Venerdì, 19 Aprile 2024

Regola dei poveri cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone - Giuseppe Balena

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Regola dei poveri cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone

Regola dei poveri cavalieri di cristo e del Tempio di Salomone

I

Quale divino ufficio debbano ascoltare

Voi che rinunciate alla propria volontà, e gli altri che per la salvezza delle anime militano con voi per un certo tempo con cavalli e armi per il sommo re, abbiate cura di ascoltare con intenzione pia e pura i mattutini e l’intero servizio, secondo l'istituzione canonica e la consuetudine dei chierici regolari della Santa Città. Questo, venerabili fratelli, vi si addice nella maniera più assoluta, poiché disprezzata la luce di questa vita, e, indifferenti al tormento dei vostri corpi, avete promesso di rinunciare per sempre al mondo terreno per amore di Dio. Rifocillati e saziati dal nutrimento divino, istruiti e rafforzati dai precetti del Signore, dopo il compimento del Divino Mistero nessuno tema la battaglia, ma sia preparato alla corona.

II

Come debbano pregare gli assenti

Inoltre se un fratello, nel caso sia lontano per un impegno tra i cristiani d’oriente (e questo non dubitiamo che avvenga spesso) non potesse udire per tale assenza il servizio divino reciti tredici Pater Noster al posto di un mattutino. e al posto delle singole ore ne dica sette; al posto dei vespri, riteniamo se ne debbano dire nove, e stabiliamo unanimemente che li reciti ad alta voce: Questi fratelli infatti, impegnati così in un lavoro di preservazione, non possono accorrere nell'ora opportuna al divino ufficio. Ma se fosse possibile, nell'ora stabilita non trascurino quanto dovuto per istituzione.

III

Che cosa fare per i fratelli defunti

Quando uno dei fratelli è colpito dalla morte, che non risparmia nessuno e che è impossibile ritardare, ordiniamo: ai cappellani e ai sacerdoti dell’ordine di affidarne l’anima a Cristo mediante l’ufficio dovuto e di celebrare una messa solenne per la sua salvezza. Inoltre i fratelli presenti passino la notte pregando per la salvezza del fratello defunto, dicano per lui cento Pater Noster fino al settimo giorno: dal giorno in cui fu annunciata la morte del fratello, fino al predetto settimo giorno, si recitino i cento Pater Noster con fraterna sollecitudine. Fino a quel giorno imploriamo per la carità misericordiosa di Dio e stabiliamo con autorità pastorale che ogni giorno, come si dava sostentamento al fratello quando era in vita, come dovuto, così si provveda alle necessità di un povero, ovvero cibo e bevande, fino al quarantesimo giorno. Infatti proibiamo del tutto ogni altra offerta, che la volontaria povertà dei fratelli spingeva a fare con eccessiva liberalità in occasione della morte dei fratelli, nella solennità di Pasqua e nelle altre solennità del Signore.

IV

I cappellani abbiano soltanto vitto e vestito

Comandiamo inoltre che le altre donazioni e ogni genere di elemosine, giunte in qualsiasi modo ai cappellani o a coloro che stiano con voi temporaneamente, siano consegnate per intero al capitolo che valuterà attentamente. Perciò i servitori della Chiesa abbiano soltanto il vitto e il vestito secondo quanto stabilito dall'autorità divina (Numeri 18, 23-24), e non ambiscano di avere nulla di più, se non ciò che il maestro abbia caritatevolmente dato di sua iniziativa.

V

I soldati temporanei defunti

Vi sono tra di voi dei soldati che temporaneamente e misericordiosamente rimangono nella casa di Dio, e nel Tempio di Salomone. A questo proposito vi preghiamo, vi scongiuriamo, e infine vi comandiamo decisamente, che se in codesto tempo l’inesorabile potere della morte avesse condotto uno di essi all'ultimo giorno, per amore di Dio e fraterna pietà, un povero abbia sette giorni di sostentamento per la sua anima.

VI

Nessun fratello professo faccia un'offerta

Abbiamo decretato, come più sopra fu detto, che nessuno dei fratelli professi pensi di fare un'altra offerta: ma giorno e notte rimanga nella sua professione con cuore puro, perché in questo sia in grado di eguagliare il più santo dei profeti: riceverò il calice della salvezza (Salmo 116, 13), ovvero la morte, nella quale imiterò la morte del Signore: poiché come Cristo diede la sua anima per me, così anche io sono pronto a dare la mia anima per i fratelli. Ecco l'offerta giusta: ecco il sacrificio vivente gradito a Dio.

VII

Non eccedere nello stare in piedi

Abbiamo ascoltato con le nostre orecchie un teste fidatissimo, che voi assistete all’ufficio divino stando costantemente in piedi: non vi comandiamo questo, anzi lo disapproviamo e pertanto comandiamo che, finito il salmo Venite esultiamo al Signore (Salmo 95, 1) con l'invitatorio e l'inno, tutti siedano tanto i forti quanto i deboli, per evitare scandalo. Terminato di recitare anche il salmo, mentre siete seduti, vi diamo indicazione di alzarvi tutti dai vostri posti mentre si proclama il Gloria Patri, rivolgendovi supplicanti verso gli altari, per riverenza alla Santa Trinità aiutando i più deboli a inchinarsi. Così rimarrete seduti anche durante la lettura del Vangelo, e durante il Te Deum laudamus, e durante tutte le Lodi, fino ad aver terminato il Benedicamus Domino e comandiamo anche che la stessa regola sia tenuta nei Mattutini di S. Maria.

