Arriva il controllo globale - Dicembre 2020

«Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei». Questo versetto tratto da Apocalisse è famoso perché in esso viene citato il famoso numero della bestia ma secondo alcuni potrebbe rivelare scenari futuri ma imminenti rispetto a come potrebbe diventare la nostra società.

Improvvisamente, ma poi neanche troppo, lo sviluppo tecnologico pervasivo e imperante potrebbe fornire gli strumenti idonei per plasmare e per certi versi imporre una società iper-controllata e distopica.

Dal riconoscimento facciale al monitoraggio dei social media fino al tracciamento delle attività digitali sono solo alcuni strumenti spesso sottovalutati ma potentissimi per instaurare forme di controllo e sorveglianza sociale.

Il 2020 sarà ricordato come un anno particolare ma forse non solo per l’avvento e lo sviluppo della pandemia. 2020 è anche la sigla di un progetto del quale si parla poco ma che forse potrà incidere profondamente nella costituzione del prossimo assetto sociale addirittura a livello mondiale.

Si tratta solo di fantasie complottistiche o c’è qualcosa di reale?

 Che cos’è ID2020

ID2020 è un progetto nato nel 2015 quando alcune organizzazioni private e pubbliche si sono riunite formando la cosiddetta “Alleanza per l’identità digitale” con l’obiettivo altisonante di migliorare la qualità della vita di ogni essere umano. Il progetto è sostenuto addirittura anche dalle Nazioni Unite ed è stato incorporato negli obiettivi di sviluppo sostenibile proprio della stessa organizzazione mondiale nel 2016.

Nel sito ufficiale del progetto si legge che ID2020 è una sorta di partnership pubblica-privata che vede il coinvolgimento, come detto, oltre dell’ONU anche dei governi nazionali e dei soci fondatori delle maggiori multinazionali mondial che sono anche i più attivi finanziatori.

ID2020 potrebbe portare praticamente all’identificazione digitale di ogni persona del pianeta: un sogno accarezzato da sempre dalle élite mondiali per assicurarsi il controllo globale a livello politico ma soprattutto economico. Per fare questo la strada che si potrebbe intraprendere è quella dell’inserimento di un microchip nel corpo umano che potrebbe contenere tutte le informazioni personali di ogni singolo a livello mondiale.

L’identità digitale non solo prevedrebbe la possibilità di racchiudere tutte le informazioni personali dei cittadini in un microchip sottocutaneo, ma allo stesso tempo consentirebbe anche di somministrare i vaccini sotto forma digitale. Ecco, quindi, che l’emergenza sanitaria si sposerebbe perfettamente con le azioni dell’agenda programmatica del progetto, anzi potrebbe essere la spinta che renderebbe concrete le applicazioni delle misure in esso presenti.

Nello Stato del Texas, negli Stati Uniti, i poveri senzatetto vengono già utilizzati come cavie per la sperimentazione di un microchip proprio nell’ambito del programma operativo ID2020; anche il governo del Bangladesh ha aderito ufficialmente a questa iniziativa in via sperimentale.

L’identità digitale implicherebbe poi la costituzione una sorta di archivio basato su un cloud di documenti medici e di altre informazioni personali accessibili solo con il consenso del proprietario ma disponibili a livello planetario. Il sistema cloud (in italiano “nuvola informatica”) è in sostanza un sistema di erogazione di servizi offerti su richiesta da un fornitore a un cliente finale attraverso la rete internet che permette l'archiviazione, l'elaborazione o la trasmissione di dati a partire da un insieme di risorse preesistenti, configurabili e disponibili in remoto. In altre parole si tratterebbe di digitalizzare le nostre esistenze spostando di fatto online le attività che si svolgono quotidianamente.

Le implicazioni per la privacy sarebbero devastanti e inimmaginabili e comunque preoccupanti dal momento che tutti virtualmente potrebbero essere sottoposti a una vera e propria sorveglianza digitale di massa.

Il microchip consentirebbe, infatti, a chi gestisce l’archivio digitale di tracciare per esempio anche i movimenti. Il grande fratello digitale, sotto la scusa della tutela della salute personale e pubblica, potrebbe sapere in tempo reale dove si trova una persona e cosa sta facendo incrociando i dati della connessione a internet, l’accesso sui social, l’utilizzo dello smartphone e la geolocalizzazione.

I microchip sono delle dimensioni di un chicco di riso e possono essere impiantati nella mano sotto la pelle, tra l'indice e il pollice.

L'impianto dei microchip negli esseri umani è un metodo ormai non più recentissimo e utilizzato per inserire nel corpo umano un dispositivo di identificazione a radiofrequenza a circuiti integrati o un transponder RFID incapsulati in un involucro di vetro. L'impianto sottocutaneo contiene, di solito, un numero identificativo unico che può essere collegato a informazioni contenute su un database esterno, contenente i dati identificativi personali univoci. In futuro potrebbe diventare fattibile il collegamento di tali chip a un sistema di posizionamento satellitare che potrebbe permettere di individuare latitudine, longitudine, velocità, direzione del movimento di persone in ogni posto del mondo.

