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Notizie ANSA

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Le piccole storie che hanno fatto l’Unità d’Italia N.64 05/03/2011

L’Italia è un’arzilla vecchietta di centocinquanta anni. Come tutte le persone di una certa età, soprattutto nel momento degli anniversari, cerca nei ricordi il senso che spesso sfugge nel presente. Eppure il presente è la risultante del passato: la storia è la somma disordinata delle storie in essa comprese. «Badate che per fare compiuta e vera la nostra storia nazionale, ci bisogna di rifare prima le storie particolari o finire di raccogliere i monumenti dei nostri comuni, ognuno dei quali fu uno stato» scriveva Carducci in “Confessioni e Battaglie”. Il filo conduttore della celebrazione del secolo e mezzo di vita dello stato unitario non può che essere la memoria. Una memoria di cui riappropriarsi. Così fermandosi ad ascoltare i racconti che riemergono dalla memoria della vecchietta italiana si scopre che il Sud è stato il propulsore dell’unità d’Italia ancor prima di qualsiasi altra zona. Si scopre in particolare che la provincia lucana fu la prima della parte continentale del Regno delle Due Sicilie a dichiarare decaduto il re Francesco II di Borbone e a proclamare la sua annessione al Regno d’Italia. L’insurrezione di Potenza del 18 agosto 1860 decretò la fine del regno borbonico ancor prima dell’arrivo di Garibaldi. I grandi hanno firmato la storia, ma i piccoli l’hanno fatta. Tanto che si legge sul Corriere Lucano del 23 agosto 1860: «La Basilicata, questa terra di antiche memorie è insorta. L'incendio è scoppiato nel cuore delle provincie messe al di qua del faro. L’antica Lucania è già provincia del regno d'Italia. Ecco la prima pagina di questa nuova storia». Quei “piccoli” patrioti sconosciuti si chiamavano Giacinto Alberti, Nicolò Mignogna, Pietro Lacava e Camillo Boldoni ed ebbero un ruolo decisivo nell’istituendo governo proto-dittatoriale della provincia di Basilicata. Una pagina di storia nazionale di periferia ancora poco nota, ma non per questo meno importante. Il centro politico e l’anima del movimento risorgimentale in Basilicata fu la cittadina di Corleto Perticara. Sebbene ispirati dal liberalismo moderato, i mezzi di lotta scelti furono, invece, rivoluzionari. La provincia di Basilicata fu suddivisa in dieci gruppi operativi, ciascuno dei quali guidato da un responsabile. Grazie alla vasta rete organizzativa costruita dai patrioti lucani, tra luglio e agosto il regime borbonico cominciò a dissolversi. Un tratto peculiare della rivoluzione lucana fu la partecipazione di esponenti del clero. Ancora prima dei moti potentini a Ferrandina il 16 luglio un gruppo di giovani locali durante i festeggiamenti della Madonna del Carmine nella Piazza del Largo (l’attuale Piazza Plebiscito) lanciando i cappelli per aria inneggiarono a Garibaldi e a Vittorio Emanuele II. Successivamente in una lettera Garibaldi scriveva: «Generosi della Lucania, crederei frodare lode al coraggio, al genio, all’abilità vostra se non attestassi pubblicamente la simpatia che vi debbo». Piccole storie che addirittura anticiparono la storia. In esse vanno ricercate le radici della nostra identità, intesa come risorsa di un passato importante cui affidare il futuro. E’ questo il modo migliore per evitare l’arteriosclerosi culturale della nostra vecchietta nazionale.

 

Pubblicato sul settimanale Il Resto N.64 05/03/2011