VIII

Il riunirsi per il pasto

In una sala, meglio detta refettorio, riteniamo che voi assumiate il cibo insieme, ma quando ci fosse una necessità, e non conoscendo i segni, è opportuno chiedere sottovoce e privatamente. Così se in ogni momento le cose che vi sono necessarie vanno chieste con quanto più rispetto ed umiltà, ancor di più va fatto durante la mensa, poiché dice l'apostolo: Mangia il tuo pane in silenzio (2 Tessalonicesi 3, 12) e il salmista vi deve incitare a ciò dicendo: Ho posto una sentinella alla mia bocca (Salmo 39, 2), cioè ho deciso di controllare la mia lingua custodendo la mia bocca perché non parlassi malamente.

IX

La lettura

Durante il pranzo e la cena si faccia sempre una santa lettura. Infatti se amiamo il Signore, dobbiamo desiderare di ascoltare attentamente le sue parole salvifiche e i suoi precetti. Il lettore vi intimi il silenzio.

 

X

Uso della carne

Durante la settimana, se non vi cadono il Natale del Signore, la Pasqua, la festa di S. Maria o di Ognissanti, vi sia sufficiente mangiare carne tre giorni: consideriamo l'abitudine di mangiare la carne quale grave corruzione del corpo. Se il digiuno cadesse di martedì, per cui l'uso della carne sarebbe proibito, il giorno dopo vi sia data carne più abbondantemente. Durante la Domenica ci appare senza dubbio giusto dare due portate a tutti i soldati professi e ai cappellani in onore della Santa Resurrezione. Gli altri invece, cioè gli scudieri e gli aggregati, si accontentino di uno, rendendo grazie.

XI

Come debbono mangiare i soldati

É opportuno che mangino solitamente a due a due, in modo che l'uno si prenda cura diligentemente dell'altro, affinché la durezza della vita, o una nascosta astinenza non si mescolino nel pasto comune. Consideriamo inoltre giusto che ogni cavaliere e fratello abbia per sé solo una uguale ed equivalente misura di vino.

XII

Negli altri giorni siano sufficienti due o tre portate di legumi

Negli altri giorni, ovvero il martedì e il giovedì, nonché il sabato, riteniamo che siano sufficienti per tutti due o tre portate di legumi o di altri cibi, o, per così dire, piatti caldi; e ordiniamo che siano tali in modo che chi non possa mangiare di un cibo sia rifocillato dall'altro.

XIII

Con quale cibo è necessario consumare il sabato

Reputiamo inoltre lodevole che il sabato, per riverenza alla passione di Cristo, ci si accontenti, eccetto gli infermi, di mangiare solamente un unico pasto quaresimale, a partire dalla festa di Ognissanti fino a Pasqua, tranne che il giorno del Natale, della festa di S. Maria o degli Apostoli. Negli altri tempi, se non accadesse un digiuno generale, si mangi due volte.

XIV

Dopo il pasto sempre rendano grazie

Ordiniamo in maniera assoluta che dopo il pranzo e la cena, sempre in chiesa, se è vicina, o, se così non è, nello stesso luogo, come conviene, rendano grazie, con cuore umile come si conviene, al sommo procuratore nostro: che è Cristo. Inoltre messi da parte i pani interi, si comanda di distribuire gli altri pezzi ai servi o ai poveri come dovuto per fraterna carità.

XV

Il decimo del pane sia sempre dato all'elemosiniere

Benché il premio della povertà, che è il regno dei cieli, senza dubbio spetti ai poveri in spirito, comandiamo tuttavia a voi, che la fede cristiana vi considera indubitabilmente parte di essi, che il decimo di tutto il pane consegniate ogni giorno al vostro elemosiniere.

XVI

Che si tenga una riunione secondo il parere del maestro

Quando il sole abbandona la regione orientale e discende nel sonno, udito il segnale, come è consuetudine di quel periodo, è necessario che tutti voi vi rechiate a Compieta, ma prima desideriamo che si tenga un’assemblea generale. La affidiamo nell’arbitrio e nella discrezione del maestro, affinché si conceda quando egli vorrà, acqua e solo con la sua benevolenza, di vino opportunamente diluito. Questo, non deve condurre a grande sazietà o avvenga nell’eccesso, ma si parco; infatti il vino fa allontanare dalla fede anche i sapienti (Siracide 19,2).

XVII

Terminata la Compieta si conservi il silenzio

Finita la compieta è bene recarsi a letto. I fratelli che escono dalle preghiere di compieta non abbiano permesso di parlare in pubblico, se non per una necessità impellente: ciò che sia necessario dire al proprio scudiero sia detto sottovoce. É possibile, in tale momento in cui voi uscite da compieta, che il maestro o chi per lui, parli con una parte dei fratelli per via di una grandissima necessità riguardo gli affari militari o dello stato della vostra casa, perché il giorno non è stato sufficiente per discuterne. Così comandiamo che sia fatto poiché è scritto: Nel molto parlare non sfuggirai al peccato (Proverbi 10, 19) e altrove: La morte e la vita nella lingua (Proverbi 18, 21). In questo colloquio proibiamo categoricamente la scurrilità, le chiacchiere inutili e ciò che porta al riso. Ordiniamo inoltre che, mentre andate a letto, se qualcuno dicesse una qualsiasi sciocchezza recitiate il Pater Noster con umiltà e pura devozione.