In Svezia, per esempio, si è già in una fase avanzata nella sperimentazione dell’utilizzo del microchip sottocutaneo: le persone che hanno già provveduto all’innesto sono in grado di passare la propria mano sotto gli scanner per l’accesso ad ambienti di lavoro o per l’utilizzo agevolato e veloce degli elettrodomestici o ancora come mezzo di pagamento per comprare beni e servizi.

La crisi sanitaria e la permanenza del coronavirus potrebbero essere quindi il pretesto perfetto per mettere al bando il contante e spingere verso altre forme di pagamento virtuali come, per esempio, proprio il microchip sottocutaneo.

Un progetto, dunque, che richiama, neanche troppo vagamente, la trama del grande fratello orwelliano e che potrebbe essere virtualmente utilizzato per tracciare qualsiasi cosa: dal conto in banca agli spostamenti, dalla situazione penale fino ad arrivare alla cartella clinica.

Il tracciamento della popolazione

Si legge nel manifesto illustrativo del progetto ID2020: «Oltre un miliardo di persone in tutto il mondo non è in grado di dimostrare la propria identità con alcun mezzo riconosciuto. In quanto tali, sono privi della protezione della legge e non sono in grado di accedere ai servizi di base, partecipare come cittadini o elettori o effettuare transazioni nell’economia moderna. […] Riteniamo che le persone debbano avere il controllo sulle proprie identità digitali, incluso il modo in cui i dati personali vengono raccolti, utilizzati e condivisi. Tutti dovrebbero poter affermare la propria identità oltre i confini istituzionali e nazionali e nel tempo. La privacy, la portabilità e la persistenza sono necessarie affinché l’identità digitale possa potenziare e proteggere significativamente le persone».

Attualmente il modo più fattibile per implementare l’identità digitale è tramite l’utilizzo dello smartphone o, come abbiamo visto, l’impianto di microchip RFID. Il programma andrebbe a sfruttare le operazioni di registrazione delle nascite, nonché delle vaccinazioni già esistenti, per fornire a ogni neonato un’identità digitale portatile collegata biometricamente.

Di grande attualità risulterebbe la funzione vaccinale che sarebbe possibile implementare tramite i cosiddetti “Quantum Dot Tattoos”, ovvero tatuaggi a punti quantici che implicano l’applicazione di microneedle a base di zucchero dissolvibili. Questi sono composti da due parti: il vaccino contro la malattia e dei punti quantici a base di rame fluorescente incorporati all’interno di capsule biocompatibili su scala micron. Quest’ultimi dissolvendosi sotto la pelle rilasciano dei punti quantici i cui schemi possono essere letti in futuro per identificare qual vaccino sia stato somministrato. Secondo una ricerca del team del Mit prodotta dal professor Robert Langer: «il “tatuaggio” invisibile che accompagna il vaccino è un modello costituito da minuscoli punti quantici ossia minuscoli cristalli semiconduttori che riflettono la luce che brillano sotto la luce infrarossa. Un giorno è possibile che questo approccio invisibile possa creare nuove possibilità per l’archiviazione dei dati e le applicazioni vaccinali che potrebbero migliorare il modo in cui viene fornita l’assistenza medica in particolare nei paesi in via di sviluppo».

Sembra che il progetto potrebbe comprendere anche il trattamento di altri dati e l’immagazzinamento digitali di alcune specifiche informazioni tipo la sostituzione dei documenti d’identità o le informazioni bancarie e commerciali.

Al momento anche l’UNICEF è una delle organizzazioni interessate all’identità digitale poiché vorrebbe registrare i bambini alla nascita per un miglior sviluppo sostenibile delle attività operative per l’implementazione dei programmi umanitari.

L’ID (Identità Digitale) potrebbe fornire un documento di identità digitale a oltre un miliardo di persone in tutto il mondo che non hanno modo di avere nemmeno un certificato di nascita o semplicemente dimostrare la propria identità. Senza ID queste persone, prevalentemente donne e bambini in Asia e in Africa, non potrebbero ottenere posizioni sanitari, assistenziali o bancari. Tale porzione della popolazione comprende anche i 60 milioni di rifugiati in tutto il mondo e molte donne vittime della prostituzione coatta la cui mancanza di identità impedirebbe loro di ottenere un aiuto concreto.

L’ID2020, dunque, può essere considerato un programma di aiuto a beneficio di quella parte della popolazione mondiale più debole o potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova epoca caratterizzata da una riorganizzazione sociale molto simile a quella descritta nel lungimirante romanzo futuristico 1984 di George Orwell?

Fa riflettere una dichiarazione di David Rockefeller: «Alcuni credono che siamo parte di una congrega segreta che lavora contro gli interessi degli Stati Uniti, caratterizzando me e la mia famiglia come internazionalisti e cospirando con altri nel mondo per costruire una struttura economica e politica più integrata. Se quella è l’accusa, mi dichiaro colpevole e ne sono fiero».