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Attualmente redattore del mensile Mistero

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Notizie ANSA

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L'inquinamento della riserva indiana N.88 03/09/2011

Recita un detto degli indiani delle riserve americane: “Quando avranno inquinato l'ultimo fiume, abbattuto l'ultimo albero, pescato l'ultimo pesce e catturato l'ultimo bisonte allora soltanto si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche”. All’inizio di agosto dall’indagine compiuta da Goletta Verde, l'iniziativa itinerante di Legambiente sulla qualità delle acque e sulla gestione delle coste, è emerso che il canale dove sfocia il depuratore di Nova Siri e l’area lungo la foce del fiume Basento a Bernalda sono le aree più inquinate delle coste lucane. In quei due punti è stata registrata la presenza di enterococchi intestinali in valori maggiori rispetto a quelli previsti dalla normativa vigente in Italia sulle acque di balneazione. I problemi, però, riguardano una zona ben più vasta. Infatti, a conferma dei dati espressi dall’iniziativa di Legambiente, ora ci sono anche i fatti. La natura si ribella e lo fa a suo modo. In questi giorni, infatti, si sono verificati alcuni episodi che testimoniano con estrema chiarezza il livello d’inquinamento della “riserva indiana” lucana. Una carcassa di delfino è stata rivenuta a Marina di Pisticci, a poche centinaia di metri dal porto degli Argonauti, in località “Macchia“. Il delfino era un esemplare adulto, lungo circa due metri e pesante oltre duecento chilogrammi. Quali sono state le cause del decesso? E’ possibile che abbia raggiunto la riva poiché disorientato oppure già in cattive condizioni di salute, ma non si esclude la probabilità che la morte sia avvenuta per cause naturali. Non si può, però, neanche escludere a priori che sia morto a causa dell’ingestione di sostanze inquinanti. In queste settimane numerosi cetacei dalla zona dell’alto Ionio si sono spinti verso l’interno; alcuni sono stati avvistati anche a Marina di Pisticci. A distanza di pochi giorni anche un altro cetaceo si è spiaggiato nei pressi della struttura turistica degli Argonauti. Ancora una volta solo cause naturali? Dopo solo due giorni dal ritrovamento della carcassa del delfino, nei pressi della foce del fiume Cavone sono state ritrovate, invece, prive di vita due tartarughe di grosse dimensioni genere caretta caretta. La specie è fortemente minacciata in tutto il bacino del Mediterraneo e ormai al limite dell'estinzione nelle acque territoriali italiane. Anche in questo caso restano oscure, almeno per ora, le causa della morte. I due esemplari non presentavano segni di ami o tagli sui corpi. Alla fine di settembre dell’anno scorso proprio in prossimità della foce del fiume Cavone si verificò una consistente moria di pesci. In quell’occasione morirono pesci di tutte le taglie e di diversa specie: cefali, carassi, carpe, spigole e serra; pesci di acqua dolce, ma anche di mare. Questi episodi si ripetono con una certa frequenza e presentano delle evidenti analogie con la moria dei pesci che si è verificata in questi giorni nella diga del Pertusillo. Anche in quest’ultimo caso non si tratta di un evento isolato. Nello stesso invaso, infatti, a maggio morirono centinaia di carpe. Gli organi preposti non sono stati in grado di affermare con precisione le cause del decesso. Pur non conoscendo con precisione le cause di questi eventi, una cosa è certa: l’ecosistema lucano è fortemente compromesso. Ai cittadini “indiani” lucani resta da capire chi sono i famelici cow-boy e in che modo sistematicamente e senza controllo minacciano la “riserva” lucana.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto  N.88 03/09/2011