XVIII

Gli stanchi non si alzino per il mattutino

Non approviamo che i soldati stanchi si alzino per il mattutino, come ci pare evidente: ma siamo tutti d’accordo che, con l'approvazione del maestro, o di colui che agisce in vece, che essi debbano riposare e cantare le tredici orazioni prescritte, in modo che la loro mente sia in accordo con la voce secondo quanto detto dal profeta: Cantate al Signore con sapienza (Salmo 47, 8) e ancora: al cospetto degli angeli canterò a te (Salmo 138, 1). Questa regola, tuttavia, deve sempre dipendere dal volere del maestro.

XIX

Si osservi la comunanza del vitto tra i fratelli

Si legge nelle Sacre Scritture: I beni erano distribuiti tra i singoli, secondo ciò che era necessario a ciascuno (Atti 4, 35). Perciò esigiamo che non vi sia distinzione di persone, ma deve esserci considerazione delle infermità. Quindi colui che ha meno bisogno, ringrazi Dio e non si rattristi. Colui invece che ha più bisogno, sia umile a causa della debolezza, non si esalti della misericordia e così tutte i membri saranno in pace. Stabiliamo altresì che a nessuno sia lecito intraprendere una astinenza fuori luogo, ma ognuno mantenga sempre il tenore di vita comune.

XX

Qualità e stile del vestiario

Comandiamo che i vestiti siano sempre di un unico colore, cioè bianchi, o neri, o, per così dire, bigi. A tutti i cavalieri professi, in inverno e in estate, se è possibile, concediamo vesti bianche, cosicché dopo essersi lasciati alle spalle una vita tenebrosa, rendano noto di essersi riconciliati con il loro Creatore, mediante una veste luminosa e bianca. Ma a che serve il candore della veste, se non è integra la castità? La castità è forza della mente, e salute del corpo. Infatti ogni cavaliere, se non avrà perseverato nella castità, non potrà raggiungere la pace perpetua e vedere Dio; come testimonia l'apostolo Paolo: Seguiamo la pace con tutti e la castità, senza cui nessuno vedrà il Signore (Ebrei 12, 14). Ma poiché tale abbigliamento deve essere privo di ogni arroganza e vanità, comandiamo a tutti che abbiano vesti semplici, in modo che ciascuno sia capace da solo e con facilità di vestirsi e svestirsi, mettersi i calzari e levarseli. L’incaricato di tale ministero provveda con attenzione a evitare tutto questo, inoltre coloro che ricevono abiti nuovi, restituiscano subito i vecchi, da riporre nel magazzino o dove il fratello incaricato avesse deciso, perché possano servire agli scudieri o agli aggregati, oppure ai poveri.

XXI

I servi non portino vesti bianche

Siamo fortemente contrari a quest’abitudine, diffusasi nella casa di Dio e nel tempio dei suoi cavalieri, senza la decisione o l’approvazione del capitolo generale, e comandiamo pertanto che venga radicalmente eliminato quasi fosse un vizio vero e proprio: dal fatto che i servi e gli scudieri portassero una volta vestiti bianchi derivavano danni insopportabili. Infatti si diffusero nelle regioni al di là delle montagne alcuni falsi fratelli, alcuni sposati, ed altri, che dicevano di appartenere al Tempio mentre erano in realtà del mondo. Costoro procurarono tante ingiurie e tanti danni all'ordine militare, e pur restando dei servitori, diventavano così superbi da generare parecchi scandali. Pertanto i servitori vestano sempre abiti neri e nel caso in cui questi non possano essere trovati, abbiano quelli che si possano trovare nella provincia in cui abitano, oppure quelli del colore più umile che si possa trovare, cioè bigi.

XXII

Solo i cavalieri professi portino vestiti bianchi

A nessuno è concesso portare tuniche candide, o mantelli bianchi, se non ai suddetti cavalieri di Cristo.

XXIII

I vecchi vestiti siano dati agli scudieri

Il fratello incaricato dei vestiti si occupi con attenzione di distribuire i vecchi abiti agli scudieri e agli aggregati, e anche ai poveri, agendo in modo equo ed imparziale.

 

XXIV

Si usino solo pelli di agnello

Abbiamo stabilito di comune accordo, che nessun fratello stabile abbia in inverno pelli, pellicce o qualcosa di simile, per coprire il corpo, se non di agnello o ariete.

XXV

Chi brama le cose migliori abbia le peggiori

Se un fratello professo volesse avere le cose migliori e più belle, sia che gli sia dovuto o che si tratti di un moto di superbia, così facendo ha meritato senza dubbio per la sua presunzione le cose peggiori e più umili.

