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La religione al servizio di chi soffre N.97 05/11/2011

Ferrandina per tre giorni si è tinta di rosso porpora. Dal 28 al 30 ottobre il borgo aragonese ha ospitato il cardinale Josè Saraiva Martins, Prefetto Emerito della Congregazione del Culto dei Santi. Il porporato ha diretto i lavori del convegno di studi e riflessione scientifico-religiosa dal titolo “Rochus a Monte Pessulano, peregrinus, taumaturgus, sanctus” (Rocco di Montpellier, pellegrino, taumaturgo, santo). L’incontro-studio è stato un momento di riflessione che ha coinvolto vari paesi quali Ferrandina, Miglionico, Montescaglioso e Salandra dove il culto del santo è fortemente sentito dalla popolazione e ben radicato nella secolare tradizione devozionale. I lavori, articolati in varie sezioni, hanno ricostruito in maniera esaustiva tutti gli aspetti della figura carismatica del santo. Tra i relatori, in particolare, hanno dato il loro contributo il sindaco di Ferrandina Saverio D'Amelio, il consultore della Congregazione per le Cause dei Santi Don Nicola Bux, Paolo Antonio Venezia, l’Arcivescovo di Matera monsignor Salvatore Ligorio, il direttore di teleradio Padre pio Stefano Campanella, l’arciprete della Chiesa Madre di Ferrandina Don Luciano Micheli, e il direttore scientifico del convegno dottor Pietro Venezia. Agli incontri hanno partecipato, inoltre, anche gli studenti del Liceo classico “Emanuele Duni” di Matera e del Liceo Scientifico “Dante Alighieri” di Ferrandina. A presiedere i lavori è stato il cardinale Josè Saraiva Martins, arcivescovo portoghese e religioso dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria. Teologo e studioso, il 26 maggio 1988 Papa Giovanni Paolo II lo ha nominato Segretario della Congregazione dei Seminari e degli Istituti di Studi, elevandolo in pari tempo alla dignità di Arcivescovo e assegnandogli la Chiesa titolare di Tuburnica. È, inoltre, membro della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, della Congregazione per i vescovi, del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari e del Consiglio Speciale per l'Europa della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi. L’alto prelato si è soffermato sulla figura del santo pellegrino come archetipo della sintesi tra scienze e fede. San Rocco è stato prima di tutto un pellegrino; pellegrinare significa “peregre” ossia “per agros”, cioè andare fuori dalla propria residenza abituale. Dal punto di vista spirituale è essenzialmente l’attitudine ad andare oltre se stessi, verso gli altri. In questo c’è la dinamica del partire verso l’ignoto e dell’arrivare, ridisegnando i confini del proprio io. E’ essenzialmente spoliazione di se stessi per andare verso gli altri; ecco che nella vita del santo si fa strada un altro concetto cardine della sua esistenza: l’ospitalità. I cosiddetti “hospitalia” ossia punti di ristoro dove spesso erano curati i viandanti, anticiparono approssimativamente il concetto del moderno ospedale. San Rocco è stato taumaturgo e medico; a lui si deve l’utilizzo dei primi rudimentali strumenti medici per incidere i bubboni della peste. Una primordiale forma di ospedale nacque nel 1162 a Montpellier, nella Francia meridionale. E’ proprio questa città che diede i natali a San Rocco nel giorno nel quale tutt’oggi si venera, il 16 agosto; sebbene gli studiosi non siano tutti concordi, l’anno di nascita dovrebbe essere collocata tra il 1346 e il 1350. Il piccolo fu segnato sin dalla nascita da una voglia a forma di croce sul petto. Secondo antichi agiografi la svolta nella vita del santo si ebbe quando diventò orfano dei genitori all’età di vent’anni, ereditando un ingente patrimonio. Il giovane Rocco, però, lasciò tutto e si mise in cammino verso la Terra Santa. Pur di accudire gli ammalati, egli stesso ebbe la peste e si rifugiò in un bosco nelle vicinanze di Piacenza dove venne sfamato dal cane di un ricco signorotto locale che quotidianamente gli portava un tozzo di pane. Questo episodio è rimasto nell’iconografia ufficiale del santo. Dopo sette anni, ormai guarito, tornò a Montpellier dove non solo non fu riconosciuto, ma addirittura fu arrestato perché scambiato come spia. Dopo la morte in carcere il suo corpo emanava luci miracolose e da quel momento diventò intercessore per i malati di peste. Attualmente il corpo di San Rocco è conservato nell’altare maggiore dell’omonima chiesa a Venezia. Il suo culto si diffuse soprattutto nell’Italia meridionale e in particolar modo dal XV secolo anche in Basilicata. Si venera, infatti, a Ferrandina, Salandra, Montescaglioso, Pisticci, Venosa, Tolve e Potenza. Per estensione nei giorni nostri è considerato anche il protettore degli ammalati di Aids e di tumore. Una figura lontanissima dalla modernità, pur conservando un fascino senza tempo.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto  N.97 05/11/2011