle odierne, eppure sarebbe bastato spiegare qualcosa in più alla famiglia di Ottavia per risolvere il caso. Senza una querela di parte le indagini dovevano fermarsi per forza ed è esattamente ciò che è accaduto.

Attualmente a che punto sono le indagini? Quali i possibili sviluppi futuri?

La magistratura ha deciso di mollare ancora una volta. Capiamo le difficoltà di riparare a un’inchiesta vecchia di 35 anni, ma questa volta non si sarebbe dovuto lasciare niente al caso. Bisognava rivedere le bugie dell’epoca e forse ripartire da queste. Ottavia non può essere semplicemente sparita nel nulla.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto  N.97 05/11/2011

La colpa di Ottavia