XXVI

Si faccia attenzione alla qualità e alla misura dei vestiti

È necessario considerare le dimensioni del corpo per la larghezza e l’ampiezza degli abiti. Colui che consegna gli abiti sia attento in questo.

XXVII

Colui che consegna i vestiti osservi innanzitutto l'uguaglianza

Nello stesso modo in cui si è detto sopra, l’incaricato valuti la lunghezza delle vesti con la stessa attenzione, perché l'occhio delle malelingue o dei calunniatori non abbia nulla da notare alcunché. In tutte queste cose, umilmente mediti la ricompensa di Dio.

XXVIII

L'inutilità dei capelli

Tutti i fratelli, soprattutto i professi, è bene che portino i capelli in modo che possano essere considerati regolari e ordinati davanti e dietro; e per quanto riguarda la barba e i baffi si osservi senza discussione la stessa regola, perché non si mostri o superficialità o il vizio della frivolezza. Infatti è necessario che i servitori del sommo creatore siano puri internamente ed esteriormente, poiché è il Signore stesso a dire: Siate mondi (Isaia 1, 16) poiché io sono mondo (Giobbe 33, 9)

XXIX

Circa gli sproni e i lacci

É noto che l’uso di sproni e lacci ha origini pagane e, poiché tutti sono d’accordo nel condannare tale uso, proibiamo e rifiutiamo l'autorizzazione a possederli, anzi vogliamo che ognuno ne sia privo. A coloro che prestano servizio a tempo non permettiamo di avere né speroni, né collane, né capigliatura vanitosa, né vesti troppo lunghe, anzi lo proibiamo del tutto.

XXX

Numero dei cavalli e degli scudieri

A ciascuno di voi cavalieri è lecito possedere tre cavalli, poiché l'insigne povertà della casa di Dio e del Tempio di Salomone non permette di averne di più, se non per licenza del maestro. Per la stessa ragione concediamo ai singoli cavalieri un solo scudiero.

XXXI

Nessuno ferisca uno scudiero che serve gratuitamente

Se lo scudiero serve scrupolosamente il suo cavaliere senza chiedere nulla in cambio, a costui non è permesso frustarlo o percuoterlo per una qualche mancanza.

XXXII

In che modo siano accolti coloro che restano a tempo

A tutti i soldati che desiderano servire a tempo Gesù Cristo con purezza d'animo nella stessa casa comandiamo di comprare onestamente i cavalli idonei, le armi e quanto sia loro necessario per svolgere il servizio quotidiano. Abbiamo anche giudicato che sia cosa buona e utile che i cavalli siano stimati da entrambe le parti per averne un’equa valutazione. Si conservi perciò il prezzo per iscritto perché non venga dimenticato, e quanto sarà necessario al soldato, ai suoi cavalli, o al suo scudiero, e persino i ferri dei cavalli sia fornito dalla stessa casa con fraterna carità e secondo le possibilità. Se nel frattempo il soldato per qualche motivo perdesse i suoi cavalli durante il suo servizio; il maestro, secondo la ricchezza della casa, gliene fornirò altri. Al giungere del momento di rimpatriare, il soldato stesso conceda la metà del prezzo per amore di Dio, e se a lui piace, riceva l'altra dalla comunità dei fratelli.

XXXIII

Nessuno agisca secondo la propria volontà

É conveniente a questi soldati, che non considerano nulla più caro di Cristo, a causa del santo servizio del quale sono professi, e per la gloria della somma beatitudine, o il timore della Gehenna, che obbediscano senza sosta al maestro. Pertanto è necessario rispettare la regola per cui, non appena sia ordinato loro qualcosa dal maestro o da chi ne abbia l’incarico, non ritardino nell’obbedire senza indugio come se fosse ordinato da Dio stesso. Di tali uomini la verità stessa dice: All’udirmi subito mi ha ubbidito (Salmo 18, 45).

Inoltre a questi generosi soldati che hanno rinunciato alla propria volontà, e a quanti sono loro aggregati, chiediamo insistentemente e ordiniamo assolutamente che non ardiscano a recarsi in città senza la licenza del maestro, o di colui che agisce in sua vece, eccetto che per recarsi di notte al Sepolcro e alle orazioni che si svolgono all’interno delle mura della Città Santa.

Coloro che hanno la possibilità di muoversi, non ardiscano iniziare un viaggio né di giorno né di notte, senza un custode, cioè un cavaliere o un fratello professo. Inoltre, una volta accolti nella milizia, nessun soldato, o scudiero o altro, osi di andare nelle stanze degli altri soldati, per vedere o per parlare con qualcuno senza permesso, come fu detto sopra. Perciò affermiamo saggiamente, che in tale casa, ordinata da Dio, nessuno combatta o riposi secondo la sua volontà, ma agisca secondo il comando del maestro così che imiti la parola di Cristo, che disse: Non sono venuto a fare la mia volontà, ma di Colui che mi ha mandato (Giovanni 6, 38).

XXXIV

Nessuno chieda espressamente ciò che è a lui necessario

Comandiamo, che sia scritta tra le altre questa consuetudine e confermiamo di guardarsi con attenzione dal vizio del chiedere. Nessun fratello professo deve perciò chiedere espressamente che gli sia assegnato un cavallo, una cavalcatura o delle armi. In che modo, dunque, si comporterà se si rende conto che la sua malattia, o la debolezza dei suoi cavalli, o la cattiva qualità delle sue armi, fossero tali da provocare un danno alla comunità? Si rechi dal maestro, o da colui che gli è secondo in grado, e gli esponga la causa con sincerità e purezza. Infatti la cosa va risolta secondo la decisione del maestro, o del suo procuratore.

XXXV

I morsi e gli speroni

Non vogliamo assolutamente che oro o argento, che sono ricchezze terrene, appaiano nei morsi o nei pettorali, né negli speroni, o nei finimenti, né sia lecito ad alcun fratello professo acquistarli. Se per caso tali oggetti fossero stati dati vecchi in dono, l'oro o l'argento siano colorati in modo che la decorazione non appaia superba in mezzo agli altri. Se fossero stati dati nuovi, il maestro decida cosa farne.

XXXVI

Sulle aste e sugli scudi non venga posta una copertura

Non si abbia una copertura sopra gli scudi e le aste, perché secondo noi questo non è proficuo, anzi dannoso.

XXXVII

I sacchi per il cibo dei cavalli

Nessun fratello osi confezionare sacchi per il cibo dei cavalli di lino o di lana preparati con troppa cura e non ne abbia se non di panno grezzo.

XXXVIII

L'autorità del maestro

Al maestro è lecito dare a qualsiasi fratello cavalli o armi o qualunque altra cosa, di chiunque sia. Colui che possedeva il bene concesso ad altri non si dispiaccia, poiché è certo che se si offendesse per questo, agirebbe contro Dio. É fondamentale che questa regola da noi stabilita, sia d’ora in avanti osservata da tutti in modo inflessibile.

 

XXXIX

Nessuno osi cambiare o domandare qualcosa

Nessun fratello osi di cambiare le sue cose con un altro fratello senza l'autorizzazione del maestro, né di chiedere qualcosa se non tra confratelli, e solo che siano oggetti piccoli e di poco valore.

XL

Richiesta e accettazione di beni

Se a un fratello fosse stata data qualcosa senza che lo richiedesse, la consegni al maestro o al dispensiere. Se invece un amico o un parente non volesse che fosse usata se non da lui, questi non l’accetti fino a quando abbia il permesso del maestro. Nella presente regola non sono compresi gli amministratori ai quali è affidato e concesso in modo speciale questo servizio.

XLI

Sacco e baule

Non sono permessi come beni personali sacche e bauli con il lucchetto: così siano tenuti in comune, perché non si posseggano senza il permesso del maestro, o di colui a cui furono affidati i compiti della casa e i compiti in sua vece. Da questa norma sono esclusi i procuratori e coloro che si trovano in province diverse, e neppure è inteso lo stesso maestro.

XLII

La consegna delle lettere

In nessun modo a un fratello sia lecito ricevere o inviare lettere ai propri parenti, né a qualsiasi persona, senza il permesso del maestro o del procuratore. Dopo che un fratello avrà avuto il permesso, le lettere vengano lette alla presenza del maestro, se questi lo desidera. Nel caso che dai parenti gli sia stato inviato qualcosa, non si permetta di riceverla, se prima non è stato segnalato al maestro. In questa norma non sono inclusi il maestro e i procuratori della casa.

 

XLIII

La confessione delle proprie colpe

Poiché si sa che ogni parola vana (Matteo 12, 36) genera il peccato, coloro che si vantano delle proprie colpe che cosa diranno dinnanzi ad un giudice incapace? Lo rivela il profeta, che dice: Sono rimasto in silenzio e non ho parlato delle cose giuste (Salmo39, 3). Se per discrezione si deve talvolta tacere anche delle cose buone, a maggior ragione si deve astenersi da parole malvagie, causa del peccato. Vietiamo quindi che un fratello professo osi ricordare con un suo fratello, o con chiunque altro, le azioni vergognose, ovvero le stoltezze, che compì in modo sregolato quando era un cavaliere del secolo, né rammenti i piaceri carnali avuti con sciaguratissime donne. E se qualcuno si trovi ad ascoltare uno che gli racconti tali fatti, lo zittisca, oppure appena sia possibile si allontani da lui con piede svelto e non prestando ascolto all’ozioso.

XLIV

Nessuno catturi un uccello con un altro uccello

Noi giudichiamo con sentenza comune che nessuno osi catturare un uccello con un altro uccello. Infatti non si confà ad un religioso ricercare i piaceri mondani, bensì deve ascoltare volentieri i comandamenti del Signore, inginocchiarsi spesso in preghiera, e pregando confessare ogni giorno i propri peccati a Dio con lacrime e gemiti. Pertanto nessun fratello professo presuma di accompagnare un uomo che caccia con il falco o con qualche altro uccello.

XLV

Evitino sempre la caccia

É conveniente camminare in atteggiamento pio, con semplicità, senza ridere, parlando poco e umilmente e saggiamente, e non con voce troppo elevata. In particolar modo raccomandiamo e comandiamo ad ogni fratello professo di non osare entrare in un bosco per cacciare con arco o balestra: e neppure accompagni colui che faccia tali cose se non per proteggerlo da uno sciagurato pagano, poiché è certo che a voi in particolare è stato affidato il compito di offrire le vostre anime a vantaggio dei fratelli (1 Giovanni 3, 16) e pure di cancellare dalla terra gli infedeli, che sempre sono ostili al figlio della Vergine. Infine non osi neppure gridare né rumoreggiare con i cani; né sproni il suo cavallo per la bramosia di catturare un animale.

XLVI

Nessun divieto riguardo il leone

Riguardo al leone non diamo nessun divieto, poiché esso va in giro cercando chi divorare (1 Pietro 5, 8) e la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui (Genesi 16, 12)

XLVII

Ascoltare il giudizio in ogni processo contro di voi

Sappiamo che i persecutori della Santa Chiesa sono innumerevoli e continuano senza sosta e sempre più crudelmente a tormentare quanti non amano la contesa. In questa disposizione del concilio, dunque, si valuti serenamente che, se qualcuno dalle parti della regione orientale, o in qualunque altro luogo venisse ad indagare qualcosa su di voi, vi comandiamo di ascoltare il giudizio emesso da giudici degni di fiducia e amanti del vero, e pertanto vi comandiamo di fare ciò che sarà giusto senza esitare.

XLVIII

Comportatevi allo stesso modo per i beni sottratti

Comandiamo che la stessa regola che sia sempre osservata riguardo tutte le cose che vi sono state ingiustamente tolte.

IL

Sia loro lecito possedere terreni

Crediamo che, per divina provvidenza, nei luoghi santi prese inizio da voi questo nuovo genere di ordine religioso cioè che alla religiosità sia unita la vita militare e così la religione proceda armata mediante l’abilità militare e senza colpa abbatta il nemico. Giustamente quindi valutiamo, poiché siete chiamati cavalieri del Tempio, che possiate ricevere terre e uomini come donazioni per la vostra rettitudine e per i vostri illustri meriti; che possediate terreni coltivabili e che li amministriate saggiamente ed è necessario che tali beni siano usati per compiti istituzionali

 

L

I fratelli infermi

Ai fratelli che stanno male occorre prestare una cura particolare, come si attraverso loro si servisse Cristo in modo che si rammenti il vangelo: sono stato infermo e mi avete visitato (Matteo 25, 39). Infatti gli infermi vanno sopportati con cura e pazienza, perché mediante tali comportamenti si acquisisce la ricompensa dei Cieli.

LI

Agli infermi sia sempre dato ciò che è necessario

Agli assistenti degli infermi comandiamo che, oltre al rispetto e alla cura coscienziosa, forniscano ai malati qualsiasi cosa sia necessaria per sostentarli come carne, cacciagione e altro, agendo con giustizia e diligenza badando alle possibilità della casa. Facciano questo fino alla guarigione degli infermi.

LII

Nessuno provochi l'altro all'ira

Massima attenzione va posta perché nessuno osi indurre un altro all'ira: infatti la somma clemenza li unì con la vicinanza e con il vincolo della fraternità in Dio rendendoli uguali, siano essi poveri o potenti..

LIII

In che modo siano accolti i fratelli sposati

Vi permettiamo di accogliere i fratelli sposati in questo modo, se essi chiedono il beneficio e la partecipazione della vostra fraternità con il consenso della moglie, entrambi i coniugi concedano dopo la morte una parte della loro ricchezza e qualsiasi cosa avessero acquistato dopo lo diano all'insieme del comune capitolo, e intanto conducano una vita onesta e si impegnino a far del bene ai fratelli; ma non portino la veste candida e il mantello bianco. Se il marito morisse per primo lasci la sua parte ai fratelli e la moglie ricavi il sostegno per la vita da un’altra parte. Consideriamo infatti ingiusto che fratelli di questo tipo risiedano nella stessa casa dei fratelli che hanno promesso la castità a Dio.

 

LIV

Non si abbiano sorelle

Inoltre è pericoloso radunare sorelle poiché l'antico Nemico cacciò molti uomini dalla retta via del paradiso per mezzo della compagnia femminile. Perciò, fratelli carissimi, affinché tra voi risplenda sempre il fiore dell’integrità, d’ora in avanti non è lecito valersi di questa familiarità

LV

Non si abbia a che fare con gli scomunicati

I fratelli devono evitare e temere che qualcuno dei soldati di Cristo si accompagni in qualche modo, privatamente o pubblicamente, ad una persona scomunicata, e neppure osi ricevere le sue cose, in modo che non ricada ugualmente su di lui l’anatema Maranatha. Se invece fosse soltanto un interdetto, non sarà fuori luogo avere a che fare con lui né ricevere i suoi beni in carità.

LVI

In che modo vanno ricevuti i cavalieri del secolo

Se qualche cavaliere dalla massa della perdizione, o una persona secolare, volendo rinunziare al secolo, scegliesse la vostra vita comunitaria, non gli si dia subito l'assenso, ma gli sia concesso di entrare nell’ordine secondo la parola dell’apostolo: Mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono da Dio (1 Giovanni 4, 1).

Si legga dunque la Regola in sua presenza e se costui si sottometterà diligentemente ai comandi di questa esimia Regola, allora, se al maestro e ai fratelli sarà piaciuto riceverlo, davanti a tutti i fratelli convocati manifesti con purezza d'animo il suo desiderio e la sua richiesta. In seguito sia fissato il termine della prova con la discrezione e la prudenza del maestro secondo l’onestà in vita del postulante.

LVII

Non siano chiamati tutti i fratelli in capitolo

Comandiamo che non siano sempre convocati in capitolo tutti i fratelli, ma solo quelli che il maestro avrà ritenuto idonei e provvidenziali nei consigli. Invece quando volesse trattare le questioni maggiori, come affidare la terra comune, o discutere dell'Ordine stesso, o ricevere un nuovo fratello, allora è opportuno convocare tutta la congregazione, se così ritiene il maestro; e udito il parere di tutto il capitolo, si faccia ciò che il maestro abbia giudicato più utile

LVIII

Come debbono pregare i fratelli

Comandiamo con parere concorde che i fratelli preghino in piedi o seduti, secondo ciò che lo stato d’animo e del corpo richiedono, tuttavia usino massimo rispetto, semplicità, e senza chiasso, perché uno non disturbi l'altro.

LIX

La fede dei servitori

Abbiamo saputo che molti uomini provenienti da diverse province, sia servitori che scudieri desiderano con animo fervoroso vincolarsi alla vostra casa per un certo tempo per la salvezza delle loro anime. E' senz’altro bene che riceviate la loro fede, affinché l'antico Nemico non ispiri loro qualcosa di occulto e indecoroso per i servitori di Dio, o li distolga improvvisamente da questo buon proposito.

LX

In che modo siano accolti i fanciulli

Sebbene la Regola dei Santi Padri permetta di accettare dei fanciulli in una congregazione, noi non approviamo affatto di dovervi caricare di tale fardello. Pertanto colui che volesse dare per sempre un suo figlio o un suo congiunto all’ordine militare lo cresca fino all’età in cui possa reggere virilmente l’arma con cui eliminare i nemici di Cristo in Terra Santa.

In seguito, secondo la Regola, il padre o i parenti lo pongano in mezzo ai fratelli e rendano nota la sua richiesta. É meglio non pronunciare voti nella fanciullezza piuttosto che, diventato uomo, ritirarsi in modo clamoroso.

LXI

Come si onorino gli anziani

É bene che gli anziani siano sostenuti con pia considerazione secondo la debolezza delle loro forze e che siano rispettosamente onorati; inoltre non ci si attenga assolutamente in modo restrittivo riguardo a ciò che è loro necessario, salvo mantenere l’autorità della regola.

LXII

Il vitto dei fratelli

Riteniamo che sia necessario rispettare questa norma per convenienza e ragione: che a tutti i fratelli stabili sia concesso il vitto in maniera imparziale secondo le disponibilità del luogo. Infatti non serve l’approvazione delle persone bensì è importante prendere in considerazione le infermità.

LXIII

I fratelli che viaggiano in altre regioni

I fratelli che viaggiano attraverso altre regioni si impegnino, per quanto lo permettano le forze, a osservare la Regola riguardo al cibo, alle bevande e alle altre cose, e vivano in modo irreprensibile, in modo che anche presso quelli di fuori godano di buona reputazione (1 Timoteo 3, 7), non macchino il proposito di fede né con parole né con azioni, ma soprattutto a coloro con i quali si sono incontrati offrano esempi di buone opere e di sapienza. Colui presso il quale avranno deciso di alloggiare, abbia buona fama: e, se è possibile, la sua casa in quella notte non manchi di luce affinché il Nemico tenebroso, Dio non voglia, non colga l’occasione propizia. Consigliamo inoltre di recarsi laddove abbiano saputo si riuniscono cavalieri non scomunicati, non preoccupandosi tanto di un’utilità terrena, quanto piuttosto della salvezza eterna delle loro anime. Ai fratelli che sperano di recarsi nelle zone d’oltremare, raccomandiamo di ricevere coloro che vogliano unirsi in perpetuo all'Ordine militare, in modo che entrambi si presentino al vescovo di quella provincia e il presule ascolti la volontà del postulante. Ascoltata la richiesta, il fratello lo mandi dal maestro e dai fratelli che si trovano nel Tempio di Gerusalemme e, se la sua vita è onesta e degna di tale comunità, sia accolto misericordiosamente, se ciò pare giusto al maestro e ai fratelli. Se nel frattempo costui morisse, a causa degli sforzi e della fatica, gli sia riconosciuto, come fosse un fratello, tutto il beneficio di esser parte della fraternità dei poveri commilitoni di Cristo.

LXIV

La raccolta delle decime

Sappiamo che, avendo abbandonato le vostre ricchezze personali, vi siete spontaneamente resi soggetti alla povertà, per cui a voi che vivete in comunione in questo modo abbiamo dimostrato in quale modo ricevere le decime. Se il vescovo della chiesa al quale è dovuta di diritto la decima avrà voluto darla a voi caritatevolmente deve consegnarvela tra quelle decime che allora quella chiesa sembra possedere con il consenso del capitolo comune. Se invece un laico dovesse impossessarsi di essa aggiungendola al suo patrimonio in modo condannabile ma, pentendosi della propria colpa avrà voluto lasciare a voi la decima può farlo secondo la discrezione di colui che presiede l’ordine senza il consenso del capitolo.

LXV

Le colpe leggere e le colpe gravi

Se un fratello avrà sbagliato in modo lieve nel parlare, nell'agire o in altro modo, egli stesso confessi spontaneamente al maestro il suo peccato e se la sua colpa lieve, se non esiste già una consuetudine, ci sia una penitenza leggera. Nel caso in cui tacesse e la colpa fosse conosciuta attraverso un altro, sia sottoposto ad una pena e ad una riparazione maggiore e più evidente. Se invece la colpa sarà grave, sia allontanato dalla compagnia dei fratelli, non mangi con loro alla stessa mensa, ma assuma il pasto in solitudine e perseveri con tutte le sue forze nel percorso di redenzione e nel giudizio del maestro in modo di ottenere la salvezza nel giorno del giudizio.

LXVI

Per quale colpa un fratello non sia più accolto

Prima di tutto occorre provvedere in modo che nessun fratello, capace o incapace, forte o debole, volendo esaltarsi e insuperbirsi a poco a poco e giustificare la propria colpa, possa rimanere indisciplinato, ma se non avrà voluto correggersi, gli venga data una punizione più severa. E se nonostante le pie ammonizioni e le preghiere rivoltegli non avrà voluto correggersi, ma si sarà innalzato sempre più nella superbia, allora secondo l'apostolo sia sradicato dal pio gregge: Togliete il male di mezzo a voi (1 Corinzi 5, 13). È necessario che la pecora malata sia allontanata dall’insieme dei fratelli fedeli. Inoltre il maestro che deve tenere in mano il bastone, con cui sorregge le debolezze degli altri, e la verga, con cui percuote con lo zelo dell’onestà i vizi di coloro che deviano, si adoperi a farlo con saggezza da patriarca e con equilibrio spirituale affinché, come dice il beato Massimo, una clemenza troppo indulgente non freni l'arroganza del peccatore, né l'esagerata severità non richiami dall'errore chi sbaglia.

LXVII

Quando i fratelli devono indossare camicie di lino

Dato il grande caldo della regione orientale, consideriamo compassionevolmente che dalla festa di Pasqua fino alla solennità di Ognissanti si dia a tutti un’unica camicia di lino, non perché dovuto, ma per sola grazia. Negli altri periodi invece tutti portino camicie di lana.

LXVIII

Quali panni indossino a letto

Per decisione unanime decretiamo che ciascuno dorma in un letto singolo e non facciano altrimenti, se non a causa di qualche grave motivo o necessità. Tutti ricevano il corredo da notte secondo la giusta distribuzione del maestro: crediamo infatti che a ciascuno sia sufficiente un pagliericcio, un cuscino e una coperta. Colui che sarà privo di uno di questi, abbia una carpita [sorta di trapuntone di panno grossolano e villoso], e in ogni tempo sarà lecito usufruire di una coperta di lino, di lana o di seta. Dormano sempre vestiti con la camicia e le brache. Mentre i fratelli dormono, fino al mattino non manchi la luce.

LXIX

La necessità di evitare il pettegolezzo

Per divino ammonimento vi comandiamo di evitare, come fosse la peste, l’invidia, il rancore, la mormorazione, il pettegolezzo, la maldicenza. Ciascuno si impegni con animo vigile a non incolpare o rimproverare un fratello alle sue spalle ma si rammenti la parola dell'apostolo: Non spargerai calunnie e maldicenze tra il tuo popolo (Levitico 19, 16). Pertanto quando qualcuno avrà saputo che un fratello ha peccato in qualcosa, in pace e fraterna pietà, secondo il precetto del Signore, lo riprenda in privato e solo se non lo avrà ascoltato ricorra ad un altro fratello. Ma se costui avrà disprezzato entrambi, sia rimproverato in pubblico davanti a tutto il capitolo. Infatti soffrono di grave cecità coloro che calunniano gli altri, e sono di grande infelicità coloro che non si guardano dal rancore, in questo modo sono sommersi dall'antica perfidia dell'astuto Nemico.

LXX

Non guardino nessun volto di donna

Riteniamo pericoloso per ogni religioso fissare troppo a lungo il volto delle donne, perciò nessun fratello osi baciare né una vedova, né una nubile, né la madre, né la sorella, né un'amica, né nessuna altra donna. Fugga dunque la milizia di Cristo dai baci femminili, attraverso i quali gli uomini spesso sono messi in pericolo, in modo che sia in grado di vivere per sempre dinnanzi al Signore con la coscienza pulita e una pia condotta.

LXXI

Nessuno diventi mai padrino

A tutti, dal cavaliere sino al servitore, stabiliamo in via generale che nessuno d’ora in avanti pensi di sollevare bambini dalla fonte battesimale, e non si vergogni di tenere lontani padrini e madrine di questo sacramento, poiché tale disprezzo procura più onore che colpa e senza dubbio non favorisce il bacio delle donne, anzi ne allontana il disonore.

LXXII

Delle regole elencate

Tutte i dettami di cui sopra e ogni norma scritti in questa Regola saranno nella volontà e nel proposito.

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.